Il futuro incerto del Regno Unito

Mancano ormai poche ore alle elezioni politiche del Regno Unito. Circa 47 milioni di elettori dovranno votare per il nuovo parlamento di Westminster e decidere se confermare o meno i 650 deputati che siedono tra i banchi della House of Commons. Come ad ogni elezione, puntualmente i candidati sono occupati a promettere un futuro migliore e ad affermare che questo sarà il voto più importante degli ultimi decenni. Ed Miliband, il leader del Labour Party, ha addirittura voluto incidere il suo programma elettorale su una tavola di pietra, scatenando l'ironia del web.

ed milliband UK

Tralasciando la retorica elettorale, non c'é dubbio che questa volta ci sia un clima di estrema incertezza sul risultato, a causa dell'inesorabile declino dello storico sistema bipartitico britannico. L'unica cosa che sembrerebbe essere certa é che venerdì mattina nessun partito avrà una maggioranza.

Già le elezioni del 2010 si erano concluse con una mancata maggioranza parlamentare poiché nessun partito era riuscito a raggiungere la soglia dei 326 deputati necessari per governare in autonomia. Mentre allora erano tre i partiti principali a contendersi il voto (Conservative Party, Labour e i Liberal Democrats), oggi gli attori in gioco sono aumentati e con essi le speculazioni sulle possibili alleanze post-elezione. Il partito Conservatore e Laburista continueranno ad essere le forze più grandi in parlamento, ma avranno bisogno del supporto di altri partiti per poter governare.

Un paio di mesi fa l'attenzione dei media era rivolta allo UKIP di Nigel Farage, partito anti-europeista e di chiara ispirazione thatcheriana. Ora il vero ago della bilancia sembra invece spettare allo Scottish National Party (SNP), che stando agli ultimi sondaggi potrebbe aggiudicarsi una netta maggioranza dei 59 seggi scozzesi, spazzando via in maniera decisiva il Labour Party dalla nazione. La crescita enorme dello SNP, guidato da Nicola Sturgeon, rappresenta un cambiamento non da poco, considerando che il partito Laburista ha tradizionalmente contato sulla Scozia come roccaforte elettorale.


Come spiegare questa svolta? Sicuramente il recente referendum sull'indipendenza scozzese, malgrado l'esito negativo, ha galvanizzato il sostegno popolare per lo SNP. Inoltre, la sua chiara impronta progressista e anti-austerity lo differenzia in modo sostanziale dal Labour, che in molti in Scozia vedono come una versione moderata dei Conservatives. Miliband si é distanziato dalla terza via neoliberale di Blair e ha enfatizzato più volte il suo desiderio di ridurre la marcata diseguaglianza sociale ed economica che é cresciuta a dismisura negli ultimi cinque anni. Nonostante questo, il Labour Party ha effettivamente adottato un'ideologia pro-austerity nel suo manifesto, promettendo una continuazione irrazionale dei tagli del governo attuale anche se in maniera meno aggressiva, come ha spiegato Krugman in dettaglio in un recente editoriale per il Guardian.

La delusione nei confronti di Labour ha inoltre causato un aumento record delle iscrizioni per il Green Party che ha politiche simili allo SNP. Sebbene i Verdi siano vicini all'8% nei sondaggi a livello nazionale é improbabile che riescano a vincere più di un seggio, a causa del sistema elettorale uninominale maggioritario secco che penalizza le formazioni minori e che quindi non favoreggia una vera rappresentanza democratica. Lo SNP potrebbe riuscire ad avere più di 50 deputati grazie a poco più di un milione di voti, mentre per 2 deputati UKIP servirebbero tre milioni di voti (circa il 15% dell'elettorato).

Con la prospettiva di un parlamento bloccato, l'aritmetica dice che é probabile che Labour, lo SNP, i Verdi e altri piccoli partiti possano avere insieme i numeri necessari per contrastare un'eventuale alleanza di centro destra fra i Conservatives, i Liberal-Democrats, UKIP e gli unionisti nordirlandesi del DUP. Seguendo questo scenario, ci potrebbe quindi essere una maggioranza di parlamentari eletti con la promessa di mandare a casa Cameron, abbandonare o ridurre il modello attuale di austerity, bloccare la crescente privatizzazione del sistema sanitario nazionale e riformare in un qualche modo il sistema bancario. Un recente sondaggio ha infatti rilevato uno spostamento, seppur piccolo, dell'elettorato britannico verso sinistra e un maggiore sostegno, rispetto a cinque anni fa, a favore di un aumento della spesa pubblica e della nazionalizzazione ferroviaria.

Miliband ha però escluso più volte una coalizione ufficiale con lo SNP, per screditare le accuse rivoltegli dal partito Conservatore e dai tabloid di destra di un governo Laburista in mano al partito nazionalista scozzese. Il Daily Mail é persino arrivato a definire la prospettiva di un patto tra i due partiti come la crisi peggiore per il paese dall'abdicazione di Edoardo VII nel 1936. Miliband potrebbe quindi cercare di formare un governo di minoranza e negoziare il sostegno della Camera caso-per-caso.

Le cose si complicano quando si tiene in conto che probabilmente i Conservatori rimarranno il partito più grande in assoluto, sia in termini di percentuale di voti sia per numero di seggi. Molti commentatori prevedono che i Conservatori useranno questo fatto per dichiarare Miliband illegittimo come Primo Ministro, sebbene non esista nessuna regola scritta che affermi che il partito singolo più grande abbia il diritto di formare un nuovo governo. Difatti, senza una vera e propria costituzione e con la riapertura del Parlamento 11 giorni dopo l'elezione, le prime pagine dei giornali potrebbero avere un ruolo pericolosamente importante nel definire i termini e limiti della vittoria elettorale. Se Miliband, pure riuscendo a comandare una maggioranza parlamentare, non venisse visto come vincitore legittimo, potrebbe trovarsi in una situazione in cui gli risulterebbe impossibile governare.
In definitiva, queste elezioni potrebbero portare non solo ad una crisi costituzionale, alla quale i partiti tradizionali non sembrano avere risposte concrete, ma ad una spaccatura politica ed ideologica sempre più marcata tra le varie regioni e nazioni del Regno Unito.

Matthew Burnett-Stuart

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