La crisi in
Ucraina sta prendendo le sembianze di uno degli eventi più
pericolosi che l’Europa abbia vissuto dalla fine della Seconda
Guerra Mondiale e questo è accertato dalla presenza della
Cancelliera Merkel e del Presidente Hollande a Minsk lo scorso 12
febbraio.
Proprio il fatto che due dei paesi che
trainano la politica europea abbiano deciso di “metterci la faccia”
fornisce la misura di quanto la crisi nell’ex regione sovietica sia
al centro dell’agenda europea ed anche mondiale. Come se questo non bastasse, a dare
l’idea del peso delle decisioni che sono state prese nella capitale
della Bielorussia è stata la durata dell’incontro (più di sedici
ore), le foto che sono state diffuse in questi giorni dai quotidiani
di tutto il mondo che ritraevano gli abbracci tra Poroshenko e
Lukaschenko, la penna spezzata per la tensione da Putin e
l’imbarazzante aperitivo che non è stato consumato dai quattro
partecipanti all’incontro. Dopo una lunga notte di negoziati si è
però arrivati ad un nuovo cessate il fuoco che ha visto anche
l’accordo dei separatisti filorussi. L’intesa assomiglia a quella
dello scorso settembre che tuttavia non era stata rispettata.
Come primo punto, è stato fissato il
cessate il fuoco a partire da domenica 15 febbraio, con il ritiro
dell’artiglieria pesante e la formazione di una zona di sicurezza
di 50 km il tutto sotto il controllo dell’OSCE, l’organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione europea.
Al termine dei negoziati la Cancelliera
Merkel ha dichiarato senza troppo ottimismo che “ora c’è una
piccola speranza”, il meeting di Minsk ha sicuramente inaugurato un percorso di pace, ma ad un’analisi
attenta appaiono diverse questioni che rimangono ancora oscure.
I punti più scottanti sono certamente
la riforma costituzionale che l’Ucraina dovrà compiere e il
conseguente destino delle zone del sud-est del paese, insieme alla
fornitura di un prestito di 40 miliardi di dollari da parte del Fondo
Monetario Internazionale a Kiev.
La riforma costituzionale è di estrema
importanza perché dovrà stabilire il grado di indipendenza che verrà
dato alle regioni di Donetsk e Lugansk, oltre al modo in cui verrà
distribuito il potere. Un'altra questione spinosa è l'accentramento delle
istituzioni: si dovrà trovare una posizione di compromesso dato che i filorussi chiedono una federalizzazione dell’Ucraina, mentre la posizione
filogovernativa rimane schierata per una semplice decentralizzazione.
Trovare un accordo sull’assetto politico di un paese è un’impresa
ardua anche per le democrazie più consolidate e nel caso
dell’Ucraina giocano fattori esterni che influenzano ed acuiscono
le posizioni delle due fazioni: l’appoggio incontrastato di Putin
ai separatisti e dall’altra parte un Occidente sempre più
partecipe delle sorti dell’Ucraina.
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I
prestiti che il Fondo Monetario Internazionale stanzierà sono un
elemento importante da considerare, dato che questa politica rientra nella più
ampia cornice della Condizionalità che prevede di fornire aiuti
economici in cambio di riforme in senso democratico. La questione è
ancora da definire perché il Board del FMI deve ancora decidere sul
se e quando (e quanto), ma questa posizione da “Washington
Consensus” potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio in un
momento in cui si stanno testando i nervi della Russia. La questione
dei prestiti è legata a quella politica in cui l’Occidente tutto,
ma in particolare l’UE, è impegnata a trainare l’Ucraina in una
serie di riforme che le permetterebbero di svincolarsi dal giogo russo e guardare verso Ovest.
Quello che possiamo dedurre
dall’incontro di Minsk è che si sta giocando una partita
importante in Europa, un gioco di forze che è anche legato alla
fiducia che i quattro attori di Minsk hanno riposto nel rispetto dei
punti negoziati tanto duramente. Dal punto di vista dell’Unione
Europea l’accordo di pace testimonia come nelle situazioni
d’emergenza siano ancora gli Stati, ed in particolare i loro capi
di stato, ad intervenire in prima persona relegando gli organi di
competenza come l’Alto Rappresentante per gli affari esteri ad un
ruolo di “ordinaria amministrazione”.
La crisi in Ucraina è attualmente la
questione più urgente e delicata nel panorama europeo ed è giusto
che si utilizzino i mezzi diplomatici più efficaci come il rapporto
interpersonale tra i capi di stato, tutto è lecito per portare
avanti la lunga e tortuosa strada del processo di pace nell’Est
europeo.
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