"Se
c'è una persona che può sconfiggere l'ISIS, quella è Vincenzo De
Luca".
Questa
battuta, trovata sui social nei giorni immediatamente successivi al
dramma di Parigi, nella sua assurdità coglie in pieno l'improbabile
quanto tragica staffetta occorsa recentemente sulle prime pagine dei
quotidiani.
Il
governatore campano ha prontamente smentito ogni coinvolgimento -
peraltro la nomina in questione non è mai stata concessa. Ma in
attesa che la giustizia accerti eventuali reati, abbiamo registrato
l'ennesima irruzione della politica campana sulla scena nazionale.
Al
centro di questa trama, Vincenzo De Luca, cui da mesi i media
dedicano una copertura incessante e tendenzialmente negativa.
Ma
chi è davvero Vincenzo De Luca? La macchietta egocentrica proposta
dalle imitazioni di Crozza (mai divertenti quanto l'originale), lo
sceriffo con metodi e compagnie discutibili o il Sindaco di successo
amato dai salernitani?
Lo abbiamo chiesto a Giovanni Diamanti, classe 1989, consulente politico e managing partner di Quorum, la giovane società torinese che ha curato gli ultimi mesi di campagna elettorale di De Luca. Molto più di un osservatore privilegiato, dunque, bensì uno degli artefici dell'elezione dell'attuale governatore.
I
media hanno dipinto De Luca in decine di modi diversi, per quello che
riguarda noi posso solo dire che è stato un candidato con cui
abbiamo avuto un ottimo rapporto professionale. Ma il punto
fondamentale è: chi è per i campani Vincenzo De Luca? De Luca è
anzitutto un Sindaco, un amministratore locale: un uomo del
territorio, che conosce il territorio, che l'ha cambiato. Un Sindaco
apprezzatissimo, quasi adorato dai salernitani. Una persona
competente, riconosciuta come vicina ai cittadini, ai problemi della
gente comune. È un uomo duro, deciso, che non usa mezzi termini e
non ama i compromessi. Al contempo è anche ironico e risulta molto
efficace sia nel contatto diretto, che nelle interviste televisive.
Indubbiamente la narrazione mediatica e alcune inchieste hanno
rischiato di intaccare la sua credibilità sui temi della trasparenza
e dell'onestà, tuttavia come spesso ripete anche il Governatore, lui
è uno che nella sua vita, la camorra l'ha combattuta".
Suona
il telefono di casa Quorum: c'è da occuparsi della campagna
elettorale di Vincenzo De Luca. Da dove si comincia?
Nonostante
la nostra giovane età, qui a Quorum siamo consulenti "vecchia
scuola": si parte anzitutto dall'analisi del contesto, dai dati.
Abbiamo iniziato a lavorare con Vincenzo De Luca a due mesi dal voto,
molto tempo dopo l'inizio della campagna elettorale, fino ad allora
seguita da uno staff prevalentemente locale. Abbiamo cominciato così,
nel più classico dei modi: con una serie di ricerche per capire
quale fosse il punto di partenza, quali fossero i punti di forza e
debolezza dei vari attori in campo, le potenzialità, e più in
generale il clima d'opinione in Campania. Sono i numeri e i dati
oggettivi che devono guidare le campagne elettorali, non è più il
tempo dei guru. I numeri sono serviti a concentrare gli sforzi dove
era più utile, senza disperdere inutilmente energie. Ad esempio, le
proiezioni dei sondaggi in voti assoluti ci hanno mostrato che la via
da seguire non era il recupero elettorale nelle zone in cui eravamo
più deboli, come la Provincia di Caserta, ma che dovevamo invece
concentrarci nel rafforzare il vantaggio a Salerno. Era la via più
semplice, e soprattutto era la via più remunerativa in termini di
consenso.
Entriamo
nella war room del Sindaco: come si vincono le elezioni "A testa
alta"?
Quando
siamo entrati noi nella war room di De Luca, i muri erano rivestiti
da una campagna di affissioni iniziata mesi prima, con un claim molto
duro: 'Mai più ultimi'. Un riferimento chiaro ai pessimi risultati
dell'amministrazione Caldoro, che cercava di innescare una voglia di
rivincita nei campani. Dopo i primi sondaggi effettuati, che
evidenziavano un apprezzamento del Governatore uscente di
centrodestra piuttosto modesto, abbiamo fatto un lavoro di analisi e
approfondimento della percezione dei campani nei confronti di alcuni
possibili messaggi attraverso una serie di focus group. Da queste
ricerche emergeva la necessità di un messaggio positivo, di
orgoglio: era arrivato il momento di una fase due, e 'A testa alta'
ha rappresentato la prosecuzione in positivo del lavoro fatto
precedentemente con 'Mai più ultimi'.
