La Coalizione Sociale di Maurizio Landini: tanti dubbi, poche certezze


Di questi tempi, tentare, per l’ennesima volta, di federare quell’universo caotico chiamato sinistra radicale italiana, potrebbe comportare come premio per il nostro eroe come minimo un bel TSO. E forse non è quello che vuole ottenere Maurizio Landini con il lancio della sua “Coalizione Sociale”, a quanto pare l’ultimo baluardo contro il Renzismo e le sue proposte politiche e sociali, come ad esempio il Jobs Act.
Tanti interrogativi e dubbi stanno affiorando riguardo all’iniziativa del segretario dei metalmeccanici, che si pone come alternativa rispetto al governo di Matteo Renzi. E, soprattutto, dubbi sorgono a proposito della natura di questo nuovo soggetto politico che sta nascendo: è il preludio alla costituzione di un nuovo partito di sinistra? O dobbiamo credere allo stesso Landini, quando afferma che lui di creare nuovi partiti a sinistra non ne ha nessuna intenzione, ma pensa piuttosto ad una comunione di intenti tra mondo del’Associazionismo (da Libera ad Emergency) per contrastare le politiche dell’esecutivo attraverso una mobilitazione che raccoglierebbe le fasce sociali che si sentono escluse da ogni processo decisionale: dagli operai, agli studenti, ai lavoratori precari? Tali categorie, oltre ad un’avversione per il governo, provano un sentimento di sfiducia nei confronti dei sindacati, quali la CGIL, la quale nei giorni scorso ha avuto un acceso dibattito proprio con Landini, accusandolo di voler trasformare il sindacato in un partito e di non essere stata invitata, per bocca del segretario generale Camusso, alla discussione sul lancio della Coalizione.

Torniamo ai due quesiti.

Negli ultimi anni, i vari esperimenti di dare vita ad una formazione di sinistra radicale hanno sempre lasciato in eredità nient’altro che un mucchietto di genere. Il via al valzer dello sfascio lo aveva lanciato la Sinistra Arcobaleno nel 2008, coalizione tra Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti Italiani (i bolscevichi e menscevichi de noantri), non superando la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. Risultato bissato sempre alle elezioni politiche del 2013 da Rivoluzione Civile, soggetto politico creato dal magistrato Antonio Ingroia che è sparito nel giro di poco tempo. Qualche successo sembrava averlo ottenuto l’anno scorso alle elezioni europee L’Altra Europa con Tsipras, cartello elettorale nato per sostenere la candidatura dell’attuale premier greco alla presidenza della Commissione Europea, avendo eletto tre eurodeputati. Speranze flebili che sono andate dissolte tra liti, contrasti interni e scarsa programmazione politica. Nel mezzo stiamo assistendo al lento declino di SEL e del suo leader, Nichi Vendola, e alla fine del “laboratorio Puglia”, governata proprio da Vendola dal 2005. 
Per tutti questi motivi dovremmo credere a Landini quando afferma che non ha nessuna intenzione di mettere in piedi un nuovo (l’ennesimo) partito di sinistra. Federare una galassia composta da partitini perennemente in lotta tra di loro, con leader preistorici da tempo invisi alla piazza, ma sempre pronti a contribuire con la loro immagine a far si che un nuovo abbozzo di pianificazione unitaria della sinistra italiana precipiti verso l’oblio, sembra appunto un’impresa nella quale solo un pazzo vorrebbe avventurarsi. E Landini è una persona troppo intelligente per rischiare di minare immediatamente le fondamenta di questa sua nuova idea.


Di conseguenza l’Associazionismo dovrebbe essere la via maestra da seguire. Creare un Movimento, non un partito, e combattere il governo sul piano del lavoro. Non rinunciando al suo ruolo da sindacalista e, anzi, affermando che “il sindacato ha sempre fatto politica”. Le battaglie politiche e sociali hanno segnato la storia dei sindacati, e mai come ora dovrebbero essere riprese in mano in maniera concreta e seria, visto il sentimento di sfiducia nei confronti delle maggiori sigle sindacali. Eppure il progetto di Associazione sembra essere messo subito in discussione subito dopo aver mosso i primi passi: Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha immediatamente negato che l’Associazione nella lotta contro le Mafie aderirà alla Coalizione Sociale, probabilmente per il timore che Libera venga identificata come parte di un soggetto politico. Non un bel segnale, se si confrontano anche i precedenti: dal Social Forum di Firenze, ai movimenti No Global, fino ai più recenti movimenti contro la privatizzazione dell’acqua, hanno rappresentato nel corso del tempo battaglie importanti, ma non sono riusciti a dare seguito a queste lotte delineando un progetto a lungo raggio. Hanno intrapreso un lento declino man mano che l’interesse per le tematiche che rappresentavano ha cominciato a scemare.

Sia l’idea del partito che quella del movimento sembrano quindi incontrare enormi difficoltà in una loro eventuale realizzazione, probabilmente anche a causa di un blocco psicologico: le cocenti delusioni in termini di peso decisionale e risultati raggiunti, unito a leadership ormai diventate le ombre di se stesse, hanno minato profondamente la fiducia dell’elettorato verso qualsiasi tentativo di progettazione alla sinistra del Partito Democratico. Bisognerebbe quindi ricostruire dalle basi un terreno dove far crescere un soggetto e una base che lo sostiene, cercando una volta per tutte di sradicare divisioni ideologiche (se ha ormai un senso parlare ancora di queste) e rivalità personali da bambini delle elementari. Personalmente giudico giusta la scelta di Landini di rinunciare, al momento, all’immagine del padre unificatore della sinistra: troppo rischioso in base di idee e consenso, visto che al momento è l’unico leader sindacale a godere ancora di una solida fiducia. L’Associazionismo però comporta il rischio di non avere peso nel condizionare le scelte dell’esecutivo: influenzare le scelte politiche attraverso le sole manifestazioni di piazza potrebbe essere dimostrarsi completamente inefficiente, la solita protesta fine a se stessa. Non avrebbe quindi il peso necessario per ottenere risultati concreti. Inoltre, il peso carismatico dello stesso Landini potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, formando un entità plasmata intorno alla figura del suo capo, senza però pensare a plasmare militanti ed eventuali dirigenti capaci e preparati.
La nascita della Coalizione Sociale si colloca immediatamente in una zona grigia di insicurezza, incertezza e paure di nuove divisioni. Un pallone pronto a sgonfiarsi rapidamente, secondo molti. Se le critiche però arrivano anche dagli esponenti della minoranza dem, Landini però potrebbe raccogliere già un risultato importante: alzare il consenso intorno alla sua figura.

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