Isla
Floreana è quasi la più meridionale delle Isole Galápagos, e molto
probabilmente la meno interessante. Nemmeno Darwin ritenne di doversi
fermare a lungo qui, tanto più che nel 1819 un incendio aveva
devastato l’isola completamente, non lasciando più alcuna forma di
vita (per inciso, l’incendio fu appiccato per scherzo dal timoniere
della baleniera americana Essex, che fu il modello su cui
Melville costruì il Pequod di Moby Dick).
Eppure dal
1929 Floreana ha degli abitanti: il dottor Friederich Ritter,
dentista berlinese, e Dore Strauch, un’insegnante che crede in
qualcosa di più che in una vita da moglie di un preside con il
doppio dei suoi anni. Entrambi abbandonano la Germania e i rispettivi
coniugi per trasferirsi sull’isola, credendo profondamente in
un’ideale comunione con la natura. Nel 1932 arrivano altri
abitanti, sempre dalla Germania: sono i coniugi Heinz e Margaret
Wittmer, con Harry, quattordicenne figlio di Heinz, cui nascerà ben
presto un fratello, Rolf (il primo essere umano nato a Floreana).
Per un po’
i sei sono gli unici abitanti dell’isola, e vivono di agricoltura
strappando alla foresta i pochi metri di terra necessari a coltivare
qualche ortaggio, da difendere contro tori, asini e maiali selvatici.
Friederich e Dore hanno fondato la fattoria Frido, e vivono in
una baracca di lamiera vestendosi solo in occasione delle rare
visite, per lo più di giornalisti a caccia di scoop sugli “Adamo
ed Eva delle Galápagos”.
Sempre nel
1932 arriva sull’isola una strampalata compagnia: la sedicente
baronessa austriaca Eloise Wagner de Bousquet, accompagnata dai suoi
due amanti (eh già…) Alfred Lorenz e Robert Philippson. La
“baronessa” è intenzionata a costruire sull’isola un hotel di
lusso, l’Hacienda Paradiso, destinata ai miliardari in cerca
dell’autenticità perduta del paradiso terrestre. L’hotel rimarrà
un sogno, ma la “baronessa” (con tutta probabilità nient’altro
che una mitomane) non tarda a proclamarsi imperatrice di Floreana,
tiranneggiando i suoi pacifici vicini e tormentando Alfred, il più
giovane dei suoi amanti. Nel 1934 la “baronessa” scompare assieme
a Philippson senza lasciare alcuna traccia. Lo scheletro di Alfred
viene ritrovato sulla spiaggia di un’isola vicina, e il dottor
Ritter muore per un’intossicazione. Dore decide di tornare a
Berlino, mentre la famiglia Wittmer si fermerà sull’isola, dove i
suoi discendenti abitano tuttora.
La "baronessa" con i suoi due amanti a Floreana |
Tutto
questo è storia, misteriosa quanto si vuole, ma storia.
L’interessante, al di là dei misteri che non si riusciranno mai a
svelare, è la ricostruzione romanzesca dell’accaduto che
ritroviamo in Hôtel del Ritorno alla Natura di Georges
Simenon.
Il padre del commissario Maigret
ha prodotto anche un’amplissima mole di racconti e romanzi brevi
che non saprei bene come definire. Hanno i contorni del giallo, ma
non lo sono fino in fondo. Si limitano (sempre che sia lecito usare
il verbo “limitare”, a proposito di Simenon) a tracciare una
vicenda, a volte criminosa ma più spesso semplicemente normale,
una narrazione di un episodio che dimostri l’ineluttabile
irrazionalità dei comportamenti umani.
Il romanzo
viene scritto a Papeete (Tahiti) nel 1935: si tratta quindi di “quasi
cronaca”. Simenon si era occupato della vicenda qualche tempo
prima, durante un viaggio alle Galápagos, scrivendo alcuni articoli
per il quotidiano “Paris-Soir”. A leggere la vera storia di quei
giorni, pare che Simenon abbia inventato poco o nulla dei fatti
narrati, limitandosi a dotarli di una veste letterariamente
appetibile.
La vicenda
diventa uno spunto di riflessione sul rapporto tra uomo e natura, che
qui è ben lontano dall’idillio illuminista di Robinson Crusoe: la
natura a Floreana non è affatto favorevole alla presenza umana.
L’unico ruscello che fornisce acqua dolce ha il brutto vizio di
prosciugarsi a ogni stagione secca, e inoltre gli animali selvatici,
innervositi dalla siccità, tendono a devastare tutte le
coltivazioni. Naturalmente se non c’è siccità allora diluvia, con
tutti i problemi del caso. L’idillio in comunione con la natura
pare riguardare soltanto il dottor Müller (personaggio che ricalca
la figura del dottor Ritter), il solo che riesce a perdersi nella sua
volontaria solitudine a dispetto del sovraffollamento graduale
dell’isola, che sembra sopportare a malapena. Tutti gli altri
personaggi sono coinvolti loro malgrado nell’invasione della
baronessa, diventandone succubi in un vortice di morbosità che
conduce al misterioso finale con una naturalezza che lascia
sconcertati.
Un bel
romanzo breve per ricordare che possono nascondersi insidie
impreviste anche dietro il più promettente dei paradisi.
Alessio Venier
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