Buon appetito! #TBUtalksaboutFOOD
Nel febbraio
2015 l’Istat ha reso pubblico il nuovo paniere di
riferimento utilizzato per l’analisi dell’inflazione dei prezzi
al consumo. I prodotti che compongono tale paniere subiscono, nel
corso del tempo, aggiornamenti che tengono conto delle abitudini
delle famiglie italiane.
Quest’anno
è stato l’anno dei prodotti Gluten Free: biscotti e
pasta senza glutine sono entrati a far parte del paniere. Ma
cosa porta noi consumatori a preferire un prodotto gluten
free piuttosto che un prodotto tradizionale?
In un articolo comparso ad Ottobre 2014 sulla rivista The Economist si parlava già di un fenomeno rilevante da un punto di vista economico che aveva visto crescere, nei due anni precedenti il 2014, il volume delle vendite a tassi vertiginosi. Il mercato mondiale per alcuni analisti vale dai 6 agli 8 miliardi di dollari e si prevedono crescite a due cifre per i prossimi anni. Che il fenomeno sia in forte espansione è un dato di fatto, ma, ad oggi, non possiamo affermare se questa, come suggerito da più parti, sia l’ennesima “bolla” causata dall’effetto “gregge” che colpisce i consumatori o se, invece, rappresenta un cambiamento radicale nelle abitudini dei consumatori. Fatto sta che parliamo di un mercato che attualmente vale un pacco di soldi.
In un articolo comparso ad Ottobre 2014 sulla rivista The Economist si parlava già di un fenomeno rilevante da un punto di vista economico che aveva visto crescere, nei due anni precedenti il 2014, il volume delle vendite a tassi vertiginosi. Il mercato mondiale per alcuni analisti vale dai 6 agli 8 miliardi di dollari e si prevedono crescite a due cifre per i prossimi anni. Che il fenomeno sia in forte espansione è un dato di fatto, ma, ad oggi, non possiamo affermare se questa, come suggerito da più parti, sia l’ennesima “bolla” causata dall’effetto “gregge” che colpisce i consumatori o se, invece, rappresenta un cambiamento radicale nelle abitudini dei consumatori. Fatto sta che parliamo di un mercato che attualmente vale un pacco di soldi.
Sinceramente
parlando, penso che sia più un fenomeno contemporaneo che prelude un
mutamento radicale nello stile di vita dei soggetti. Infatti, come
ben evidenzia Fortune in un recente articolo (i dati sono riferiti al
mercato USA, ma ben si prestano a capire il fenomeno anche da noi),
solo l’1% della popolazione soffre di un forte disturbo legato al
glutine (celiachia), mentre circa il 6% ne soffre in modo lieve
perché affetto da una qualche forma di intolleranza che, giusto per
precisare, è definita gluten sensitivity.
Ma la
questione nodale all’interno del ragionamento considera chi non ha
problemi di salute. Difatti, la fetta di consumatori più
interessante che popolano la nazione dei “glutenfreeniani” sono
coloro che credono che i prodotti gluten free siano salutari e, per
questo motivo, decidono di acquistarli pensando di adottare uno stile
di vita migliore. Ma questo sarà vero? Al di là della componente
nutrizionale, sul quale non voglio entrare in merito, mi preme dire
che molto spesso ci sono due aspetti che buona parte dei
“glutenfreeniani” non indaga a sufficienza e, cioè, perché
pensiamo siano prodotti salutari e, soprattutto, quale prezzo siamo
disposti a pagare e per cosa.
La prima
riflessione la rivolgo al prezzo e ai prodotti:
la stragrande maggioranza di prodotti gluten free, come ad esempio la
pasta, sono ottenuti con farine di riso e mais, ma il loro prezzo è
sensibilmente superiore sia al prezzo della pasta tradizionale che al
prezzo delle materie prime citate in precedenza. E allora, perché
non mangiare direttamente il riso o il mais? Il solo fatto di essere
trasformati in spaghetti o pennette può giustificare un prezzo così
alto? Forse no.
Sul perché
siano salutari spesso si sente dire che presentino, rispetto ai
normali prodotti, una notevole facilità ad essere
digeriti. Per comprendere questo punto dobbiamo fare un po’
di chiarezza su alcune cose.
Innanzitutto,
la parola glutine deriva dal latino gluten,
che vuol dire colla. Nell’industria alimentare si è da
sempre preferito privilegiare l’uso di farine che avessero
caratteristiche specifiche e, cioè, conservazione e lavorabilità.
La conservazione è garantita da farine molto raffinate come quella
comunemente chiamata 00 (doppio zero) che, essendo priva di elementi
soggetti a facile deperimento, consente di avere una migliore
gestione del magazzino aziendale e, quindi, una riduzione nei costi
di produzione.
La lavorabilità, invece, è garantita proprio dal glutine. Tale proteina, infatti, consente alle farine di avere proprietà quali elasticità e morbidezza. Proprietà queste che ben si prestano ad essere sfruttate a livello industriale, ma che poco si prestano a garantire un corretto funzionamento del nostro organismo, soprattutto in fase di digestione. Le varietà di farina raffinate e ricche di glutine, per un processo di selezione industriale, sono entrate sulle nostre tavole andando a sostituire tutte quelle varietà autoctone eccezionali da un punto di vista nutrizionale e, naturalmente, povere di glutine.
La lavorabilità, invece, è garantita proprio dal glutine. Tale proteina, infatti, consente alle farine di avere proprietà quali elasticità e morbidezza. Proprietà queste che ben si prestano ad essere sfruttate a livello industriale, ma che poco si prestano a garantire un corretto funzionamento del nostro organismo, soprattutto in fase di digestione. Le varietà di farina raffinate e ricche di glutine, per un processo di selezione industriale, sono entrate sulle nostre tavole andando a sostituire tutte quelle varietà autoctone eccezionali da un punto di vista nutrizionale e, naturalmente, povere di glutine.
Di recente,
un vero e proprio movimento mondiale di riscoperta
delle antiche varietà sta montando da ogni dove nella speranza di
diffondere uno stile di vita salutare. Nella nostra penisola, ad
esempio, le farine della tradizione come la varietà
Senatore-Cappelli stanno tornando ad essere apprezzate e a popolare
le nostre tavole grazie anche allo straordinario lavoro di
coltivatori e mugnai appassionati che quotidianamente cercano di
proporre ai loro clienti pezzi della propria storia popolare e
culinaria.
Concludo
dicendo che, allo stato attuale, il mercato sembra essere
suddiviso in due grossi schieramenti. Da un lato c’è chi
dirotta parte dei propri investimenti sul settore gluten free
pensando che ci sia ancora tanto margine di profittabilità e tra
questi c’è anche la McDonald’s che, ormai da qualche anno, offre
ai suoi clienti anche la facoltà di scegliere un panino senza
glutine. Dall’altra c’è gente appassionata che sta portando
avanti, con tutte le difficoltà del caso, una battaglia non
solo commerciale, ma anche e soprattutto culturale nella speranza
di poter affermare uno stile di vita sano che passi innanzitutto per
le tavole. La battaglia sembra essere quella di tanti piccoli Davide
contro altrettanti grossi Golia, ma chi vincerà questa volta sarà
determinato da noi consumatori.
Nicky Venza
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