Dopo
la manifestazione “Stopinvasione” di sabato scorso a Milano con
chiari contenuti xenofobi e razzisti, tanto da includere la
partecipazione di CasaPound e di altri gruppi neofascisti, ci
sarebbero decine e decine di critiche/insulti da muovere a Matteo
Salvini. Io invece ero quasi tentato di dargli del genio. Poi,
ripresomi dalla momentanea sbandata, ho convenuto con me stesso che
il genio, in ogni sfaccettatura, è decisamente
tutt'altro, ma nonostante questo un osservatore/commentatore
della politica ha il dovere di sapere riconoscere il talento, anche
nelle sue manifestazioni più meschine, e non si può negare che
Salvini non abbia questo tipo di talento politico.
Diventa
segretario nel 2013, nel momento più basso della storia della Lega
Nord, dopo i fasti del celodurismo
bossiano e il goffo tentativo di darsi un'aura di serietà della Lega
2.0 di Maroni. Nella prima fase, sotto la guida del senatur,
la Lega era riuscita a portare avanti l'assurda battaglia
secessionista e una decisa connotazione populista e antisistemica
nonostante dieci anni tra le file della maggioranza di governo.
Questa era finì mestamente con il rinvio a giudizio del tesoriere
Belsito, di Bossi e dei suoi figli per appropriazione indebita di
fondi pubblici, con dimissioni collettive e uscita di scena del padre
fondatore e guida
spirituale. Dopo il senatur
viene
Roberto Maroni, che vincendo le elezioni regionali in Lombardia nel
2013 riesce a raggiungere l'obiettivo della Macroregione,
un luogo che esiste solo nella testa dei leghisti e comprende appunto
le regioni Piemonte, Lombardia e Veneto tutte e tre governate dai
verdi e ipotetica via istituzionalizzata ad una secessione soft, che
nei programmi elettorali dell'allora segretario significava
trattenere il 75% delle tasse raccolte sul proprio territorio ed
“avere con Roma un rapporto tale da ottenere tutto quello che
chiediamo”. Prima ancora dell'annullamento dell'elezione di Cota,
il progetto macroregione
si esaurisce, poco dopo le elezioni, quando i dirigenti verdi si
rendono conto che non hanno alcun piano per attuare questo assurdo
progetto e che ci sono già fin troppe
difficoltà a governare le singole
regioni.
Se
a questo aggiungiamo il deludente 4% e spicci ottenuto alle politiche
2013, capiamo quanto fosse complessa la situazione ereditata da
Salvini nel dicembre 2013. Qui però inizia il suo capolavoro. In
previsione delle europee di maggio 2014, quindi in meno di sei mesi,
il neosegretario ha attuato un totale restyling al partito che gli ha
permesso di arrivare al 6,15%, certamente non sensazionale ma
considerevole se teniamo conto che ci si aspettava una prestazione
sotto il 4% e zero seggi a Bruxelles.
Come
già detto, dopo dieci anni al governo e il fallimento
dell'aspirazione secessionista, ai quali va aggiunto l'emergere del
Movimento 5 Stelle come maggiore forza populista italiana, la
connotazione antisistemica e regionalista che ha caratterizzato i
primi vent'anni di Lega Nord si era svuotata della sua forza
innovatrice fino a rendere il partito poco più di una folkloristica
rimpatriata tra razzisti attempati
vestiti
di verde.
Come riconquistare l'elettore leghista medio che,
statisticamente, è poco istruito, ha un lavoro umile quindi
probabilmente sta soffrendo la crisi economica, ed è tendenzialmente
di estrema destra e xenofobo? Semplicemente, dandogli un nemico da
combattere. Tuttavia, questo nemico non poteva più essere “Roma
ladrona” dal momento che anche l'elettore più ottuso si era
accorto che il suo partito faceva ormai irrimediabilmente parte di
essa, e ormai dei terun
non interessava più niente a nessuno, serviva qualcosa di nuovo. Ed
eccolo qua, il guizzo del fuoriclasse. La Lega ormai è grande, ha
più di vent'anni e ha fatto esperienze importanti. È arrivato il
momento di uscire dalla Padania ed affermarsi sul territorio
nazionale. Per affermarsi a livello nazionale però occorrono nemici
della nazione, quindi non vanno più bene le contrapposizioni
Padania-Roma e padani-meridionali, ora siamo tutti fratelli, i nuovi
nemici devono venire da fuori paese. Qual è il centro di potere
sovranazionale al quale anche Roma è subordinata? Ovviamente
Bruxelles, sede dell'Unione Europea. E cosa c'è più a sud del
meridione come punto di partenza per i flussi migratori? L'Africa, of
course. Salvini ha individuato le due principali preoccupazioni del
padano medio, i soldi e la sicurezza, e gli ha fornito due comodi
nemici, l'UE e gli immigrati. Uscire dall'Euro (“quando c'era la
Lira stavamo tutti meglio”) e chiudere le frontiere a questa nuova
specie di superimmigrati capaci di “stare tutto il giorno in piazza
a non far niente e sporcare” e “rubare il lavoro agli italiani”
contemporaneamente (sic!).
