Il 2 ottobre, a Napoli, si è riunito il consiglio direttivo della Banca Centrale europea che ha deciso, almeno per il momento, di lasciare i tassi d’interesse invariati.
La riunione del consiglio direttivo, dove siedono i sei membri del comitato esecutivo della Bce e i governatori delle banche centrali dei 18 Paesi dell'Eurozona, era stata preceduta dall'acuirsi del dibattito attorno al rispetto dei parametri di austerità dei conti pubblici difesi dalla Germania.
Nella giornata precedente alla riunione della Bce, il governo francese aveva formalizzato il rinvio di due anni, dal 2015 al 2017, dell'obiettivo che si è dato per riportare il proprio deficit di bilancio al limite del 3 per cento (in rapporto al Prodotto interno lordo, o Pil), scatenando l'immediata reazione della Merkel.
La Cancelliera aveva più volte ribadito l'obbligo di tutti di mantenere gli impegni, portando così, inevitabilmente, ad un innalzamento della tensione che già ieri sera aveva spinto Draghi, nel discorso di apertura della cena che si è tenuta al Palazzo Reale di Napoli, a ripetere il monito a tutti i Paesi con i bilanci più deboli e l'economia bloccata a portare avanti le cosiddette e proverbiali riforme strutturali, in modo da non disperdere l'ingente sforzo che la Bce, sotto la sua guida sta facendo per ridare fiato all'economia.
È uno sforzo che sta incontrando l'ostilità crescente della Germania e che non può essere messo a rischio da un atteggiamento troppo dilatorio da parte dei Paesi più in difficoltà con il bilancio.
Fonte: lapresse.it |
Ma perché alla Germania non piace la mossa francese?
Alla Merkel e a Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, anch’esso molto critico nei confronti di Draghi proprio in queste ultime settimane, non sfugge però il modo in cui Draghi sta tessendo la sua tela per cercare di indebolire lo stop di Berlino a ulteriori acquisti dei titoli di Stato dei Paesi più deboli: stiamo parlando dei cosiddetti PIIGS, e cioè il modo in cui vengono chiamati Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, evocando il termine inglese “maiali”.
La genesi della discordia risale al maggio scorso, quando la Bce aveva ipotizzato di comprare i cosiddetti “asset backed securities”, cioè titoli finanziari garantiti da crediti delle banche. Si tratta di una manovra molto simile a quella effettuata al culmine della crisi finanziaria dalla Federal Reserve americana, la quale aveva riversato sul sistema finanziario degli Stati Uniti la bellezza di 2.000 miliardi di dollari, assumendosi una valanga di rischi ma al tempo stesso liberando le banche da un fardello che impediva loro di dare liquidità alle imprese e ai consumatori.
A maggio l'annuncio di Draghi, di per sé, non aveva trovato una netta ostilità tedesca.
La Germania ha sì un sistema bancario solido ma, allo stesso tempo, molto esposto verso Paesi extra-europei, come la Russia e la Cina, dove i crediti concessi dalle banche tedesche hanno sostenuto l’esportazione “Made in Germany” in questi Paesi. Weidmann aveva però subito messo i suoi paletti: la Bce non può e non deve farsi carico di titoli spazzatura, e quindi Draghi può acquistare al massimo crediti molto solidi. In sintesi, la Germania non vuole che Draghi acquisti crediti italiani, perché le nostre banche pieni di “sofferenze”, ovvero crediti ormai inesigibili.
Fonte. europaquotidiano.it |
Renzi, the man in the middle
I Bee Gees sono stati una band musicale di origine britannica che si è formata in Australia a partire dagli anni ’60. Il nome deriva da “Brothers Gibb”, i fratelli Gibb. Le due lettere iniziali, la B e la G, in inglese si leggono rispettivamente “Bee” e “Gee”, e la S finale indica il numero plurale.
Da qui il loro nome.
Uno dei loro più importanti successi è “The man in the middle”.
La canzone inizia con “you’ve got a plan that could never go wrong”, ovvero, hai un piano che non potrebbe mai andare storto.
Ma in questa situazione, a chi meglio si addice? Quale piano non dovrebbe e non potrebbe mai fallire? A quello della Merkel? Al “rivoluzionario” Hollande? Al nostro Matteo Renzi?
Intanto, dopo l’annuncio francese al non-rispetto dei vincoli imposti da Bruxelles, o meglio da Bruxlino (Bruxelles e Berlino), arriva la tanto attesa risposta italiana.
Il premier Renzi scende infatti in campo al fianco di Parigi, e si schiera con forza, probabilmente solo apparente, contro la tesi rigorista capeggiata dalla Germania, e sostenuta solo da essa, che, in un modo o nell’altro, condiziona le decisioni di Bruxelles. Il premier italiano, in visita a Londra, difende la scelta francese di sfondare il vincolo fissato al 3% nel rapporto deficit/Pil per i prossimi due anni.
La Merkel, ovviamente preoccupata di questa piccola rivolta, ha immediatamente invitato tutti i Paesi dell’Unione, testualmente, a “fare i loro compiti”.
Renzi, a quel punto, risponde per le righe alla Cancelliera, dicendo di rispettare la decisione di un Paese libero e amico come la Francia, e anche che nessuno “deve trattare gli altri Paesi come si trattano gli studenti.” Però non tarda a ribadire che l’Italia rispetterà il fatidico vincolo del 3 %.
Tornando ai Bee Gees, e alla loro canzone, è Renzi il “Man in the middle”.
È lui che non vuole cedere ai vincoli tedeschi, ma al tempo stesso è costretto ad abbassare la testa e ad adeguarsi alle decisioni del Preside d’Europa, Angela Merkel. È forse lui che vuole ergersi a “diplomatico d’Europa”, saltellando da una parte all’altra della staccionata.
Fino a quando il nostro sistema economico e finanziario sarà in grado di reggersi in piedi con le proprie gambe, rispettando i vincoli, per Renzi l’Europa potrà essere sfidata ma al tempo stesso rispettata. Quando invece le cose si faranno più complicate dovrà prendere una decisione definitiva, senza se e senza ma, una decisione che porti l’Italia al di là o al di qua del concetto “europeo” così inteso, sempre ribadendo però la permanenza nell’Unione.
L’Unione si chiama in questo modo proprio perché ha il compito di unire, di fondere, di aiutare, e non di disgregare e spaccare.
In questo momento si potrebbe pensare ad una dis-Unione, dato che la Francia ha forse inaugurato una nuova linea decisionale fatta dalla volontà di stare nell’Unione ma alle condizioni di tutti i Paesi membri, non solo a quelle di uno.
Se avrà ragione o meno, questo ancora non è dato saperlo.
Una freccia in favore del Presidente del Consiglio è però giusto scagliarla.
“I’m just the man in the middle, of a complicated plan”.
Qui non c’è bisogno di traduzione.
I Bee Gees, forse, l’avevano scritta pensando proprio a lui, o all’Alsazia-Lorena, regione storicamente contesa da Francia e Germania, la cosiddetta the “land in the middle”.
Giacomo Bianchi
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