Quarantaquattro anni. Più di una generazione di Ungheresi non ha mai potuto tifare la sua squadra ad un Europeo. Al Mondiale va un po’ meglio, ma è dall’86 che la Nazionale non partecipa alla fase finale di alcuna competizione internazionale (con l’eccezione della formazione Olimpica ad Atlanta 1996, dove in tre partite rimediò zero punti e sette gol subiti). Ora, a vent’anni da quella sfortunata comparsata a cinque cerchi, a trenta dall’ultimo mondiale e a 44 dall’ultimo europeo, di nuovo la nazionale magiara giocherà nel calcio che conta. La vittoria dello scorso weekend nella doppia sfida contro la Norvegia ha infatti concesso al ct tedesco Storck (e al suo assistente Möller, assunto solamente per queste due partite) di accedere ai gironi dell’Europeo Francia 2016. Ma prima che sparisse dai radar del calcio importante, ormai più di mezzo secolo fa, l’Ungheria volava su tutti i fangosi campi della prima metà degli anni cinquanta. Era l’Aranycsapat, era la Squadra d’Oro, era la squadra dei grandi Kocsis, Hidegkuti e Grosics. Era la squadra del più grande di tutti: Ferenc Puskas.
Da sinistra, in piedi: Lòrànt, Buzànszky, Hidegkuti, Kocsis, Zakarias, Czibor, Bozsik, Budai; in ginocchio, Lantos, Puskàs, Grosics (Fonte: moly.hu) |
Siamo nel 1949. La guerra è ancora viva sulla pelle della gente, ma la voglia di ripartire è fortissima. Ma l’Ungheria è dalla parte “sbagliata” della cortina, e il 1949 è l’anno in cui nasce la Repubblica Popolare ungherese. Tra arresti ed omicidi politici, la Nazionale viene affidata al viceministro dello Sport, ex sindacalista, metalmeccanico ed ex centrocampista del Magyar Testgyakorlòk Köre (che per comodità chiameremo MTK d’ora in poi) Budapest, Gusztav Sebes. Sebes ha la fortuna di trovarsi tra le mani alcuni dei più forti giocatori della storia e la bravura di farli giocare tutti insieme nelle posizioni in campo in cui possano rendere al meglio.
Qui è necessaria una piccola divagazione tattica, senza cui questo articolo perde di significato. Dalla nascita agli anni ’20 del Novecento, l’unico modo di giocare a calcio è la Piramide di Cambridge, una piramide rovesciata con come base i cinque attaccanti e vertice il portiere (in numeri, 2-3-5). Tra gli anni ’20 e ’30, la Piramide crolla sotto i colpi delle due nuove tattiche, che permeano il foot-ball fino alla guerra. Da un lato il Sistema di Chapman (WM, o 3-2-2-3) spadroneggia in Inghilterra e dall’altro il Metodo (WW, o 2-3-2-3) di Vittorio Pozzo, con cui l’Italia vince i Mondiali del 1934 e del 1938. Dopo la guerra rimangono questi due moduli, ma cominciano le sperimentazioni volte ad arginare gli attaccanti e le ali o a scardinare le rigide marcature. Nel primo caso si ha il “catenaccio” di Nereo Rocco (di cui potete leggere qui).
Il secondo è invece il caso di Sebes. Nel 1949 Sebes si trova privo del suo riferimento centrale. Il suo numero 9 infatti era Deak, ma l’attaccante rinuncia alla Nazionale in opposizione al regime comunista. Il ct decide di convocare Nandor Hidegkuti, ala dell’MTK, e lo schiera in posizione di attaccante. Hidegkuti tende così ad arretrare la sua posizione, portando via dall’area un difensore e permettendo alle ali di giocare in uno contro uno al limite dell’area di rigore. E le ali in questione sono Sandor Kocsis, uno dei migliori colpitori di testa della storia nonostante i 177 centimetri di altezza, e Ferenc Puskas. Oltre 1000 gol in carriera, 357 gol in 354 partite con l’Honved Budapest, 156 gol in 180 presenze con il Real Madrid, 84 gol in 85 presenze in Nazionale. Quattro volte capocannoniere del campionato ungherese, quattro volte capocannoniere della Liga, tre volte capocannoniere della Coppa dei Campioni. Unico giocatore ungherese nel FIFA 100, il premio per il gol più bello della stagione nel mondo è intitolato a lui.
Sebes sfrutta il potere conferitogli dalla carica politica per convogliare tutti i giocatori della Nazionale nelle due squadre di Budapest, l’Honved e l’MTK, perché giochino spesso insieme e perché lui possa andarli a vedere. L’Aranycsapat nasce ufficialmente il 4 giugno del 1950, con una vittoria in amichevole contro la Polonia. Da lì, la nazionale ungherese non perderà per i quattro anni successivi. Nel 1952, l’Ungheria trionfa alle Olimpiadi. In realtà, non trova ostacoli davanti a sé. Alle Olimpiadi esistevano grandi restrizioni su chi convocare in nazionale, ma Sebes ha carta bianca grazie all’assenza del professionismo in patria. Romania, Italia, Turchia, Svezia e Jugoslavia cadono sotto i colpi di Puskas e Kocsis, che alla fine della competizione sarà capocannoniere. Ad Helsinki, gli Ungheresi vengono premiati da Armi Kuusela, prima Miss Universo della storia.
