Dopo l’intervista al candidato Brando Benifei, classe 1986, in lista per in Partito Democratico nella circoscrizione Nord-Ovest, continuiamo il nostro approfondimento sui candidati più giovani alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo.
Grazie alla tecnologia che permette di collegare in video-conferenza Venezia, Bergen e Parigi, incontriamo oggi Simone Venturini. Nato a Marghera (VE) il 1 ottobre 1987, Venturini è uno dei più giovani candidati al Parlamento Europeo non solo della circoscrizione Nord Est (Emilia-Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) dove si è presentato, ma in tutta Italia. Capogruppo dell’UDC in Consiglio Comunale a Venezia dal 2010, si è candidato, un po’ a sorpresa secondo le sue stesse parole, a far parte del prossimo Parlamento Europeo mosso dall’ammirazione per le azioni dei padri padri fondatori di cultura popolare che hanno fatto grande l’Europa.
Grazie alla tecnologia che permette di collegare in video-conferenza Venezia, Bergen e Parigi, incontriamo oggi Simone Venturini. Nato a Marghera (VE) il 1 ottobre 1987, Venturini è uno dei più giovani candidati al Parlamento Europeo non solo della circoscrizione Nord Est (Emilia-Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) dove si è presentato, ma in tutta Italia. Capogruppo dell’UDC in Consiglio Comunale a Venezia dal 2010, si è candidato, un po’ a sorpresa secondo le sue stesse parole, a far parte del prossimo Parlamento Europeo mosso dall’ammirazione per le azioni dei padri padri fondatori di cultura popolare che hanno fatto grande l’Europa.
L’Italia ha visto susseguirsi 4 leader in 4 anni. Il suo rapporto con l’Europa è stato un crescendo: dalle risa di Merkel e Sarkozy di fronte alle battute di Berlusconi, agli apprezzamenti per Monti e Letta. Ora Renzi propone all’Italia e all’Europa il suo ambizioso progetto. Quale credi sarà il rapporto tra Italia ed UE nei prossimi mesi, che coincidono con il nostro semestre di presidenza del Consiglio dell’UE? Secondo te quale ruolo dovrebbe giocare il nostro paese in Europa?
Negli ultimi anni, ritengo che la qualità della rappresentanza italiana in Europa non sia stata all’altezza dei valori popolari delle figure, quali Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi, che hanno fondato l’Europa. Gaffes, sceneggiate alla Borghezio, assenteismo, ignoranza delle altre lingue comunitarie hanno caratterizzato i politici italiani in UE: questo perché l’Europa è stata a lungo vista come il luogo dove mandare politici a fine corso, ministri trombati, oppure personaggi politici da collocare in qualche posizione di potere. Questa prospettiva è da ribaltare. Il semestre di presidenza italiana è una grande occasione, aggiunta al fatto che abbiamo un Matteo Renzi molto carico che potrebbe porsi sulla scia dello scorzo di riabilitazione della reputazione italiana da parte di Mario Monti.
Innanzitutto, l’Italia dovrebbe smettere di presentarsi come l’alunno delle elementari che non ha fatto i compiti per casa che sa di dover essere rimproverato, con la coda tra le gambe, ma deve porsi forte dei risultati delle riforme interne che non si possono più rimandare. Dobbiamo essere noi italiani a lavorare per evitare di sentirci subordinati alla Germania e che non sia la Merkel a chiederci di mettere i conti in regola. Non ce lo chiede la Merkel, ce lo chiede il buon senso. Credo inoltre che dobbiamo impegnarci per uno sviluppo del ruolo diplomatico del nostro Paese, candidandoci a leader dei paesi del Mediterraneo. Un'unione di questo tipo accrescerebbe il peso del sud dell’Europa a livello continentale. Infine, ritengo che dovremmo rivendicare l’impegno e i contributi che il nostro Paese ha investito nel progetto europeo, rinunciando alla sudditanza in favore dell’orgoglio.
A proposito di una leadership mediterranea, una delle principali sfide che l’UE deve affrontare riguarda la politica estera. Bagliori di una politica estera comunitaria si iniziano a vedere, come ad esempio nella crisi ucraina. Come si deve porre, dunque, l’UE nei confronti dei paesi ex-sovietici e del sud del Mediterraneo?
