A meno di un mese dalle consultazioni che porteranno all'elezione del prossimo Parlamento Europeo, abbiamo deciso di affrontare il tema incontrando alcuni tra i più giovani candidati dei vari partiti italiani con lo scopo di approfondire ragioni, opinioni, proposte dei candidati, spesso alla prima esperienza a questo livello.
Brando Benifei, spezzino classe 1986, laurea in giurisprudenza all'Università di Bologna, è uno dei più giovani candidati alle elezioni europee del prossimo 25 maggio nella circoscrizione Nord Ovest, il più giovane in assoluto nelle fila del Partito Democratico. I suoi 28 anni sono accompagnati da un'esperienza politica, nazionale ed internazionale, molto varia: infatti, Benifei nel 2009 è stato nominato Responsabile Europa dei Giovani Democratici ed eletto Vicepresidente di ECOSY, che oggi si chiama YES, la formazione giovanile del Partito Socialista Europeo, PSE. In questa occasione, Benifei si candida con la duplice aspirazione di portare l'Europa nel territorio e, al contempo, riportare i giovani a credere nell'Europa.
Alla luce della cruciale importanza di queste elezioni europee che si svolgono in un momento critico per il destino dell'intero processo di integrazione, quali
sfide aspettano, a tuo avviso, il PSE nel futuro prossimo?
La
candidatura di Martin Schulz a presidente della Commissione Europea
rappresenta un passo avanti importante, che si è concretizzato
proprio grazie all'impulso del PSE, al quale gli altri partiti si
sono accodati proponendo i loro candidati. Se Schulz sarà eletto,
sarà necessario lavorare per sostenere la sua azione politicizzando
ulteriormente il dibattito nel Parlamento Europeo, con la formazione
di una vera maggioranza a sostegno del presidente della Commissione.
Nel prossimo futuro occorre, inoltre, intensificare l'integrazione
fra i partiti nazionali e accrescere il ruolo del PSE; introducendo,
per esempio, la possibilità per i singoli di iscriversi direttamente
al partito europeo.
Vista
la tua esperienza di primo piano nello YES, come lo descriveresti? E
come racconteresti la politica europea fatta dai giovani?
E'
una realtà molto interessante, dove si incontrano e interagiscono
culture ed esperienze diverse, una realtà che si è fatta promotrice
di proposte importanti come la Garanzia Giovani. Sul piano europeo la
rappresentanza dei giovani è molto importante in quanto sono tra i
soggetti che sperimentano maggiori difficoltà in questo periodo
(disoccupazione, precariato) e, a livello europeo, esistono margini
per agire e migliorare la situazione.
Questa
Europa in difficoltà ha bisogno di maggiore integrazione che non
può che venire dai giovani. Purtroppo però, la maggior parte degli
under 30 pensa all’UE solo quando si parla di finanziamenti (vedi
l’Erasmus): come andare oltre a questa situazione per creare una
cultura pienamente europea?
Bisogna
valorizzare i contributi dell'associazionismo, soprattutto di quella
parte di essa vocato allo sviluppo di una sensibilità europea,
fortemente presente in Italia. Trovo inoltre utile lavorare nelle
scuole, promuovere un'informazione più adeguata sulle questioni
europee e aumentare le occasioni di dibattito.
L’altra
faccia della mancanza di integrazione è l’avanzata dei populismi.
Il nuovo Parlamento europeo, per forza di cose avrà una forte
componente anti-sistema. Come si immagina la nuova legislatura? E
soprattutto, come rispondere a questa pars
destruens?
L'avanzata
dei populismi -non bisogna nasconderselo- avviene anche per
responsabilità dei molti limiti dell'Europa attuale. Le politiche di
austerità promosse su impulso dei governi a guida conservatrice, il
carattere tecnocratico delle istituzioni europee, la distanza dai
cittadini: tutto questo ha creato una, sempre maggiore, disaffezione
nei confronti di questa Europa. La presenza delle forze euroscettiche
e populiste costituirà, senza dubbio, una sfida per la prossima
legislatura, a cui bisogna rispondere approfondendo l'integrazione
europea ma mutando decisamente rotta rispetto al passato. Ciò sarà
possibile puntando ad una maggiore legittimazione democratica delle
istituzioni e un profondo cambiamento nelle politiche economiche
dell'Unione.
L’altra
sfida che aspetta l’Europa è la politica estera. Bagliori di una
politica estera comunitaria si iniziano a vedere, come ad esempio
nella crisi ucraina. Come si deve porre, dunque, l’UE nei
confronti dei paesi ex-sovietici e del sud del Mediterraneo?
L'Unione
Europea deve essere in grado di giocare un ruolo più importante e
unitario nello scacchiere internazionale. Certo, questo ruolo
dev'essere esercitato con uno stile adeguato, che non esprima
pulsioni imperialistiche ma punti piuttosto sull'esercizio del soft
power e
della capacità di mediazione che costituisce un patrimonio
importante dell'Unione. Questa deve esercitarsi nel Mediterraneo e
nel Medio Oriente in riferimento all'annoso problema del conflitto
israelo-palestinese. Occorre poi aiutare i nuovi regimi usciti dalla
“primavera araba” a completare la transizione presentandosi
contemporaneamente come partner economici e di sviluppo. Per quanto
riguarda l'Est Europa, bisogna evitare un atteggiamento di
contrapposizione speculare a quello russo che porti a
un'intensificazione del conflitto e alla riproposizione di un clima
da “guerra fredda”.
L'ex premier Enrico Letta in una conferenza a Parigi ha detto che il problema principale
dell’UE negli ultimi anni è la mancanza di una visione globale e
degli obiettivi precisi (che, invece avevano portato ai successi
degli anni 80). Dunque, come vede l’Europa nel 2024? Quali sono i
traguardi da raggiungere di qui a 10 anni?
L'iniziativa
legislativa per il Parlamento Europeo in modo che i cittadini abbiano
più voce in capitolo sulle decisioni dell'Unione, una Banca Centrale
Europea prestatrice di ultima istanza per contenere gli attacchi
speculativi, una Commissione Europea che sia un vero governo
dell'Europa con la fiducia del Parlamento, una politica europea fatta
da veri partiti dove differenze, progetti alternativi e leadership
contrapposte siano più chiare e comprensibili per tutti i cittadini.
Si
parlava prima di integrazione e cultura europea. Per ragioni
anagrafiche, però, ciò riguarda solo generazione Erasmus, quella
che “è più veloce fare Milano-Londra, che Milano-Trapani”.
Tuttavia c’è una parte consistente della popolazione che l’Europa
non la vive. E allora, come spiegare l’Europa a chi la vede come
qualcosa di intangibile (o meglio, tangibile solo quando si parla di
austerity)?
Si
può fare riferimento ai numerosi traguardi e benefici che sono stati
raggiunti attraverso l'Unione Europea. Inoltre bisogna far
comprendere come in realtà le dinamiche europee, anche se poco
visibili ai cittadini, hanno un profondo effetto concreto nella vita
di tutti i giorni. La capacità di spendere i fondi europei, per
esempio, può fare la differenza per l'economia di una regione. Si
tratta di ambito in cui l'Italia ha spesso difficoltà e che richiede
un'attenta programmazione, ma che può produrre effetti positivi per
tutti qualora sia ben sfruttato.
Angela Caporale (@puntoevirgola_) e Roberto Tubaldi (@RobertoTubaldi)
Photo Credits: Facebook e http://www.brandobenifei.it/
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