“Better
together” o “Utopia of the yes”? In
questi giorni di sfibrante ed elettrizzante attesa, gli scozzesi, i
cittadini della Gran Bretagna, ma anche molti osservatori europei ed
extra europei, attendono con il fiato sospeso l'esito del referendum
per l’indipendenza della Scozia di giovedì 18 settembre, per
quello che forse sarà un momento che entrerà in tutti i libri di
storia. In ballo non c'è solo il destino di un’unione che dura da
più di tre secoli e di quello che fu il glorioso impero britannico.
Infatti se le urne di Edimburgo e dintorni dovessero premiare gli
indipendentisti, guidati dall’energico premier scozzese AlexSalmond, si potrebbe persino innescare un effetto domino che
stravolgerebbe l’intero continente.
Nelle
ultime settimane si sta assistendo ad una incredibile (anche per gli
stessi promotori del fronte unionista) rimonta del fronte del “sì”
all’indipendenza. Mentre nello scorso mese di maggio la percentuale
di chi si dichiarava a favore della secessione si attestava al 31-33%
(blog.whatscotlandthinks.org), all’indomani della consultazione
popolare i sondaggi proiettano una situazione estremamente in bilico.
Il merito in gran parte va all’incessante azione “all’ultimo
volantino” compiuta dai motivatissimi attivisti di “Utopia of the
Yes”. Un bell’articolo di “The Economist”, pubblicato anche
dalla rivista italiana “Internazionale”, ritrae appunto alcuni
giovani militanti del partito nazionalista scozzese (SNP), mentre
fanno volantinaggio in un quartiere degradato di Glasgow. Si dicono
convinti che l’indipendenza porterebbe con sé più equità e
giustizia sociale.
Ed
è proprio questo il punto. Nelle menti degli scozzesi di oggi,
separarsi da Londra, non significa tanto sconfiggere i propri antichi
colonizzatori, quanto piuttosto affermare una propria e distinta
cultura politica. Detta in parole povere, la Scozia è più di
“sinistra”. Lo è in particolare da quando i governi conservatori
di Margaret Thatcher hanno portato avanti misure liberiste di
privatizzazione e smantellamento dello Welfare State oltre la manica.
Perciò uno dei punti chiave di Salmond per convincere gli elettori a
mettere una croce sul “sì” è la promessa di salvare il sistema
sanitario dai tagli imposti da Westminster. Insomma, la Scozia
prefigurata dal leader dell’SNP vorrebbe assomigliare ai paesi
scandinavi, con un esteso sistema di protezioni sociali coniugato ad
un’economia incentrata sull’alta tecnologia. Le risorse per
finanziare un’ingente spesa pubblica dovrebbero provenire dal
petrolio e del gas naturale del Mare del Nord. Questo è il sogno di
tanti cittadini scozzesi: una nazione più libera, ricca e
democratica. Un sogno che sembra inarrestabile.
L'ex premier britannico Gordon Brown |
Potrebbe
non bastare a fermarlo la timida e prettamente difensiva campagna per
il “no”, “Better together”, sostenuta dai principali partiti
inglesi e affidata ad Alistair Darling, anche lui di origini
scozzesi, ex Cancelliere dello Scacchiere nell’ultimo governo
laburista. Fin dall’inizio Darling ha cercato semplicemente di
smontare le tesi del suo avversario ma, dopo che Salmond ha stravinto
il secondo dibattito tenutosi sulla BBC in diretta nazionale, si è
capito che non era sufficiente. Quindi è sceso in campo l’ex primo
ministro britannico Gordon Brown (nativo di Glasgow) per promettere,
in cambio del voto contro la secessione, un acceleramento
nell’ulteriore devolution fiscale al parlamento di Holyrood, già
promessa all’inizio della campagna elettorale. Pochi giorni fa,
anche la Regina Elisabetta ha rotto il suo silenzio super partes per
invitare il popolo scozzese a “pensare molto attentamente” al
proprio futuro. Infine l’attuale premier Tory David Cameron è
intervenuto in maniera decisa, avvertendo che il “divorzio”
sarebbe definitivo e ricordando cosa effettivamente comporterebbe la
scissione per l’intera regione. Cameron non vuole di certo essere
ricordato come il responsabile dello sfaldamento della Regno Unito,
visto che proprio il suo (a posteriori incauto) muro contro muro pare
avrebbe spinto un dubbioso Alex Salmond ad invocare una consultazione
popolare. Ce la faranno questa serie di appelli e promesse
last-minute ad arginare le ambizioni separatiste?
Ma
un interrogativo interessante potrebbe essere un altro, di carattere
più generale: una Scozia libera e sovrana che ripercussioni può
avere nel vecchio continente? In questi mesi di referendum stile
Crimea, che hanno acceso vecchie fantasie nazionaliste che si
consideravano sepolte, o assecondato le fantasie di gruppi di
improbabili avventurieri dell’autodeterminazione dei popoli (vedi
il Veneto), una eventuale vittoria del fronte del “sì” potrebbe
creare una sorta di effetto domino dalle conseguenze difficilmente
pronosticabili.
Cominciando
da un fronte caldo del regionalismo europeo, ovvero quella Catalogna
che a novembre terrà un referendum consultivo sulla secessione dalla
Spagna, che Madrid ha bollato come “illegale”. Sempre nella
penisola iberica, Edimburgo e Barcellona potrebbero dare nuova linfa
alle rivendicazioni indipendentiste dei Paesi Baschi. La tappa
successiva potrebbero essere i Balcani, regno di tensioni mai sopite.
Questo tour immaginario si concluderebbe sul fronte caldo ucraino,
dove i separatisti filo russi ingaggiano ormai da mesi una battaglia
contro Kiev. Lo sguardo infine cadrebbe anche su casa nostra: metti
che, con Salmond come modello, la Lega Nord trovi la forza per
proporre anche la secessione del nord dall’Italia? Con
l’indipendenza scozzese potrebbe aprirsi una sorta di spirale dove
tutti i confini europei verrebbero completamente messi in discussione
da una nuova ondata di fervore nazionalistico, mettendo a repentaglio
l’esistenza degli stati. Come reagirà l’Unione Europea di fronte
ad una vittoria secessionista?
Ovviamente
parliamo di previsioni. Tutto è ancora da decidersi. Magari venerdì
ci sveglieremo da questo incubo fanta-politico. Senza uno
sconvolgimento della storia. Con una Union Jack ancora integra delle
sue croci. Con una Europa con gli stessi soliti e tranquillizzanti
confini.
Valerio Vignoli e Mattia Temporin
Photo credits: theguardian.com e repubblica.it
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