Io immagino l’Europa come una confederazione di stati nazionali. La prospettiva di una politica estera comune è, perciò, molto importante. Ritengo che l’integrazione passi attraverso una cessione da parte di ciascuno stato nazionale di alcuni poteri ben precisi: diplomazia, moneta e difesa. Non penso che abbia senso cedere a livello comunitario regolazioni come quelle delle coltivazioni in modo da armonizzare il diametro del cocomero o la lunghezza del cetriolo. Rischiamo di avere un’Europa che si muove con 24 ministri degli Esteri diversi, ma nella quale tutti i cetrioli hanno la stessa lunghezza: è ridicolo. Il criterio fondamentale di divisione è quello della sussidiarità, un concetto fondamentale per il PPE delle origini e, ora, da riscoprire perché fondamentale in chiave europea. Non si faccia dall’alto, quello che si può fare dal basso.
Sempre riguardo al tema delle relazioni esterne dell’UE, in Italia uno dei problemi più sentiti è quello dell’immigrazione. In quanto candidato al Parlamento Europeo, come affronteresti l’argomento in chiave europea?
Già esiste “Frontex”, un’agenzia che dovrebbe occuparsi della difesa dei confini europei, ma di fatto funziona male. Ritengo che l’integrazione debba restare una prerogativa dei governi locali, mentre la gestione delle frontiere, della cittadinanza europea debba essere demandata all’UE. Non è giusto che gli stati più vicini all’Africa debbano sopportare non solo il costo economico dei flussi di migranti, ma anche la gestione di infiltrazioni tra i richiedenti asilo e i costi in termini di integrazione (educazione, posti di lavoro, sussidi sociali…). Fino ad ora, l’Italia è stata lasciata sola ad affrontare l’emergenza immigrazione perché siamo stati percepiti come approfittatori dagli egoisti stati del Nord che, tuttavia, devono essere ugualmente coinvolti nella distribuzione delle risorse e nel processo di accoglimento.
Proprio perché il tema è tanto centrale, è importante che gli stati del Sud dell’Europa si coordino in modo da acquisire più forza nelle rivendicazioni a livello continentale, diventando una sorta di lobby in virtù dello sviluppo del sistema portuale e di relazioni commerciali con il Maghreb e il Medio Oriente. In fondo, ci sono più elementi che unificano Italia, Grecia, Francia, Spagna e Portogallo rispetto a quelli che le differenziano.
A proposito di elementi in comune, sia in Italia sia in Francia assistiamo ad una crescita esponenziale di partiti anti-sistema che, si prospetta, entreranno nel nuovo Parlamento Europeo con un peso da non sottovalutare. Come immagini la nuova legislatura? E soprattutto, come rispondi a questa pars destruens?
Vincerei il nobel se lo sapessi! (...) I populismi che stanno emergendo in Europa sono una naturale risposta alla crisi economica che porta alla ricerca di un capro espiatorio, ad una forma di intolleranza sociale diffusa, all’incapacità della classe politica di rispondere concretamente alle esigenze dei Paesi.
... come lo spieghi il rinnovamento di cui parli da candidato per una coalizione che comprende Alfano, Formigoni e altri nomi noti che hanno fatto la politica italiana negli ultimi 20 anni e che di nuovo ha solo il nome?
Non mi sento di dire a chi si rivolge, per esempio, al MoVimento 5 Stelle che ha torto a prendersela con chi negli ultimi vent’anni non è stato in grado di amministrare il Paese nell’interesse dei cittadini. Tuttavia io credo che l’Europa si possa salvare solo grazie alle grandi famiglie europee che l’hanno creata, ci credono ancora e sono imperniate su forti valori. Per di più credo che le ricette di partiti euroscettici come MoVimento 5 Stelle, Lega, Fratelli d’Italia non solo non migliorerebbero la situazione, ma ci farebbero molto più male. Partecipo in questa giovane coalizione in fieri non per via della sua leadership oppure perché sono innamorato di questo partito, ma perché gli altri sono per me inaccettabili ed impercorribili, inoltre mi riconosco nei valori della grande famiglia popolare alla quale la mia coalizione fa riferimento.
