Federico Buffa ha annunciato che praticamente smetterà di fare telecronache per dedicarsi ad altro. Forse, dopotutto, è meglio così.
E, sia chiaro, lo dico da fan di Buffa. Fan con dei "però".
Federico Buffa è diventato noto al grande (quanto grande? domanda interessante) pubblico come commentatore spalla di basket NBA , al fianco di un altro mostro sacro, Flavio Tranquillo, prima su Telepiù, poi su Sky. Buffa ha dei meriti culturali enormi. E assegno a questa parola tutto il peso che ha. Insieme a - e un po' più di - Tranquillo, Buffa ha fatto conoscere alle masse (davvero possiamo parlare di masse?) non tanto il basket NBA in quanto tale, quanto piuttosto le culture che vi stanno dietro e dentro. Soprattutto, ha fatto tutto questo con cognizione di causa (vedi esperienze in prima persona), con uno stile estremamente caratterizzato e personale, di cui parleremo molto, e ha fatto tutto questo senza mai salire in cattedra, come magari tende più a fare Tranquillo, perché fondamentalmente Buffa è "uno di noi", cioè un fanatico, uno che si diverte a vedere quello che vede per lavoro.
Le telecronache di Buffa aggiungono una dimensione di "piacevolezza dell'apprendimento" che ogni insegnante di scuola media sogna, oltre che una capacità di storytelling che farebbe comodo a diversi cantautori di alta fascia. Non a caso sul Tubo si trovano video degli aneddoti di Federico Buffa e i video spesso non scollinano i 2-3 minuti. Lo stile, oltre che i contenuti difficilmente (specie prima di internet!) accessibili e selezionabili con la stessa perizia da parte degli altri giornalisti italiani, è l'innovazione principale di Buffa, che è pure, mi pare, il grimaldello per il successo su larga scala che ha determinato l'influenza culturale da lui esercitata.
Lo stile di buffa è una narrazione da insider, da uno che ha letto (o piuttosto toccato brevi manu) le fonti e le impacchetta sapientemente in un aneddoto insieme divertente ed informativo. Spesso però, e veniamo alla prima pecca che gli imputo, la sua ammirabile sintesi deriva da una (forse necessaria) forte ellissi. Per raccontarti qualcosa insomma, dà per scontati diversi antecedenti che non necessariamente tu sei tenuto a conoscere. Oppure, all'interno della stessa mini-unità di narrazione, i salti tra i vari passaggi sono troppo ampi, a scapito della coesione del discorso. Questo si collega a un'altra spiccata caratteristica stilistico-retorica del duo Tranquillo-Buffa, che è quella dell'ironia, o meglio, dell'ammicamento, del darsela a intendere, nel far sì che la parte implicitata del messaggio sia fondamentale per il corretto scioglimento del sarcasmo contenuto della parte esplicita del messaggio, al fine della comprensione finale dell'enunciato. Perdonate i tecnicismi, ma siamo qui per capire qualcosa di nuovo sul perché ci è piaciuto Buffa e del perché - secondo me - è forse un bene che abbia concluso il lungo e fondamentale capitolo delle telecronache di basket. Mi permetto un esempio, per dare corpo a questa mia incursione in quella disciplina accademica che si chiama analisi della conversazione. (Edit: la dott.ssa Vanessa Piccoli mi fa correttamente notare che in questo caso, in assenza di trascrizioni, che costituiscono il terreno della disciplina, sarebbe meglio parlare di "analisi del discorso". FB, 7/10/2014)
(due esempi a caso, avrei potuto metterne anche di più indicativi)
Ora, come vedete, questo sistema di conversazione duale con Tranquillo che, a differenza di quanto succede a un buon numero di commentatori sportivi tout court, unisce in maniera peculiare il fatto di essere sì una comunicazione a un soggetto terzo (il pubblico), ma anche un dialogo fra loro due. In particolare, la parte di dialogo a due di Tranbuffa è solo la punta di un iceberg di intercomprensione reciproca che li lega. Mi spiego: per altre coppie tv (tra cui inseriamo anche Tranquillo + Pessina o il raro Mamoli + Buffa) l'iceberg è più piccolo ma la parte visibile di esso è nondimeno più grande.
Dicevo, è un sistema piuttosto complesso, messo in atto da due persone che si conoscono e lavorano assieme da due decenni. Credo che a volte sia difficilmente accessibile per un pubblico ampio. Ora, questo forse è un infioccchettamento parascientifico che utilizzo per stigmatizzare una serie di epifenomeni di Tranbuffa che, idiosincraticamente, mi stanno sul cazzo.
