Marco Rubio |
Se ne è già
accorto l'establishment del Grand Old Party. Inizialmente il
candidato forte del partito alle primarie doveva essere Jeb Bush,
figlio di George H. W. e fratello minore di George W., entrambi ex
presidenti. Ma Jeb non si è dimostrato finora all'altezza delle
aspettative, fiacco nei dibattiti televisivi contro i suoi rivali e
incapace di scrollarsi di dosso il pesantissimo fardello della guerra
in Iraq. Così ora si punta tutto sul giovane Rubio, figlio di un
barista e di un'addetta alle pulizie emigrati da Cuba nel 1956 (prima
dell'avvento di Fidel Castro), il quale peraltro è stato lanciato
nella sua carriera politica proprio da Jeb Bush, al tempo in cui
governava la Florida. A dimostrazione di questa fiducia si è sparsa la
voce che i ricchissimi Koch Brothers, magnati dell'industria
petrolifera e tradizionali finanziatori dei repubblicani, lo vedano di buon occhio per la loro maxi-donazione da quasi un miliardo di dollari.
Gli elettori invece
non sono ancora del tutto convinti. Nei sondaggi Rubio è piuttosto indietro rispetto all'istrionico businessman Donald Trump e all'ultra-conservatore neurochirurgo Ben Carson: due personaggi molto
diversi tra loro ma entrambi esterni ai giochi di potere di
Washington e quindi in grado di giocare la carta del populismo per
conquistare il consenso della base repubblicana. Quando Trump offende
la moderatrice del dibattito che lo mette in difficoltà dicendole
che era in pieno ciclo mestruale o confonde Hezbollah con Hamas è solo Trump-being-Trump, ovvero lui stesso, al
massimo della sua sfrontatezza. Quando Carson sostiene che se gli ebrei fossero stati armati contro Hitler l'olocausto sarebbe stato sventato oppure che le piramidi egiziane siano state costruite per conservare il grano lo si giustifica perché è un medico. Ma, at the
end of the day, come direbbero dall'altra parte dell'oceano, gli
elettori del partito dell'elefante davvero metterebbero il governo
del proprio paese, la più grande potenza militare del mondo, nelle
mani di uno di questi due individui?
Forse è decisamente
meglio puntare sull'ispanico che, piano piano, è emerso nella
contesa grazie ad un naturale talento oratorio e ad un innato
carisma. Nel primo dibattito tra repubblicani di giugno ha subito
dato sfoggio di personalità difendendosi dall'accusa di non aver
abbastanza esperienza per diventare presidente. “Se ne facciamo unfatto di curriculum, la Clinton ha già vinto” ha risposto
posatamente Rubio. Nel secondo confronto di fine ottobre Bush, che
già arrancava negli opinion polls, lo aveva criticato per esserepoco presente in senato in questo periodo di campagna elettorale. Rubio ha replicato con stile, ricordando al suo mentore Jeb che
quando John McCain si candidò per le primarie e poi le presidenziali
nel 2008 nessuno si scandalizzava per le sue assenze in aula come
senatore dell'Arizona. A novembre invece il marito
di Jeanette, ex cheerleader della squadra locale di football, i
Dolphins, e padre di quattro figli è stato preso di mira dal
libertario Rand Paul, il quale asseriva che aumentare il budget per
le spese militari non sia una mossa veramente conservatrice. Rubio si
è ancora difeso in maniera brillante, definendo Paul un “devoto isolazionista” e sottolineando di volere una politica estera “muscolare” - una posizione molto in linea con il partito
e con l'idem sentire dell'elettorato repubblicano.
Più in generale il
senatore della Florida presenta proposte molto vicine al mainstream
conservatore. In economia è fautore di una tipica ricetta liberista:
riduzione della pressione fiscale, inferiore regolamentazione sulle aziende e limitazioni alle spese del governo federale (tranne
evidentemente quando si tocca il capitolo difesa) costituiscono i
suoi mantra. Sui temi etici si oppone all'aborto e al matrimonio gay.
È inoltre fermamente scettico riguardo al fenomeno del cambiamento
climatico, fino a mettere in discussione l'autorità di Papa
Francesco, lui che è un fervente cattolico. Come gli altri candidati
repubblicani è irremovibile sul diritto di possedere e acquistare
liberamente armi da fuoco. Si mostra meno severo invece di alcuni suoi
rivali sul Medicare di Obama, che riformerebbe ma non abolirebbe in
toto. L'unico punto su cui Rubio si distingue nettamente da alcuni
suoi contenders è l'immigrazione. Infatti nel 2013 ha fatto parte di
una commissione bipartisan, la quale produsse un progetto di legge
che permetteva agli immigrati clandestini un percorso verso
l'ottenimento della cittadinanza. Durante questa campagna per le
primarie ha corretto leggermente il tiro per non alienarsi simpatie
tra gli elettori conservatori, chiarendo che il processo deve essere
graduale e progressivo. Ma comunque le sue idee sono distanti anni
luce da Donald Trump, il quale propone una irrealizzabile
deportazione di massa e la costruzione di un enorme muro al confine
con il Messico per impedire nuovi accessi irregolari.
Grazie a questo mix
di posizioni conservatrici sulle issues economiche e sociali e più aperte sull' immigrazione, Marco Rubio si presenta dunque come un
candidato in grado di soddisfare l'elettorato conservatore, e, allo
stesso tempo, fare breccia anche tra le minoranza etniche. Nel 2012
il repubblicano e mormone Mitt Romney pur ottenendo la sostanziale
maggioranza del voto bianco, aveva comunque perso le presidenziali
contro Barack Obama. Per vincere nel 2016, i repubblicani hanno
quindi assoluto bisogno di racimolare qualche consenso al di fuori
del proprio bacino di riferimento, per esempio tra gli ispanici e i millenials,
ovvero chi è cresciuto negli anni 2000. Rubio è ispanico e giovane:
un uomo ideale per portare a termine questa missione apparentemente
impossibile.
Inoltre Rubio sembra possedere le armi giuste per poter reggere un faccia a faccia contro la moglie
di Bill ed eventualmente metterla in difficoltà. È preparato
come un politico di professione (soprattutto in politica estera e
sull'immigrazione) ma al contempo è una faccia pulita, senza
scheletri nell'armadio. E la sua storia personale non è fatta di
privilegi e di frequentazioni come facoltose come quella della
Clinton. Ma bensì di duro lavoro e di ambizione, le chiavi del
successo secondo il sogno americano. Perché se c'è qualcosa di più suggestivo del primo presidente donna è un presidente figlio di
immigrati cubani con una sincera fede che tutto è ancora possibile negli
Stati Uniti d'America. Anche sedersi sulla poltrona dello studio
ovale se ti chiami Marco Rubio.
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