Sulle
elezioni dello scorso giugno sembra aver pesato molto la polemica sui
cosiddetti "impresentabili", e la conseguente polemica con
la Presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, che ha
strascichi tuttora. Come avete vissuto quella vicenda dall'interno?
In che direzione ha influenzato il risultato?
Personalmente
penso abbia influenzato più la campagna nazionale che la campagna
elettorale in Campania. Era sicuramente una situazione complessa e
difficile: il rischio vero, oltre a un danno d'immagine, era quello
di inseguire l'agenda imposta dai media, che metteva il tema
"impresentabili" al primo posto. Parlare solo di questo
tema, alla lunga, ci avrebbe danneggiato. Anche in questo caso, i
sondaggi ci hanno dato una mano ad affrontare la situazione in modo
ordinato e limitando gli errori, che in questi casi sono facili da
commettere. Gran parte dei campani non conosceva la vicenda
giudiziaria di De Luca né la Legge Severino, e tra chi la conosceva
prevaleva la considerazione che De Luca, se eletto, avrebbe comunque
avuto il diritto e dovere di governare. La strada era quindi
tracciata: bisognava uscire mediaticamente dall'angolo, e bisognava
farlo con un messaggio composto. Inoltre, per evitare di subire il
frame degli 'impresentabili', abbiamo pensato ad una campagna per i
social che ribaltasse il messaggio e preparasse il contrattacco: il
vero impresentabile è il politico che governa male la Campania, che
non è in grado di garantire il trasporto pubblico, che non contrasta
la disoccupazione giovanile....
Per
concludere, proponiamo a Giovanni Diamanti, che nonostante la giovane
età ha all'attivo numerose collaborazioni con politici di primo
piano, una suggestione più generale.
Nel
paese dei mille commissari, dei Prefetti alla guida della Capitale,
dell'esaltazione della società civile e degli appelli bipartisan
alla gente comune, Vincenzo De Luca è il professionista della
politica per antonomasia, l'amministratore ventennale, per altro di
successo, stando ai plebisciti puntualmente riscossi a Salerno.
Servono ancora i professionisti della politica?
Mi
pare sia evidente che i professionisti della politica, oggi, non
godano generalmente di un vasto consenso. Con De Luca,
effettivamente, non è stato così. Guardiamo un po' quelli che sono
stati i grandi vincitori dell'ultima tornata elettorale: Vincenzo De
Luca, Michele Emiliano, Luca Zaia. Apparentemente, tre personaggi
molto diversi tra loro. Ma i punti in comune non sono da poco: sono
tre amministratori locali, molto legati al territorio e alla propria
identità territoriale. Non sono soldati di partito, non hanno
problemi a esporsi contro i propri leader nazionali, e hanno
imbastito una serie di liste civiche al proprio sostegno per
raccogliere un consenso trasversale. Soprattutto, dal punto di vista
comunicativo, sono tre esponenti che fanno uso di toni forti, di un
tipo di comunicazione disintermediata, qualcuno la definirebbe
'populista'. La realtà è che, probabilmente, oggi in Italia i
cittadini vogliono politici empatici, indipendenti, vicini al
territorio e ai problemi di tutti i giorni dei cittadini. E che,
possibilmente, facciano pochi errori in campagna elettorale.
da destra Stefano Origlia, Giovanni Diamanti, Gabriele Dandolo, Lorenzo Ravazzini e Lorenzo Pregliasco di Quorum, insieme a Fabio Tamburro, dello staff di De Luca |
La
vicenda De Luca, da impresentabile "per gli italiani" a
vincente e pienamente legittimato per i campani, sembra rafforzare,
dunque, l'impressione di uno scollamento sempre più ampio tra la
politica nazionale e quella dei territori, per la quale spesso
valgono logiche e valutazioni autonome. Nulla
di particolarmente originale, verrebbe da dire, se non fosse che
ormai la funzione di collegamento ed intermediazione tra centro e
periferia è svolta dai partiti in modo sempre più debole e
occasionale. Con
le importanti amministrative 2016 alle porte, è facile pronosticare
che questa contraddizione possa continuare, offrendoci argomenti
ancora a lungo, tra un Bassolino che imbarazza, un Sala che si
espone, un Marchini che si pettina; tra investiture a cinque stelle
sempre meno partecipate, primarie sì primarie no, una destra senza
candidati e i dubbi di morettiana memoria della sinistra-sinistra.
Andrea Zoboli
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