Questo
vuole il leghista medio, non ha voglia di ascoltare noiosi
approfondimenti economico-monetari, non sa cosa siano la BCE, lo
spread o l'allineamento dei tassi di inflazione, quando c'era la Lira
stavamo meglio, eravamo più ricchi e non c'era la crisi, quindi la
ovvia soluzione del problema è l'uscita dall'Euro. Attorno a questo
primo macrotema ruotano altri argomenti cari alla destra populista
come la riconquista della sovranità nazionale, lo strapotere delle
banche, la lotta alle tasse ma il tutto viene affrontato in maniera
molto superficiale, come una chiacchierata al bar, non in chiave
complottistico-massonica come fa ad esempio il Movimento 5 Stelle,
viene semplicemente buttato lì nel mezzo di un comizio o di un post
su Facebook, alimentato con luoghi comuni e frasi fatte ed elargito
generosamente a persone rancorose in cerca di qualcuno da odiare.
Il secondo macrotema invece riguarda la sicurezza, ed anche qui il ragionamento è molto semplice. Da sempre nell'uomo è radicata un'irrazionale paura del diverso, il progresso della civiltà ed in particolare l'istruzione solitamente annullano questa paura, ma stiamo pur sempre parlando della Lega Nord, quindi cosa c'è di più confortante della possibilità di dare un nome e un volto ai mali che affliggono la società? Cosa c'è di più rassicurante della convinzione che se si verifica un furto la colpa è sicuramente di un maghrebino, se c'è uno stupro è opera di un rumeno, se non trovo lavoro è perché lo Stato preferisce darlo ai clandestini, se mi becco l'Ebola è colpa di un nero e se rischiamo attacchi terroristici da parte dell'ISIS è perché lasciamo che si costruiscano moschee sul suolo patrio? Su questo macrotema si sviluppa la più fantasiosa e permettetemi, spassosa, retorica leghista. Siamo ben oltre i classici slogan “padroni a casa nostra” o “ormai in Italia i clandestini siamo noi”, tramite un sapiente utilizzo dei social network si può assistere ad un vero e proprio fiorire di casi fittizi di Ebola nelle nostre città, fantomatiche leggi che obbligano gli italiani ad ospitare i clandestini (di solito sono proposte dalle acerrime nemiche Kyenge e Boldrini, ma negli ultimi anche Renzi si sarebbe adoperato), effrazioni alla legge da parte di immigrati che poi vengono graziati dalla giustizia, veri e propri reportage sulle lussuose strutture che ospitano i richiedenti asilo, sofisticati calcoli della quota giornaliera che lo Stato verserebbe direttamente nelle tasche degli immigrati e per finire il rito giornaliero del segretario che ogni giorno sul suo profilo Twitter riporta una notizia a caso commentando che è un'ingiustizia che nel luogo X succeda Y mentre le famiglie italiane non arrivano a fine mese.
In
questo modo Matteo Salvini si è preso la Lega e ha ampliato il suo
elettorato fino all'8,8% secondo le stime dell'atlante
politico di Ilvo Diamanti di ottobre, che significa quarto
partito italiano. Forse non è tutta farina del suo sacco, anzi, si
potrebbe dire che sta seguendo goffamente il modello di Marine LePen
in Francia e degli altri partiti euroscettici e xenofobi che alle
ultime europee hanno ottenuto grandi consensi (e li hanno sfruttati
male, litigando tra loro e presentandosi disuniti) e hanno
tristemente riportato in Europa ventate di nazionalismo che fanno
tanto prima guerra mondiale. Tuttavia è giovane e abbastanza
carismatico, i talk show fanno a gara per averlo ed è molto attivo
sui social network (63000 follower su Twitter), non è colto ma
dimostra grande sicurezza, e si sa, agli italiani questo piace. Per
questi motivi e non solo infatti è molto popolare tra i giovani e,
sempre secondo l'atlante politico di cui sopra, è secondo solo a
Renzi nell'indice di gradimento dei leader.
Distorcendo
la realtà secondo il proprio interesse, alimentando la xenofobia e
lucrando politicamente sulla crisi o sulle tragedie non si fa certo
un buon servizio al proprio paese. La politica sarebbe un posto
migliore senza Matteo Salvini, ma se c'è significa che ci sono
persone che hanno bisogno di un Matteo Salvini in politica. E lui è
veramente bravo a cercarle.
Fabrizio Mezzanotte
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