Ad esempio, il commento sportivo, specie quello dei Nostri, un po' come tutta la comunicazione pubblica (ma vale anche per le serie Tv, in un certo senso), si fonda e fonda parte del suo successo sulla formularità. Lo sapeva Omero, lo sapeva Mike Bongiorno ("Allegria!"). Tranquillo specialmente ne fa uso forte (tanto da avere creato diversi "mostri" di cui è responsabile, tipo Paola Ellisse o Alessandro Mamoli, tanto per restare in casa Sky). Buffa però non si esime, in particolare ho in mente il suo stilema tipico "... X è fra i 6-7 migliori [tiratori] della Lega". La parte variabile della formula è prima di tutto il numero, che, prima di Buzzfeed, spesso ha in uggia i numeri "tondi", come 5-10-15, e invece usa numeri non-standard tipo 4, 7-8, 12, ecc.
L'altra variabile é il campo in cui X è fra i 6-7 migliori. Spesso infatti sono rifuggite macrocategorie come tiratori o difensori, ma si scende nell'iperspecifico come "difensori d'area su lunghi che bloccano e poppano" o "playmaker che sfruttano un quarto di campo dopo il primo passaggio per creare spazio e favorire la ricezione del tiratore designato". Insomma fa un po' ridere immaginarsi i quadernetti dove Buffa tiene classifiche dei "√7 migliori stoppatori usciti da North Virginia che abbiano giocato prima dell'introduzione dei 3 secondi in area".
Fin qui, comunque, poco di male, specialmente in confronto a quanto un grande numero di persone (la domanda di quante siano veramente continua a tornare e a tormentarmi) deve a Tranbuffa nell'aver dato strumenti per comprendere il gioco più bello del mondo, nella versione nordamericana (ci tengo molto a sottolinearlo, in quanto sono uno di quelli che gode a veder perdere gli Usa nelle competizioni internazionali e che, in contrasto con il proprio personale idolo, non pensa che "FIBA sucks"). Quello che mi irrita è che lo stile formulare di Buffa è diventato qualcosa che è imploso su se stesso. Questo si è visto bene in Storie mondiali, una serie di puntate premondiali di calcio che hanno rubato Buffa alla NBA per il 2014 e, a quanto pare, per sempre. Le storie di per sè ampie, per forza condensate, nonostante il format lungo, si rivelano spesso difficili da seguire, anche dato che molti dei personaggi sono sconosciuti ai più (e mi riferisco al pubblico dei calciofili, che in Italia sappiamo essere predominante). Buffa (e il suo autore, ricordiamolo. Non sto a cercare il nome, ma so che esiste) un po' cade vittima delle sue ellissi e delle sue impliciture, che in questa sede non hanno un altro dialogante a sostenerle e perciò a renderle complete.
Auguri a Buffa per i nuovi format, perché, al nocciolo, le storie che racconta sono sempre interessanti. E sono felice che non sia tornato all'ovile dell'NBA. Di contro, sconsiglierei a chiunque (commentatori, ma soprattutto gente comune) di abbracciare la formularità di Buffa, perché nasce inserita in un contesto collaudato da molto e dove l'interscambio occulto fra i due membri va oltre quello che ci possiamo immaginare, e perché, in ogni caso, si tratta di artifici retorici difficili da sostenere e portare avanti senza la bravura e l'intendimento peculiare di chi li ha usati e fatti propri nel contesto originario. Oh, intendiamoci, Davide Pessina è un bravo ragazzo, ma non ce la potrà mai fare, lui non è assolutamente il futuro del commento NBA. Ciononostante, trovare una nuova strada oltre il Grande Buffa era qualcosa di auspicabile e che è stato fatto accadere con un tempismo degno dell'intelligenza dell'Avvocato, che sa che i grandi giocatori si ritirano quando sentono il primo segno di scricchiolio, non quando sono ormai in stampelle.
Concludo spiegando meglio che il merito culturale che gli attribuisco risiede nell'aver creato un interesse extra-televisivo per vicende extra-sportive che riguardano uno sport che, nella versione nordamericana, è sostanzialmente basato su un vacuo spettacolarismo per 60/65 partite all'anno e su un'epica molto ben costruita sopra un salto di qualità della prestazione sportiva per altre 20-40 partite. Sono felice che siti come La giornata tipo e BuzzerBeaterBlog abbiano un folto successo scrivendo parole e raccontando storie anche lunghe. Questo è grazie al Buffa, ma la strada è abbandonare il buffismo, per trovare strade nuove e originali.
Filippo Batisti
@disorderlinesss
Nessun commento:
Posta un commento