Sarà la nebbia, sarà il freddo, sarà questo maggio a tratti inusuale. Quel che resta del giorno non è propriamente una novità (è del 1989), ma senz’altro è un libro adatto a questo clima.
Una storia “bella e crudele”, la definisce Salman Rushdie, elegantissima, compassata ma allo stesso tempo piena di irrazionali paure. Una narrazione intrisa di un rimpianto senza sollievo, immersa nella nebbiosa campagna inglese. Curioso che l’autore, un giapponese (seppur trapiantato in Inghilterra), abbia saputo creare un romanzo che potremmo definire “più inglese degli inglesi
stessi”: leggere per credere.
Una storia “bella e crudele”, la definisce Salman Rushdie, elegantissima, compassata ma allo stesso tempo piena di irrazionali paure. Una narrazione intrisa di un rimpianto senza sollievo, immersa nella nebbiosa campagna inglese. Curioso che l’autore, un giapponese (seppur trapiantato in Inghilterra), abbia saputo creare un romanzo che potremmo definire “più inglese degli inglesi
stessi”: leggere per credere.
Mr Stevens, un maggiordomo irreprensibile, che ha dedicato la sua vita al lavoro presso la sontuosa residenza di Darlington Hall, in occasione di qualche giorno di libertà trova il tempo per un viaggio in automobile dall’Oxfordshire fino in Cornovaglia (siamo nel 1956), allo scopo di incontrare di nuovo una sua collega governante, Miss Kenton, con cui ha condiviso anni e anni di servizio. Sebbene Stevens si sforzi di giustificare il suo viaggio con motivazioni di carattere professionale, appare evidente che, dietro l’impenetrabile scorza di impeccabile eleganza e dignità, nasconde un animo tormentato e inquieto, e che è spinto a incontrare Miss Kenton da motivazioni forse più profonde. Durante il tragitto Mr Stevens annota lunghe pagine di diario piene di ricordi di un’età che non tornerà più, in cui il lettore riconoscerà senz’altro vari indizi di una personalità profondamente chiusa ma, dettaglio importantissimo, solo all’apparenza fredda. Mr Stevens si rende conto che probabilmente ha sacrificato la sua vita al lavoro, a quell’ideale astratto di “dignità” a cui dedica così tante riflessioni al limite del filosofico. L’incontro con Miss Kenton, nel quale entrambi sono consapevoli che non si rivedranno mai più (pur non rivelandolo apertamente), è suggellato dalla malinconia, dal rimpianto e dal ricordo del tempo passato assieme, con l’adombrato sospetto che la loro vita avrebbe potuto essere diversa se solo Mr Stevens fosse stato un po’ meno freddo e si fosse aperto al sentimento che, pare di leggere tra le righe, Miss Kenton ha provato per lui per lunghi anni.
Assolutamente degno di nota è lo straordinario stile del romanzo: il diario di Mr Stevens rivela con
il solo stile di scrittura tante informazioni quante i fatti narrati, se non di più. Lo stile ossessivamente puntiglioso di Mr Stevens corrisponde esattamente, con le sue esitazioni, reticenze
ed innegabili ricercatezze, al carattere del personaggio.
Assolutamente degno di nota è lo straordinario stile del romanzo: il diario di Mr Stevens rivela con
il solo stile di scrittura tante informazioni quante i fatti narrati, se non di più. Lo stile ossessivamente puntiglioso di Mr Stevens corrisponde esattamente, con le sue esitazioni, reticenze
ed innegabili ricercatezze, al carattere del personaggio.
Merita una menzione particolare l’omonimo – e splendido – film che da questo libro è stato tratto, con gli impareggiabili Emma Thompson e Anthony Hopkins come protagonisti.
Un libro che ribalta la solita e – diciamolo – un po’ trita visione delle storie d’amore dalla consueta trama “incontro – innamoramento – ostacolo – superamento – lieto fine” per regalare una visione forse più pessimistica, ma indubbiamente più reale di un incontro mancato, di cui entrambi si rendono conto ma che nessuno ammette all’altro. Ma, cosa forse più importante, lo ammettono con se stessi?
Un libro che ribalta la solita e – diciamolo – un po’ trita visione delle storie d’amore dalla consueta trama “incontro – innamoramento – ostacolo – superamento – lieto fine” per regalare una visione forse più pessimistica, ma indubbiamente più reale di un incontro mancato, di cui entrambi si rendono conto ma che nessuno ammette all’altro. Ma, cosa forse più importante, lo ammettono con se stessi?
Alessio Venier
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