Dopo la morte di Boris Nemtsov, anima attiva dell'opposizione a Putin

L’uccisione di Boris Nemtsov di venerdì 27 febbraio è un evento che suscita diversi interrogativi riguardo alla situazione politica interna russa e sul destino della sua politica estera.
Che cosa sarebbe accaduto se Yeltsin avesse scelto Boris Nemtsov come suo successore per guidare la Russia post sovietica invece di Vladimir Putin? In che mondo vivremmo oggi se Yeltsin avesse prediletto il giovane democratico e già vicepremier invece dell’ex agente del KGB? La partita tra i due si giocò in pochi anni, dal 1997 al 1999, anno in cui Putin venne designato Capo di Stato. 
boris Nemstov Russia

Non possiamo sapere con certezza se Nemtsov non fosse ancora veramente pronto per diventare guidare il paese, come sosteva Yeltzin, o se fosse troppo legato agli interessi occidentali come Putin lo accusava ormai da molti anni. Quello che sappiamo, però, è che Boris Nemtsov rappresentava l’ala liberale e democratica di quella Russia che si era risvegliata con la Perestroika da più di mezzo secolo di dittatura. Se nel 1999 Putin non fosse stato nominato Primo Ministro della Federazione Russa forse la storia dell’Europa degli ultimi quindici anni sarebbe stata diversa, e con Boris Nemtsov certamente sarebbe stata meno isterica ed imperiale.
La Russia di Putin ha dato prova di prediligere una politica estera non democratica già dalla guerra del gas con l’Ucraina del 2006 che ha visto la sospensione dell’approvvigionamento dei rifornimenti e ha messo a dura prova la resistenza di diversi paesi europei, per arrivare, nel 2008, alla guerra in Georgia e all’annessione dell’Ossezia del Sud. Si trattava del primo vero segnale di quella politica totalmente estranea ai principi e ai valori del “nuovo ordine mondiale” che si lasciava alle spalle i conflitti interstatali per proseguire, invece, sulla strada dell’integrazione regionale.
La Russia di Nemtsov, forse, non avrebbe espulso l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (USAID) impegnata in alcune zone del paese nel 2012 per via del suo supporto esplicito alla società civile e allo Stato di Diritto e non avrebbe testato i nervi degli Stati Uniti violando l’accordo INF del 1987 con il lancio di alcuni missili per condurre dei test di sicurezza. 

La questione Ucraina, infine, come ultimo atto di una visione esasperata del mondo da parte dell’ultimo zar, Vladimir Putin, ci dimostra come in Russia esisteva ed esiste ancora, dopo lo scorso venerdì 27 febbraio, un’opposizione interna fortemente critica della piega autoritaria della russia putiniana.
Boris Nemtsov era l’anti Putin, era l’opposizione ostinata e spregiudicata di quella “macchina della corruzione”, come lui stesso definiva l’élite politica che si era stretta intorno al presidente russo durante tutti gli anni di potere. Nemtsov parlava apertamente di come, recentemente, la popolazione russa fosse stata ipnotizzata dalla televisione pubblica, dai messaggi che venivano trasmessi impregnati di nostalgia dell’Impero insieme ad una propaganda aggressiva nei confronti della questione ucraina e dell’annessione della Crimea.
Boris Nemtsov era l’anima attiva dell’opposizione russa, costretta a trovare canali alternativi per esprimere il proprio dissenso nei confronti delle politiche perseguite dal Cremlino nell’assenza di una vera alternanza di governo e di potere. Nemtsov era, anche per questo, molto apprezzato a Brussels ed aveva costruito rapporti personali con la Cancelliera Angela Merkel e con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. 
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Chissà se Yeltsin fosse consapevole, nel 1999, di quanto quella scelta di designare Vladimir Putin come suo successore invece di Nemtsov avrebbe condizionato gli eventi della Russia e dell’Europa negli anni a venire. Chissà in che mondo vivremmo oggi se un vero liberale avesse guidato quel paese negli ultimi quindici anni. L’ultimo interrogativo da porsi dopo l’omicidio di Nemtsov è quello che riguarda il futuro della Russia: questo evento tragico spronerà l’opposizione interna russa in funzione anti-imperialista? O Putin sfrutterà questa triste vicenda per radicalizzare ancora di più la sua politica estera minando così la fragile tregua che è stata trovata sulla questione Ucraina? 

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