A proposito di famiglia popolare, quali sono a tuo avviso le maggiori sfide per il Partito popolare Europeo nel futuro prossimo?
Il PPE ha davanti a sè due grandi sfide. Innanzitutto, il PPE deve riscoprire le ragioni e l’attualità dei valori che l’ha fondato, reinterpretando nel presente Schumann, Adenauer e De Gasperi. Ciò ha delle implicazioni concrete. Infatti, credo che il PPE debba porre al centro della sua azione la famiglia, l’educazione, la sussidiarietà, la difesa della vita, la religione, la cultura tradizionale europea. Non deve temere di affermare valori come le radici cristiane dell’Unione Europea; dovrebbe dunque esaltare la millenaria storia dell’Europa. Basta priorità all’economia e alla finanza. Dobbiamo considerare l’Europa dei popoli come l’insieme delle famiglie europee che si riconoscono in una cultura comune e decidono di unirsi per essere più forti, insieme. Il miei interlocutori non possono essere i poteri forti, ma devono essere necessariamente le famiglie, vero motore dell’Europa.
E l’elezione diretta, nel prossimo futuro, del presidente del Consiglio dell’Unione?
Questo ibrido è interessante sulla strada verso una confederazione di Stati, in cui chi la rappresenta in quel momento sia percepito come vero rappresentate di un’intera confederazione, non solo dei governi che rappresentano gli Stati. Tuttavia non può essere buttata lì solo come possibile soluzione alla mancanza di democrazia nelle istituzioni europee: prima bisogna procedere ad una totale riforma dell’assetto europeo, ponendo fine al consensus e ad altre forme meno democratiche e condivise di decisione. Più flessibilità e meno costi della politica anche a livello europeo, per giustificare i sacrifici necessari richiesti agli Stati membri. Cominciamo ad esempio dalla razionalizzazione delle sedi, per esempio. Trovo assurdo che il ogni settimana camion di documenti debbano muoversi tra Francia e Belgio per trasportare tutto ciò che serve per il lavoro dei parlamentari tra Strasburgo e Bruxelles.
Presentando la tua candidatura al Parlamento Europeo, fai riferimento ad un viaggio a Bruxelles con i giovani del Partito Popolare Europeo. Che ruolo hanno o dovrebbero avere, secondo te, le aggregazioni politiche giovanili continentali?
Credo che noi siamo la prima generazione che sta veramente beneficiando dei frutti dell’integrazione perciò tocca a noi spiegare ai capi di partito che l’ombelico politico non è più il singolo stato membro, ma l’Europa. Tuttavia la principale sfida, almeno in Italia, delle grandi famiglie europee è riuscire ad entrare in contesti nazionali un po’ atipici come quello italiano. Infatti, a lungo abbiamo avuto da una parte Silvio Berlusconi e il suo partito, che pur collocandosi a destra non era pienamente allineato ai valori del PPE, mentre dall’altra parte il Partito Democratico che si è identificato a lungo con famiglie diverse a livello europeo. Infatti, l’intero centro sinistra è stato a lungo frammentato e diviso in tanti gruppi parlamentari diversi. Ecco, riuscire a far crescere un senso di appartenenza politica europee nei giovani dovrebbe essere il principale ruolo delle formazioni giovanili transazionali. Credo che le future generazioni saranno ancora più europeiste, vivranno nella loro vita quotidiana ancora di più i benefici dell’integrazione e sono convinto che non potranno che essere a favore di un’Europa più forte e coesa. Il nostro compito è far capire anche ai nostri genitori e ai nostri nonni che se stiamo male non è colpa dell’Europa, anzi al contrario se non stiamo poi tanto male è grazie all’Europa.
Infine, se gli Europei del passato immaginavano un’Europa senza confini tra Paesi che per secoli si erano combattuti a vicenda, e poi un’Europa con una moneta unica, e poi un’Europa aperta ad Est. Come immagini l’Europa nel 2024? Che tipo di Europa sogni?
