“L’euro titanic ha ormai colpito
l’iceberg e non ci sono abbastanza scialuppe di salvataggio per
salvarsi”
“L’Unione Europea è la nuova
Unione Sovietica”.
Chi ha pronunciato queste due frasi?
No, non è un disoccupato greco che manifesta nel porto del Pireo.
Nemmeno un adolescente spagnolo esasperato dalla crisi e dalla
mancanza di prospettive. State pensando a Beppe Grillo? Fuochino, ma
non è nemmeno lui. Queste parole sono uscite recentemente dalla
bocca di un distinto cinquantenne inglese dall’aria bonaria di nome
Nigel Farage, di professione leader del UKIP (United Kingdom
Independence Party); partito populista, anti-europeista,
anti-establishment e anti-immigrazione. È balzato qualche giorno fa
agli onori della cronaca britannica, ma non solo, grazie ad uno
sbalorditivo risultato in una tornata di elezioni locali. Ma non è
il primo successo politico di Mr. Farage, visto che alle Elezioni
Europee del 2009, alle quali si è presentato con un programma a
favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione (paradossale no?),
si è issato al secondo posto tra i partiti britannici, superando di
qualche manciata di voti lo storico partito Laburista. Insomma il
ciclone dell’opposizione all’Europa fatta solo di austerità
oltrepassa la manica e si abbatte su Londra, dove da sempre
l’euroscetticismo è galoppante nell’opinione pubblica e in cui
la “questione europea” continua a dividere internamente
Conservatori e Laburisti.
Ex uomo da affari, rassicurante,
gioviale e sempre con una pinta di birra in mano, Farage abbandona il
Partito Conservatore in aperta polemica sulla decisone dell’allora
Primo Ministro John Mayor di ratificare il trattato di Maastricht nel
’92. A questo punto intraprende una nuova avventura diventando
membro fondatore dell’ UKIP. Tuttavia i primi passi del partito
sono molto difficili e la strada sembra lastricata di ostacoli. I
principali media britannici non dedicano grande attenzione al nuovo
movimento, anche per una sorta di sospetto e circospezione nei
confronti della radicalità delle loro proposte (vi ricorda
qualcuno?). Nel 1999, dopo i fallimenti nelle Elezioni Europee del
‘94 e in quelle per Westminster del medesimo anno, viene eletto
come membro del Parlamento Europeo in un collegio del sud-est
dell’Inghilterra dove sarà confermato nel 2004 e anche nel 2009.
Nel 2010 ritenta il colpaccio alle elezioni generali dove, nonostante
circa un milione di preferenze, non ottiene alcun seggio.
A differenza del nostrano Movimento 5
Stelle l’ UKIP è un partito marcatamente di destra e di
ispirazione palesemente liberista, come denuncia il programma
presente nel loro sito web. Esso rievoca per tanti aspetti la visione
politica neoliberista e patriottica della da poco defunta Mrs
Thatcher, mescolandola con un rinnovato ostracismo nei confronti
delle istituzioni di Bruxelles. Queste sono accusate dell’eccessiva
pressione fiscale, della svalutazione della sterlina, dello
scadimento della legislazione inglese e di sottrarre sovranità al
parlamento britannico (quarantennale argomentazione anglosassone
contro un maggiore coinvolgimento nell’Unione Europea), degli
insostenibili flussi migratori e altro ancora. Così, tanto per non
farci mancare niente nell’armamentario di un perfetto partito
ultra-conservatore, iper-tradizionalista, affetto da anacronistica
nostalgia da impero e un tantino qualunquista, l’UKIP sostiene la
necessità di mantenere l’ arsenale atomico e al contempo stila una
dettagliata e raccapricciante lista di politiche per contrastare
qualunque minaccia al suolo britannico (dal cyberterrorismo alle
guerre su vasta scala, della serie “God Save the Queen!”) e
ripudia il matrimonio tra individui dello stesso sesso. Un film già
visto nel Regno Unito ma che ai botteghini di sua maestà dà sempre
i suoi frutti, specialmente in un momento di diffusa insoddisfazione
nei confronti della classe dirigente politica , dei suoi privilegi
(non molti in comparazione con i nostri lussuriosi e costosissimi
governanti) e delle sue malefatte (recentemente il Partito
Conservatore è stato sconvolto dalle accuse di pedofilia ad alcuni
dei suoi esponenti).
La principale ricaduta politica
dell’exploit elettorale dell’UKIP potrebbe essere il ritorno del
Partito Conservatore, in calo nei sondaggi, a posizioni più estreme
sull’Europa e sull’immigrazione, che erano state relegate al
passato dalla nomina a leader del Primo Ministro David Cameron. È
piuttosto indicativo il suo nuovo atteggiamento nei confronti del
popolo di Farage. Fino a poco tempo fa gli riservava il non
esattamente lusinghiero appellativo di “fruitcakes”(in gergo:
pazzi, svitati) mentre da qualche giorno sono diventati, con un
voltafaccia da politicante consumato, “elettori che sarebbe sciocco
continuare a non prendere in considerazione”. Ovviamente tutto ciò
inciderebbe, e non poco, sul rapporto tra UE e Regno Unito, già
incrinato dall’allontanamento dei Conservatori al governo dal
Partito Popolare Europeo e l’approdo in una formazione che riunisce
partiti euro-scettici provenienti dall’ Est Europa e da un’assoluta
riluttanza britannica ad aumentare l’ammontare del Budget Europeo,
che ha portato ad una soluzione di compromesso al ribasso.
In conclusione,
il successo di Farage potrebbe costringere il governo Cameron a
predisporre delle leggi per rendere realtà quella che sembrava una
becera trovata populista, mirata ad ottenere popolarità interna e
qualche vantaggio in sede negoziale: il referendum popolare per la
permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea nel 2017 (data
in cui non si sa nemmeno se i conservatori saranno ancora al
governo). Quindi Bruxelles dovrebbe essere alquanto preoccupata
dall’avanzata di questo movimento anti-europeista poiché la Gran
Bretagna è un partner che, sebbene mantenga un approccio pragmatico
e talvolta neghittoso, rimane economicamente esiziale per la
prosperità dell’Unione. Una bella grana insomma. Intanto il nostro
amico Nigel Farage al pub continua a sorseggiarsi, sempre più
gaudente, la sua birra.
Valerio Vignoli
Di seguito il video del discorso
contente la seconda citazione, pronunciato alla luce della decisione
presa dalla troika di attingere ai conti correnti dei cittadini per
salvare il derelitto sistema bancario cipriota.
Nessun commento:
Posta un commento