8 marzo: la parità di genere non è una "cosa da donne"


“Equality for women is progress for all”
Il motto delle Nazioni Unite per la festa della donna


8 marzo, festa della donna. Si può pensare a questa festa come a un giorno in cui ci vengono regalate delle mimose (che, per la cronaca, ne sono diventate il simbolo a partire dall’8 marzo 1946, prima festa della donna in un’Italia libera dal fascismo) senza chiederci il perché o approfittarne per riflettere sulla condizione della donna oggi. Starete forse pensando: di nuovo? Ebbene si, perché repetita iuvant e la consapevolezza non è mai troppa. Ed è proprio per questo che il Consiglio d’Europa in questi giorni sta facendo una fitta campagna sui social network sulla parità di genere. Badate bene, non stiamo parlando di Africa o di paesi del Medio Oriente, bensì di Europa. A volte i problemi sono sotto i nostri occhi eppure invisibili. È evidente che negli ultimi decenni sono stati fatti enormi progressi, soprattutto in ambito legislativo, grazie a norme che proibiscono la discriminazione in base al sesso. Tuttavia, l’Europa del 2015 non può pensare di aver fatto tutto ciò che è in suo potere. Secondo Nils Muiznieks, Commissario per i diritti umani, la situazione è peggiorata anche a causa della crisi e delle politiche di austerity adottate in alcuni governi europei. Tali politiche avrebbero aumentato la disparità di genere e la discriminazione attraverso tagli ai salari, ai posti di lavoro, al sistema di welfare (su cui le donne fanno più affidamento rispetto agli uomini) e ai servizi di supporto a donne che hanno subito violenza. Muiznieks parla di “femminilizzazione della povertà” e di un conseguente rischio dell’aumento dello sfruttamento delle donne in determinati paesi. La Commissione Europea, nel suo ultimo report sull’uguaglianza tra uomini e donne, ha stimato che: sebbene le donne con una formazione superiore eccedano gli uomini, il gender gap rimane significativo anche ai livelli più alti di occupazione (sono occupate il 73,4% delle donne con un titolo di studio superiore vs il 77.7% degli uomini); le donne rimangono sovra rappresentate nel settore dell’educazione, sanitario e umanistico, mentre sono sotto-rappresentate nelle scienze e nell’ingegneria; solo il 30% delle nuove start-up è stato fondato da donne; in media, per ogni euro guadagnato da un uomo nell’UE, una donna guadagna 84 centesimi; è del 16,4% il divario medio delle retribuzioni tra uomini e donne, a parità di impiego (qui il report). 



Un video realizzato dalla Commissione Europea per aumentare la consapevolezza sul gender pay gap e aumentare la parità nell’ambiente di lavoro


Un altro problema è l’aumento dei cosiddetti discorsi d’odio, soprattutto su internet, nei confronti delle donne. Tali discorsi sono pericolosi perché incitano alla violenza e a comportamenti discriminatori. È importante combattere gli stereotipi e le pratiche discriminanti sia all’interno della società che della famiglia, smarcare definitivamente la donna da quell’immagine che la vede come madre, casalinga e sottomessa. Potrà sembrarvi strano ma coloro che la vedono così sono ancora in molti. Il Consiglio d’Europa fornisce delle linee guida nella Strategia sulla parità di genere 2014-2017 (qui il testo completo), in cui in particolare si sottolinea come si dovrebbe agire su due livelli: -creando politiche specifiche per l’empowerment delle donne e l’aumento della parità di genere e- la promozione, il monitoraggio e la valutazione dei processi di gender mainstreaming (si tratta di valutare le diverse implicazioni per uomini e donne di ogni azione politica prevista, compresa la legislazione, le politiche o i programmi, in tutti i settori e a tutti i livelli). I cinque obiettivi della strategia sono: combattere gli stereotipi di genere e il sessismo, prevenire e combattere la violenza sulle donne, garantire un equo accesso alla giustizia alle donne, raggiungere un’equilibrata partecipazione di uomini e donne in politica e nei processi decisionali della sfera pubblica, raggiungere il gender mainstreaming in tutte le politiche. 

Fortunatamente il 2014 è stato un anno di successi per il Consiglio d’Europa, grazie all’entrata in vigore della Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (conosciuta anche come Convenzione di Istanbul). Gli strumenti legali però non bastano per garantire i diritti delle donne e la parità di genere. Certamente si tratta di strumenti imprescindibili per garantire una protezione, ma ciò che sta alla base di ogni sopruso è la mentalità. Inutile negare come i paesi del sud e dell’est Europa ancora non abbiano raggiunto una certa sensibilità e maturità su questa questione. Quello che si può fare allora è continuare a parlarne, informare i cittadini, educare i bambini, fare in modo che per le future generazioni la parità di genere sia qualcosa da dare per scontato. Mi viene in mente il discorso di Patricia Arquette alla notte degli Oscar, da alcuni criticato. La Arquette ha fatto quello che molte altre persone che hanno visibilità dovrebbero fare. Dar voce a quelle che sono tematiche da tenere sempre sotto i riflettori. Ben vengano quelle come lei ed Emma Watson (diventata ambasciatrice di buona volontà per UN Women) che usano la propria popolarità per una buona causa. La parità di genere non può essere relegata a essere una “cosa da donne”, si tratta di una questione che riguarda tutta la società, di un diritto umano che tutti noi nel nostro piccolo possiamo rendere più concreto. E allora più che buona festa della donna, buona festa dell’uguaglianza a tutti! 

Sabrina Mansutti
@sabrinamansutti

Nessun commento:

Posta un commento