Più che una visione, io ho una speranza. La speranza che si parli di Europa finalmente fuori dalle influenze nazionali e dai dibattiti interni, che emerga una voce unica europea forte e finalmente non bloccata dall’esigenza di mediazioni interne. Un’Europa concentrata sulla crescita e capace di avere un’influenza positiva accanto a Russia, USA, Cina. Ciò è possibile perché credo che l’Europa, più di altri continenti, abbia la capacità, la cultura e la storia per contare. In che ambiti? Ambiente, pace, lotta alla povertà. In questi giorni, ho firmato la campagna di One, in quanto candidato al PE, per l’impegno a porre fine alle povertà estrema nel mondo. Medio Oriente, Terra Santa, espansionismo russo, ambiente, scioglimento dei ghiacciai, buco nell’ozono, inquinamento sono temi centrali sui quali rischiamo di non dire nulla perché troppo impegnati a negoziare il tetto del debito pubblico. Allora l’Europa che io sogno è un’Europa che metta al centro ambiente, pace e lotta alla povertà: tre priorità riguardo alle quali, secondo me, l’Europa può essere protagonista.
Credo che noi siamo la prima generazione che sta veramente beneficiando dei frutti dell’integrazione perciò tocca a noi spiegare ai capi di partito che l’ombelico politico non è più il singolo stato membro, ma l’Europa. Tuttavia la principale sfida, almeno in Italia, delle grandi famiglie europee è riuscire ad entrare in contesti nazionali un po’ atipici come quello italiano. Infatti, a lungo abbiamo avuto da una parte Silvio Berlusconi e il suo partito, che pur collocandosi a destra non era pienamente allineato ai valori del PPE, mentre dall’altra parte il Partito Democratico che si è identificato a lungo con famiglie diverse a livello europeo. Infatti, l’intero centro sinistra è stato a lungo frammentato e diviso in tanti gruppi parlamentari diversi. Ecco, riuscire a far crescere un senso di appartenenza politica europee nei giovani dovrebbe essere il principale ruolo delle formazioni giovanili transazionali. Credo che le future generazioni saranno ancora più europeiste, vivranno nella loro vita quotidiana ancora di più i benefici dell’integrazione e sono convinto che non potranno che essere a favore di un’Europa più forte e coesa. Il nostro compito è far capire anche ai nostri genitori e ai nostri nonni che se stiamo male non è colpa dell’Europa, anzi al contrario se non stiamo poi tanto male è grazie all’Europa.
Infine, se gli Europei del passato immaginavano un’Europa senza confini tra Paesi che per secoli si erano combattuti a vicenda, e poi un’Europa con una moneta unica, e poi un’Europa aperta ad Est. Come immagini l’Europa nel 2024? Che tipo di Europa sogni?
Più che una visione, io ho una speranza. La speranza che si parli di Europa finalmente fuori dalle influenze nazionali e dai dibattiti interni, che emerga una voce unica europea forte e finalmente non bloccata dall’esigenza di mediazioni interne. Un’Europa concentrata sulla crescita e capace di avere un’influenza positiva accanto a Russia, USA, Cina. Ciò è possibile perché credo che l’Europa, più di altri continenti, abbia la capacità, la cultura e la storia per contare. In che ambiti? Ambiente, pace, lotta alla povertà. In questi giorni, ho firmato la campagna di One, in quanto candidato al PE, per l’impegno a porre fine alle povertà estrema nel mondo. Medio Oriente, Terra Santa, espansionismo russo, ambiente, scioglimento dei ghiacciai, buco nell’ozono, inquinamento sono temi centrali sui quali rischiamo di non dire nulla perché troppo impegnati a negoziare il tetto del debito pubblico. Allora l’Europa che io sogno è un’Europa che metta al centro ambiente, pace e lotta alla povertà: tre priorità riguardo alle quali, secondo me, l’Europa può essere protagonista.
Angela Caporale (@puntorvirgola_) e Roberto Tubaldi (@RobertoTubaldi)
Photo credits: http://www.facebook.com/simoneventurini.ve e http://www.simoneventurini.eu/
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