PD: il valzer delle primarie in Emilia Romagna

Tra gli stand della prima Festa dell’Unità del PD targato Renzi va in scena il valzer delle candidature per le primarie del prossimo 28 settembre. Dopo i fasti del “patto del tortellino”, rigorosamente in camicia bianca, inizia a consumarsi uno psicodramma dai risvolti ancora incerti. Due sono i direttori d’orchestra: da un lato lo stesso Matteo Renzi, chiamato a mantenere unita la “ditta”; dall’altro la magistratura, che a suon di avvisi di garanzia scuote tutto il partito.

credits: ilfattoquotidiano.it
La prima vittima, si sa, ha il nome di Matteo Richetti, ritiratosi dalla corsa qualche ora prima dell’iscrizione nel registro degli indagati. Per lui, l’ipotesi è quella di peculato legato all’utilizzo di auto blu nel periodo in cui era Presidente del Consiglio dell’Emilia Romagna. Richetti, renziano “della prima ora” e front-runner di queste primarie insieme all’altro (renziano “acquisito”) Bonaccini, preferisce non sfidare la magistratura ed evitare la bufera mediatica. A Richetti il dente avvelenato resta e in un’intervista al Corriere della Sera lascia intendere di essere stato sollecitato da Roma, sebbene non dal Premier. Infine, ieri (12 settembre, ndr), in una nota ha fatto sapere di aver dato mandato al suo legale di chiedere di essere ascoltato il prima possibile dalla Procura di Bologna. Comunque, fuori uno.

L’avviso di garanzia, sempre per peculato (la cifra contestata si aggirerebbe attorno ai 4000€), arriva anche a Stefano Bonaccini, dal 2009 segretario del PD Emilia Romagna, legato al partito pre-Renzi, poi renziano per fare da trait d’union tra “vecchio e nuovo”. Bonaccini all’inizio attende, mentre tra i banchetti del Parco Nord, inizia a girare la voce di un candidato unitario imposto da Roma. Il profilo ideale, di cui si inizia a vociferare, è quello di Graziano Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia e attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Nelle ore concitate di mercoledì, si attende solo il ritiro di Bonaccini e il via libera all’uomo forte voluto dall’alto. Parebbe la mossa ovvia, sebbene non coerente con il recente passato, di un Matteo Renzi che, nelle vesti di segretario, serra i ranghi del suo partito.

Ma il valzer continua a suonare e con Bonaccini che non molla, l’ipotesi Delrio sembra al tramonto. E allora inizia il giro di dichiarazioni che smentiscono l’ipotesi del “briscolone”, il candidato unitario presentato senza primarie. Prima la Serracchiani al TG3 dichiara: “Non saranno imposti candidati da Roma, ne abbiamo già di forti sul territorio”; insiste poi Bersani: “Bisogna che da Roma si ascoltino le opinioni del partito in Emilia Romagna e si decida. Bisogna decidere insieme, Bologna e Roma”. Il tweet lapidario di ieri del Presidente del Consiglio toglie ogni dubbio: “I candidati del PD li scelgono i cittadini con le primarie, non soggetti esterni. In Emilia Romagna vinca il migliore”.

Roberto Balzani - credits: ilmattinodiparma.it 
Spettatore interessato di questo valzer è il candidato outsider, Roberto Balzani, docente di storia contemporanea ed ex sindaco di Forlì. Presentatosi anch’egli come renziano, sembra oggi essersi accaparrato le simpatie dell’ala civatiana del partito. Libero dalle beghe giudiziarie, Balzani ha vissuto la vicenda degli avvisi di garanzia molto da lontano: la priorità a Forlì era la battaglia per le firme, viatico dell’ufficializzazione della candidatura. A quanto pare, Balzani non ama molto gli intrighi e, dopo un momento di riflessione, ha rimodulato la sua campagna verso una corsa a due. Un atteggiamento chiaramente espresso nella sua dichiarazione, arrivata nella difficile giornata di mercoledì: “Ecco, - ha detto Balzani – io vorrei che il quadro per tutti fosse chiaro. O Stefano o Roberto. Con le loro idee e con gli emiliano romagnoli che vorranno dire la loro. In trasparenza. Tutto il resto, è liquame da depurare”. La tattica interessa poco al forlivese, ma trema quando si infittiscono le voci sul “briscolone” da Roma: Balzani tiene molto alle primarie e a proporre una visione civica, distaccata dalla gestione tradizionale della regione. Tutti propositi che si sarebbero infranti davanti all’imposizione di un candidato da Roma.

Dopo l’intervento di Renzi, i toni sembrano essersi pacati (almeno per ora) e i candidati rimasti in lizza sono due, Bonaccini e Balzani. Il primo è più o meno velatamente sostenuto dall’establishment, vecchio e nuovo, del partito; mentre il secondo presenta una candidatura di rottura. 15 giorni ci separano però dal 28 settembre e i giri di valzer nel PD emiliano-romagnolo potrebbero non essere finiti.

Roberto Tubaldi
@Roberto Tubaldi

Nessun commento:

Posta un commento