Armi Kuusela, miss Universo 1952 (Fonte: missosology.info) |
Proprio in virtù della vittoria all’Olimpiade e di altre amichevoli importanti, la squadra di Puskas, con la fascia al braccio di capitano ma con i gradi di colonnello dell’esercito sulle spalle, viene invitata in Inghilterra dal presidente della FA Rous per festeggiare i 90 anni della federazione inglese. La Nazionale dell’Inghilterra nel 1950 aveva disputato i primi Mondiali della sua storia, dato che prima della guerra aveva sempre rispedito al mittente gli inviti per “manifesta superiorità degli inventori del calcio sul resto del mondo.” Superiorità del tutto infondata, dato che ai Mondiali gli inglesi uscirono ai gironi, sconfitti dalla Spagna e dagli Stati Uniti. Vennero inventate numerose scuse per spiegare la debacle, ma si decise che nulla potesse cancellare l’onta meglio di una vittoria contro i migliori del momento sul campo amico di Wembley, dove nella storia gli Inglesi avevano perso una sola volta. I 105mila spettatori di quel giorno di fine novembre assistettero alla seconda sconfitta. La partita finì 6 a 3 per i magiari, con tripletta di Hidegkuti e doppietta di Puskas. Gli Ungheresi addirittura invitano in patria gli avversari, che sperando in un finale diverso affrontano la rivincita: 7-1, con doppietta di Puskas e di Kocsis.
Al Mondiale del 1954 l’Ungheria partecipa da favorita. Sono i cinquant’anni della FIFA, e si gioca in Svizzera. I gironi, regolati da uno dei meccanismi più complessi partoriti dalla madre del calcio (gironi da quattro, ma all’interno le due squadre considerate più forti non si affrontano. Passano le prime due, e se si finisce a pari punti c’è lo spareggio tra la seconda e la terza in classifica), vede l’Ungheria marciare su Corea del Sud (9-0) e Germania Ovest (8-3). In questo incontro però i tedeschi azzoppano Puskas, che sarà costretto a saltare quarti e semifinali. In ogni caso i magiari di Sebes sconfiggono prima il Brasile (con Puskas che negli spogliatoi spacca una bottiglia in testa al brasiliano Pinheiro) e poi i bicampioni dell’Uruguay e si trovano come da pronostico in finale. Di fronte a loro la Germania Ovest, uscita dal girone come seconda grazie allo spareggio contro la Turchia, ma capace di battere Jugoslavia ed Austria. All’ingresso sul terreno di gioco del Wankdorfstadion di Berna, il capitano è Puskas, che però zoppica vistosamente. E’ stato Kocsis a chiedere espressamente all’allenatore di mandarlo in campo, supportato da Hidegkuti. La scelta sembra pagare, perché dopo nemmeno dieci minuti gli ungheresi sono già avanti di due reti, e la prima l’ha segnata proprio Ferenc. Ma la Germania non si perde d’animo e segna, pareggia e si porta in vantaggio nel finale. Le sostituzioni non esistono, Puskas resta in campo fino all’ultimo, e all’ultimo secondo segnerebbe anche il gol del 3 a 3, che viene annullato per un fuorigioco che definire dubbio è riduttivo. La Germania Ovest vince il Mondiale, e l’Aranycsapat perde la sua prima partita in quattro anni. Negli anni successivi moltissimi giocatori tedeschi di quella nazionale si ammaleranno di epatite, facendo sorgere numerosi sospetti di doping, ma la FIFA non interverrà né indagherà.
Puskas stringe la mano a Fritz Walter (esiste un nome più tedesco?), capitano della Germania Ovest, che ha appena ricevuto la Coppa Rimet (Fonte: Fifa.com) |
E’ l’inizio della fine della Squadra d’Oro, ma l’agonia dura un biennio. In questi due anni Sebes mantiene la panchina della nazionale, ma i risultati sono altalenanti. All’alba del 1956, molti giocatori vengono incarcerati per tradimento e Sebes viene esonerato. La vera fine dell’Araycsapat viene sancita però dai carri armati sovietici, che sedano nel sangue la rivolta di ottobre. Si sparge la voce che Ferenc Puskas sia morto sulle barricate per difendere la rivolta anticomunista. In realtà, Puskas e il suo Honved si trovano in tournée per l’Europa, e allo scoppio delle ostilità lui, Kocsis ed altri giocatori decidono di non tornare in patria. Quando il governo comunista riprende il potere, bandisce i giocatori disertori, e convince la FIFA a squalificarli per due anni. Kocsis si accaserà a Barcellona, mentre Puskas giocherà fino alla fine a Madrid. La Nazionale del nuovo capitano Hidegkuti non riuscì più ad esprimersi ad alto livello, e piano piano venne risucchiata lontano dai riflettori del calcio che conta. L’anno prossimo, all’Europeo del 2016, la Nazionale ungherese tornerà tra le grandi, a sessant’anni dalla morte dell’Aranycsapat.
Marco Pasquariello
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