Poco più di un mese fa Berlino ha visto la nascita di un nuovo soggetto politico che fa discutere l’intera Germania, mettendo in discussione un pilastro della sua politica estera degli ultimi vent’anni: la moneta unica europea, l’Euro. Ebbene sì, “Alternativa per la Germania” colloca al centro della sua agenda “la dissoluzione della zona Euro”, argomentando che “non è necessaria una moneta comune per assicurare la pacifica unità dell’Europa”. Una moneta unica che, invece di unire il continente, “è fonte di sofferenze per gli europei”. Ritorno al Marco tedesco? “È un’opzione” secondo il leader del partito Bernd Lucke, un compito professore di macroeconomia dell’università di Amburgo.
In realtà l’abbandono della moneta unica non è l’unica questione
saliente per questa nuova formazione politica che ritiene necessaria una svolta
per un UE eccessivamente burocratizzata, centralizzata e scarsamente
concentrata sull’enfatizzazione del mercato unico.
Fin dalla scelta del nome appare chiara l’intenzione di porsi in antitesi rispetto alcune scelte compiute dal cancelliere Angela Merkel, come lo stanziamento di fondi ai paesi dell’Europa mediterranea, che, usando un eufemismo, non è stata molto apprezzata in patria. Queste posizioni, insieme ad espressioni di sfida nei confronti dei partiti e dei media tedeschi, gli sono valse il non invidiabile plauso da parte della principale formazione neonazista in Germania. Lucke si è affrettato a sottolineare come terminologie condivise (per esempio, “partiti di blocco” o “rieducazione multiculturale”) non siano sinonimo di idee condivise. Infatti “Alternativa per la Germania” si autodefinisce come una formazione dall’approccio non-ideologico e tra i suoi membri, che in poche settimane hanno raggiunto quota diecimila, vede una forte prevalenza di soggetti con un notevole background culturale. Molti possiedono anche trascorsi nella scena politica tedesca e sono frutto di una migrazione da altri partiti, in parte dalla CDU di Angela Merkel (tra i quali lo stesso Lucke) e dai loro cugini bavaresi della CSU ma, soprattutto, dai liberali del FDP, alleati della CDU al governo e da sempre i più sensibili ai grandi interessi finanziari ed industriali.
Ad oggi i sondaggi stimano che difficilmente questo partito
riuscirà, alle elezioni del settembre prossimo, a superare la fatidica soglia
di sbarramento del 5% necessaria per ottenere la rappresentanza al Bundestag,
il parlamento tedesco. Ma la partita è ancora lunga per questa neonata
compagine, che ha qualche carta da giocare. Una di queste è appunto la
crescente impopolarità della moneta unica in Germania. All'incirca un quarto
della popolazione si dice insoddisfatto dell’Euro. In realtà fin dal principio l’opinione
pubblica teutonica nutriva un certo scetticismo nei confronti dell’Euro e
manteneva un forte attaccamento al Marco, moneta che nella Germania Ovest aveva
garantito decenni di ininterrotta crescita economica. Tuttavia le élites
politiche tedesche hanno imposto dall'alto questo passaggio e i buoni risultati
dell’operazione, in termini di benessere prodotto e di crescita economica,
hanno tacitato le perplessità e non hanno permesso la coagulazione di
sentimenti contrari all'Euro in organizzazioni politiche. La crisi finanziaria,
economica e soprattutto, a mio avviso, istituzionale che sta falcidiando la
zona Euro sta facendo però vacillare la monolitica fiducia tedesca riguardo
alla costruzione Europea. Si sta materializzando in Germania un vuoto nel panorama
politico che, vista l’incrollabile avversione della totalità delle forze
politiche presenti nel parlamento per qualunque forma di euro-scetticismo e di
populismo, potrebbe essere proprio riempita da “Alternativa per la Germania”.
Per di più, questo partito, sebbene gli vengano attribuiti i
voti di una piccolissima porzione di elettorato, potrebbe costituire
eventualmente un ostacolo ad una rielezione di Angela Merkel al ruolo di cancelliere. Un suo exploit probabilmente
toglierebbe consensi al Partito Liberale, che fa parte dell’attuale governo di
coalizione, e che rischierebbe così di non ottenere la quota di voti necessaria
per ottenere seggi al Bundestag.
Questo clima di sfiducia interna nei confronti dell’Euro,
un’opinione pubblica che non ha visto di buon occhio la concessione di prestiti
a stati considerati inefficienti e spreconi (e che non considera che tali aiuti
servono proprio a questi paesi per ripagare i debiti contratti con le incaute
banche tedesche) e le elezioni
incombenti credo che possano avere un enorme impatto sull’atteggiamento del
governo tedesco negli imminenti meeting e consigli europei. Sinceramente mi
sembra inimmaginabile un mutamento nella tetragona posizione tedesca fatta di
austerità e di rigidità sui conti
pubblici. Credo che Angela Merkel sia ben consapevole del fatto che ogni
segnale di cedimento e di debolezza sul fronte dell’UE potrebbe costarle un calo di popolarità e una conseguente sconfitta
elettorale.
Penso dunque che prossimamente il calcolo politico prevarrà sul buon senso, a scapito del tanto vituperato Enrico Letta, a cui va dato quanto meno il merito di aver finalmente compreso la centralità (forse ancor più di Monti e del suo girovagare per il mondo alla ricerca di buoni samaritani che investissero in Italia) del tavolo europeo per la risoluzione della recessione economica in Italia. Quindi purtroppo per noi. Quindi purtroppo per Spagna, Grecia e Portogallo (e neanche gli altezzosi francesi sembra che se la passino troppo bene stando alle recenti rilevazioni). Quindi purtroppo per l’Europa.
Valerio Vignoli
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