Diciamo una cosa controcorrente: Alexis
Tsipras ha fallito.
Fonte: The Independent |
Così dopo mesi di meeting infruttuosi,
sabotati in parti uguali dai miopi falchi all'interno dell'Unione
Europea (Weidmann, Dijsselbloem e compagnia bella) e dal simpatico
tandem Tsipras-Varoufakis arriviamo alla settimana scorsa. Per
continuare ad usare la metafora del poker che tanto va di moda in
queste ore: si giunge al momento in cui i giocatori decidono di
mostrare le loro carte. E guarda caso la mano migliore ce l'ha la fu
troika. Anche perché l'FMI, non dovendo difendere nessuna presunta
“accountability”, visto che appunto non ce l'ha mai avuta (per
esempio riguardo le sue ciniche politiche neo-liberiste nei paesi del
terzo mondo), irrigidisce la propria posizione. Il piano definitivo è
quello. Non c'è più margine di discussione poiché il tempo utile
volge al termine. L'Iva verrà alzata anche sul settore turistico, ci
saranno privatizzazioni massive e una riforma delle pensioni.
Prendere o lasciare. La palla passa al governo di Atene, il quale
potrebbe vantarsi di avere strappato un accordo di gran lunga
migliore di quelli siglati da chi l'ha preceduto. E invece no: colpo
di scena! Questo matrimonio non s'ha da fare. La parola al popolo.
Ed ecco, si scatena il panico. La
Grexit, un incubo tra i palazzi di Bruxelles ma ancora di più nel
porto del Pireo, rischia di tramutarsi in una terribile realtà. La
gente si accalca ai bancomat per ritirare il denaro che nei depositi
potrebbe presto valere come carta straccia, Tspiras decide di
chiudere le banche e la borsa, volatilità nei mercati finanziari
eccetera eccetera. Intanto chi se la passava bene in Grecia già da
tempo ha spostato i suoi risparmi in altri paesi più sicuri. Mentre
tanti degli elettori di Syriza non sanno che pesci pigliare, dubbiosi
su quale alternativa scegliere: caos assoluto nel breve periodo e
ipotetica (!) ripresa un domani fuori dall'Euro oppure sacrifici
perpetui per saldare un debito intrinsecamente insaldabile?
Questo è il fallimento vero di Alexis
Tsipras. L'abdicazione alla propria funzione di rappresentante
legittimamente eletto per fare il bene del proprio stato. Perché il
referendum-e lo affermo andando apparentemente contro il pensiero
corrente-è una sconfitta della democrazia rappresentativa quando
serve a dirimere questioni che dovrebbero essere materia della
politica istituzionale. La (non)decisione di Tsipras mi ricorda
quella della CGIL nella battaglia contro Sergio Marchionne,
amministratore delegato di Fiat. Si lasciano da soli i più deboli,
quelli che il leader greco aveva promesso di tutelare, contro chi
detiene il potere economico e sociale, contro chi ha il coltello
dalla parte del manico. Questo non è amore della democrazia. Questa
è irresponsabilità.
Anche la rivendicazione last-minute
della sovranità popolare è utopistica oltre che contraddittoria.
Utopistica perché riprende una visione della sovranità all'interno
degli stati-nazione inesistente nella prassi. È un dato di fatto che
le forze della globalizzazione abbiano gradualmente eroso la
sovranità nazionale. Oggi appunto si parla di “interdipendenza”
quando va bene, di “dipendenza” quando va male. Il paradigma va
messo in discussione? Può darsi. Ma in questo caso ci si contrappone
alla stessa idea di Unione Europea: un'organizzazione sovranazionale
che deve tanto ad una certa visione dell'ordine mondiale e che si
trova in una situazione di crisi proprio a causa della riluttanza di
molti stati membri a cedere la stessa sovranità di cui parla
Tsipras. Invocare l'unità nell'emergenza immigrazione e, allo stesso
tempo, attribuire il diritto ad un singolo componente della zona Euro
di lasciare unilateralmente l'unione monetaria costituisce una
contraddizione in termini.
Quindi che ne dica Beppe Grillo (che ha
una strana idea di democrazia all'interno del suo movimento), che ne
dica Matteo Salvini (che ha grande stima di un paladino dello stato
di diritto dal nome Vladimir Putin) o che ne dica una grossa fetta
dell'establishment di sinistra italiano (che, citando la battuta di
un mio esimio collega durante una conversazione privata, “è per
Tsipras col culo dei greci”) il premier greco ha fallito. Ha
fallito la sua strategia negoziale, ha fallito la sua reticenza a
trovare un compromesso, ha fallito il suo non accontentarsi di aver
portato all'attenzione collettiva le logiche perverse dell'austerità
economica, ha fallito come rappresentante degli interessi del popolo
greco, che ha abbandonato a sé stesso nel momento più delicato. In
fondo Tsipras se ne è lavato le mani. Come un Ponzio Pilato
contemporaneo.
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