La lotta contro l'autoproclamato Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (nelle sue svariate abbreviazioni ISIL, ISIS o semplicemente IS), guidato dall'altrettanto autoproclamato califfo Abu Bakr Al-Baghdadi ha già ottenuto un piccola ma assolutamente significativa vittoria. Quella di unire un nutrito numero di stati con interessi, leadership e ambizioni inevitabilmente differenti per una causa comune.
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La coalizione internazionale anti-ISIS, lanciata dal presidente statunitense Barack Obama all'inizio di settembre nel vertice NATO di Newport in Galles è infatti composta da un'inedita ed impressionante molteplicità di forze. In primo luogo tra i suoi membri vi si trovano molti paesi europei e più, in generale, appartenenti al “blocco occidentale”. Alcuni come Francia, Australia e notizia di pochi gironi fa, Gran Bretagna, stanno direttamente contribuendo ai raid aerei sulle basi strategiche del califfato (per il momento solamente) nel territorio iracheno. Altri invece come l'Italia si sono impegnati a fornire un supporto logistico e militare all'operazione. Un ultimo gruppo, in cui è presente anche la Germania, si sta infine limitando all'addestramento dei combattenti locali e alla distribuzione di aiuti umanitari.
Peraltro a questa alleanza contro l'ultima in ordine cronologico e probabilmente più pericolosa incarnazione del terrorismo Jihadista, si sono aggiunti paesi il cui apporto non era facile prevedere. Mi riferisco a molte realtà mediorientali. Se la cooperazione del Libano sciita con Hezbollah contro il califfato sunnita non deve troppo sorprendere, fa molto più rumore invece il coinvolgimento nelle attività belliche di paesi come Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, esponenti della medesima corrente religiosa dell'ISIS. Anche Teheran si sta opponendo alla nuova minaccia regionale, seppur in maniera non coordinata con la coalizione guidata dagli USA. Pure la Turchia, che era stata inizialmente sospettata di dare sostegno ad Al-Baghdadi in funzione anti-curda, ha assicurato, tramite il suo primo ministro Erdogan, “sostegno militare e logistico” all'offensiva. Ci sarebbero poi ovviamente anche Iraq e Siria, il campo di battaglia degli scontri, che devono tutelare la propria sopravvivenza.
Inoltre vanno considerati come rilevanti anche il silenzio-assenso degli altri due giganti delle relazioni internazionali e componenti del consiglio di sicurezza dell'ONU, Russia e Cina. Se Putin aveva timidamente tentato di definire l'incursione a guida americana in Iraq come una violazione del diritto internazionale, la Cina sostanzialmente non ha mosso un dito. Non va dimenticato che questi due paesi non più di un anno fa avevano costituito un decisivo ostacolo diplomatico ad un'azione dell'occidente contro il dittatore siriano Bashar al Assad.
Sostenere che la posizione più o meno attiva di ciascuno di questi attori nella vicenda sia esclusivamente ascrivibile a specifiche preoccupazioni individuali mi sembrerebbe un po' forzato. Nessuno ha osato criticare l’intenzione di Obama di debellare questa forza ostile. Perciò mi pare evidente che lo Stato Islamico tramite le sue macabre efferatezze sbandierate attraverso la rete, la sua spietatezza nei confronti di civili inermi e le sue consistenti risorse economiche e militari rappresenti una grave minaccia per l'intera comunità internazionale.
Fonte: nydailynews.com |
Tuttavia non sono solo questi aspetti della formazione capeggiata da Al-Baghdadi che spaventano le nazioni di ogni angolo del pianeta. La vera fonte di ansie, condivisa dai membri della coalizione, è la sua stessa natura pre-statale. Nonostante, a differenza delle organizzazioni terroristiche finora arrivate tristemente alla ribalta mediatica, lo Stato Islamico sia l'unico con ambizioni di espansione territoriale, non è affatto assimilabile agli altri stati-nazione moderni. Il suo proposito ha infatti una connotazione imperiale, in cui un gruppo sociale con una sua identità ben definita ne assoggetta altri, magari tentando di catechizzarli, e li ingloba nel suo dominio. Tale aspirazione si contrappone nettamente alla supposta omogeneità culturale dello stato contemporaneo. Inoltre l'ISIS con la sua missione pan-islamica e universalista mette in discussione i confini geografici, che diventano qualcosa di sempre più vago e inconsistente. Invece nell'attuale ordine internazionale le linee sulle mappe continuano a costituire il caposaldo del diritto. Quindi è l'essenza stessa del califfato, oltre al suo “potenziale di minaccia”, che intimorisce la comunità internazionale, impedendo in pratica qualunque margine di dialogo.
Il successo però della chiamata alle armi a stelle e strisce, oltre a testimoniare l'inquietudine della quasi totalità delle nazioni, ne evidenzia anche la combattività. Per dirla in termini molto espliciti, lo stato-nazione non molla. Non ha intenzione di abdicare nei confronti di nessun altra forma di organizzazione politica, sia che risorga da un passato remoto (come l'ISIS), sia che si proponga come il futuro (gli organismi sovranazionali). L'attualità ci fornisce altri casi empirici in cui lo stato-nazione, inteso come forma moderna di organizzazione del potere, si sta cimentando in uno strenuo sforzo per riaffermare la propria supremazia. Per esempio la battaglia intrapresa da Inghilterra e Spagna, per evitare la secessione rispettivamente di Scozia e Catalogna, si può anche analizzare in questo senso. Riguardo alle sfide provenienti da un ipotetico futuro in cui il mondo sarà amministrato da istituzioni sovranazionali, sarebbe troppo facile accusare l'ONU di dipendere dalla volontà dei membri che lo compongono, in particolare di quelli più potenti. Quindi può risultare più convincente la dimostrazione di forza delle singole nazioni che si rintraccia attualmente nel contesto dell'Unione Europea. Infatti la crisi dell'Eurozona è dovuta fondamentalmente alla riluttanza dei governi nazionali a cedere ulteriori funzioni e competenze ad un altro tipo di entità e, contemporaneamente, alla volontà di far prevalere i propri interessi su quelli degli altri pari.
Insomma lo stato-nazione è vivo e vegeto e lotta tra noi. E trionfa, trionfa sempre, inesorabilmente. Invincibile e inossidabile. Più forte dei revival della storia, più forte delle spinte postmoderne. Il califfo è avvertito. Faceva meglio a scegliersi un altro nemico.
Valerio Vignoli
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