Dopo il Colectiv i giovani alzano la voce in Romania

Stranamente, ma in questo caso purtroppo, in questi giorni si sta parlando molto di Romania. Tutti ormai sappiamo cosa è successo la notte del 30 ottobre, quando il locale Colectiv ha preso fuoco a causa dell’esplosione di fuochi d’artificio durante un concerto. Per ora il bilancio delle vittime è di 51 morti, ma potrebbe aumentare viste le gravi condizioni delle molte persone ricoverate in ospedale. 
Alla tragedia è seguita l’indignazione della piazza. Il 3 novembre tra le 20 mila e le 30 mila persone hanno marciato per le strade di Bucarest verso la sede del Governo  chiedendo le dimissioni del Primo ministro Victor Ponta (Partito socialdemocratico, PSD), del Vicepremier Gabriel Oprea (PSD), e del Sindaco del quarto distretto (in cui si trova in Colectiv), Cristian Popescu Piedone (UNPR, alleato della coalizione al Governo). A tre giorni dal doloroso accaduto, nessuno ancora se n'era assunto la responsabilità, ciò è stato ritenuto inaccettabile dai cittadini di Bucarest che hanno immediatamente imputato l’incendio al mancato rispetto delle norme minime di sicurezza, dovuto a sua volta alla mancanza di controlli e a un sistema profondamente corrotto. Ponta – già sotto inchiesta per evasione fiscale, riciclaggio e per aver detto il falso quando lavorava come avvocato nel 2007 e nel 2008 – era già nel mirino dell’opposizione e del presidente Klaus Iohannis. Davanti a una così forte mobilitazione il premier non ha potuto far altro che dimettersi.  Insieme a lui si sono dimessi anche Oprea e Popescu. Ma i romeni non si sono accontentati delle dimissioni e le proteste sono continuate nei giorni successivi anche in altre città del Paese. Si chiede trasparenza e una classe politica più responsabile e rispettosa dei diritti dei cittadini. 

Manifestanti con un cartello che recita "I colpevoli? Sono tutta la classe politica attuale" || Fonte: stirileprotv.net

Insomma, in questi giorni abbiamo assistito ad un inaspettato subbuglio nella scena politica romena. Per chiarirmi le idee ho fatto quattro chiacchiere con alcuni studenti universitari di Bucarest. Vi confesso che le dimissioni di Ponta mi hanno parecchio sorpreso e ho iniziato a interrogarmi sul significato di questo evento. D’istinto, dopo una tragedia come quella del Colectiv, avrei pensato a cortei di solidarietà per le vittime e si rabbia nei confronti delle istituzioni, ma non a tal punto. Mi sarei aspettata proteste verso l’amministrazione della capitale, ma non contro il governo nazionale. I ragazzi con cui ho parlato mi hanno dato delle risposte fuori dal coro rispetto a ciò che, sui media, viene dipinto come il grande risveglio della società civile romena.  Ho chiesto loro se non gli sembrasse ipocrita scendere in piazza solo ora per chiedere le dimissioni di Ponta, se fossero necessari dei morti per risvegliare lo spirito civico dei romeni. In generale quasi tutti mi hanno detto che i fatti del Colectiv sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso, che lo scontento nella popolazione era già ampiamente diffuso ma la filosofia era un “va bene anche così”, “vediamo se cambia qualcosa”. Era come se la popolazione avesse bisogno di un forte scossone. C’è anche chi non la pensa così però, come Bianca, che ritiene che ci sia qualcosa di più sotto. Crede che una certa parte del Parlamento abbia approfittato della situazione per sbarazzarsi di Ponta.  Bianca mi racconta che già dall’anno scorso, dopo elezioni presidenziali vinte da Johannis sui social media era iniziata una campagna diffamatoria nei confronti di Ponta. Perché le persone non sono uscite in strada prima? Per esempio quando ha preso fuoco il reparto maternità dell’ospedale di Giulesti (quartiere di Bucarest) o quando sono stati abbassati pensioni e salari? Secondo lei, la società e soprattutto i giovani, che si informano principalmente via Facebook, sono facilmente manipolabili e questo “risveglio” è realmente sentito solo da una minoranza. 
Purtroppo la società civile in Romania è molto debole o, secondo i più pessimisti, addirittura inesistente. Secondo Catrinel, ciò che manca è proprio lo spirito civico e la voglia di partecipare attivamente alla vita politica. Si chiede il cambiamento, ma senza sapere cosa chiedere. Bisognerebbe prima partire dalle cose più piccole, come chiedere lo scontrino fiscale o non dare più la mancia al medico perché si prenda cura di noi. Non basta chiedere un cambiamento della classe politica, se questo non avviene nella società. Non dimentichiamoci che spesso i governanti sono lo specchio dei governati. 

Il corteo del 4 novembre || Fonte: realitatea.net

E i giovani universitari come vivono questa situazione? In generale nello sconforto più totale, ma è proprio questo sconforto a spingere i pochi che si interessano di politica a dare il massimo. Associazionismo e informazione corretta possono fare la differenza. Tutti concordano che dalle elezioni presidenziali dell’anno scorso sembra esserci un maggiore interesse per la politica, ma che spesso questo si ferma a condividere un articolo su Facebook. Coloro che sono attivi dovrebbero impegnarsi a far crescere l’interesse tra i loro coetanei e della popolazione in generale.

E ora cosa succederà? Il presidente Klaus Johannis, ha designato proprio ieri il nuovo primo ministro. La scelta, al termine delle consultazioni con le forze politiche che hanno concordato sulla necessità di affidarsi ad un governo tecnico, è ricaduta su Dacian Ciolos. Ciolos, ex responsabile per l’agricoltura della Commissione Barroso guiderà un governo tecnico. Salvo ulteriori crisi quindi si rispetterà il mandato e si giungerà con questo governo fino alle elezioni di dicembre 2016. Le elezioni anticipate sembrano essere una possibilità remota per molteplici motivi. Innanzitutto dal punto di vista giuridico, si tratta di un procedimento piuttosto complesso: la Costituzione prevede che possano essere organizzate solo nel caso in cui due proposte dell’Esecutivo siano respinte dal Parlamento entro 60 giorni di distanza l’una dall’altra. Solo in questo caso il Presidente scioglierà le camere, dopo aver consultato i presidenti delle stesse e i leader dei gruppi parlamentari. Dal punto di vista politico, in primis in questo periodo dell’anno deve essere redatto il budget per l’anno successivo quindi sarebbe rischioso lasciare il Paese senza un governo, in secondo luogo molti parlamentari potrebbero essere riluttanti a lasciare il loro mandato politico incompiuto. Dal punto di vista sociale, Bianca mi fa notare che se si andasse a elezioni  non ci sarebbe alcuna alternativa ai partiti attuali. Non ci sarebbe quindi alcun cambiamento della classe politica e si tornerebbe al punto di partenza. 

In conclusione, spero che questo pezzo riesca a far capire meglio cosa sta succedendo in Romania, perché di notizie ce ne sono tante ma spesso incomplete e superficiali. 



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