La Tunisia rappresenta tutto ciò che il Califfato di Al Baghdadi teme di più: un paese di religione musulmana avviato verso un percorso di democratizzazione interna e con un partito moderato islamico al governo; per questo motivo è stato bersaglio, nel giro di tre mesi, di due attacchi terroristici che hanno colpito in particolare il settore turistico tunisino, l’arteria pulsante dell’economia del paese, il 18 marzo con l’attentato al museo del Bardo e il 26 giugno alle spiagge di Sousse.
Fonte: The Independent |
Gli attentati che hanno accompagnato quello di Sousse di venerdì scorso hanno “celebrato” il primo anno della svolta internazionalista di Daech, nome arabo che sta ad indicare l’IS, ovvero la proclamazione del Califfato da parte di Al Baghdadi e la conseguente esportazione della guerra contro gli infedeli, la jihad. La storia, seppur così recente dell’IS, si può dividere in due momenti ben distinti, il primo incomincia con la conquista interna dell’Iraq partendo dalla città roccaforte dell’Islam sciita di Falluja convertita al sunnismo e poi la svolta internazionale con la rottura dell’alleanza con i curdi d’Iraq e l’avanzata verso la Siria del 29 giugno 2014.
I tre attacchi del 26 giugno sono tragici esempi degli obiettivi dell’IS, che si afferma sempre più come un nuovo attore regionale oltre che un’organizzazione terroristica perché capace di autofinanziarsi attraverso le risorse petrolifere dei territori conquistati e nel reinterpretare la jihad, ovvero la guerra santa, su livelli ben diversi rispetto ad Al Qaeda. La jihad di Daech è, infatti, contro “i crociati, gli sciiti e gli apostati”. Negli attacchi di venerdì scorso si ritrovano tutte e tre queste categorie di nemici dello Stato Islamico, anche se per gli eventi di Lione il coinvolgimento degli jihadisti francesi non è ancora confermato ufficialmente.
In Kuwait una consistente parte della popolazione è sciita e strettamente legata a quella irachena che combatte Daech nel nord dell’Iraq, l’attentato alla moschea in Kuwait City mira così a radicalizzare le pulsioni settarie tra sciiti e sunniti nella regione seguendo lo stesso schema “vincente” che l’IS ha utilizzato in Iraq nell’ultimo anno distruggendo le istituzioni interne del paese così da poter stabilire il controllo sul territorio. Con questo ulteriore attacco contro la comunità sciita l’IS dimostra sempre più la sua distanza da Al Qaeda, che vedeva come primo obietto della jihad gli Stati Uniti e i paesi della regione suoi alleati da colpire attraverso attentati ben preparati e di alto valore simbolico, Daech invece sembra legittimare di più le iniziative dei così detti “lupi solitari”.
Fonte: La Repubblica |
L’attentato di Sousse in Tunisia, nel quale hanno perso la vita turisti di diverse nazionalità europee, invece è un attentato contro un paese considerato “apostato” secondo il registro dello Stato Islamico. L’attacco è fortemente simbolico perché si rivolge ad una delle più giovani democrazie del Maghreb che aveva dato il via alle primavere arabe con la sua personale Primavera dei Gelsomini e che aveva visto una vera transizione democratica ed elezioni politiche realmente competitive dal 2011, insieme ad un miglioramento dei diritti interni sancito dall’alleanza di governo del partito laico e del moderato partito islamico Ennahda, fortemente perseguitato sotto Ben Ali.
La Tunisia oggi è il paese del Maghreb con il maggior numero di donne elette in parlamento e questo, insieme all’apertura al dialogo sempre più intenso con l’Europa sui temi dei diritti umani, ambientali e di sicurezza ha fatto della giovane e fragile democrazia tunisina un caso di successo di relazioni tra l’UE ed il Maghreb. La Tunisia è un paese che, pur non potendo contare sulla ricchezza dei petrodollari, è riuscita a sviluppare una fiorente economia turistica che si basa principalmente sui flussi provenienti dall’Europa. Per tutte queste ragioni la Tunisia oggi rappresenta, seppur inconsciamente, una sfida insopportabile nei confronti del Califfato.
Non è semplice trovare il modo per convincere i turisti europei a prediligere per le loro vacanze ancora le meravigliose coste di Hammamet o Tabarka in nome di una solidarietà nei confronti di una democrazia tanto speciale quanto fragile, questo dimostra come ancora una volta l’IS abbia colpito la Tunisia proprio con l’intento di disintegrare quel neonato Stato di Diritto considerato come uno sfregio nei confronti del progetto di estensione dello Stato Islamico. La modalità, come si è detto, è sempre quella utilizzata in Iraq: rovesciare dall’interno le istituzioni dello stato e fare presa sulla comunità sunnita del paese per controllare il territorio e sfruttarne le risorse.
La Tunisia ha poco da offrire in termini di quelle risorse considerate vitali da Daech e la sua economia si è faticosamente costruita sulla promozione di un turismo colto e benestante che porta lavoro e vivacità alla società civile tunisina.
Non possiamo sapere se l’intento dello Stato Islamico sia veramente quello di estendere il suo controllo su tutti i territori che facevano parte dell’antico Impero Ottomano, riunendo sotto la legge islamica tutte le popolazioni di lingua araba attraverso la violenza e la distruzione e non sappiamo se la Tunisia sarà, in questo senso, colpita ancora così da vedere annientata ogni speranza di ripresa economica. Quello che sappiamo è che Tunisi da sola non è in grado di prevenire e contrastare un nuovo attacco jihadista e di mantenere viva la sua economia senza il turismo; la cooperazione con l’Unione Europa su temi economici e di sicurezza sembra essere per ora l’unica strada per non far sfiorire definitivamente i Gelsomini del 2011.
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