Delle persone sono
state ammazzate a colpi di kalashnikov perché a qualcuno non
piacevano i loro disegni.
Messa giù semplice
semplice, è la descrizione accurata di ciò che è accaduto la
mattina del 7 gennaio a Parigi.
A caldo, mi sono sentito
ferito nel profondo, neanche ci fossi stato io, nella redazione di
Charlie Hebdo. Ho letto la notizia la mattina, quando le
informazioni erano poche e ancora non era chiaro cosa stesse
succedendo. Man mano che la situazione diventava chiara, ha iniziato
a salirmi l’angoscia.
Delle persone sono
state ammazzate a colpi di kalashnikov perché a qualcuno non
piacevano i loro disegni.
Quando ero ragazzo,
disegnare fumetti era il mio sogno più grande: poi, non avendo la
costanza necessaria a portare avanti questa passione, mi sono messo a
scrivere (non che a scrivere ce ne voglia meno, ma concede più
libertà). I fumetti, però, restano uno dei grandi amori della mia
vita (e col fumetto francese ho un legame particolare, avendo vissuto
in Francia per qualche mese da piccolo). Quindi mi sono sentito
colpito nel profondo.
Charlie Hebdo è
una colonna della satira francese, e tenete presente che in Francia
il fumetto ha un valore letterario infinitamente superiore a quello
che ha in Italia, dove nonostante vari saggi ed esperti si siano
espressi in suo favore i fumetti restano ancora “roba da
ragazzini”. Charlie Hebdo, però, non sforna solo capolavori: la
sua satira è spesso tagliente, quando non addirittura violenta, ma
spesso è anche banale mestiere e nulla più (e a volte, diciamolo
pure, non fa nemmeno ridere). Questo per farvi capire di cosa stiamo
parlando, visto che, molto verosimilmente, la maggior parte dei
molteplici “Je Suis Charlie” spuntati come i funghi dopo
la pioggia d’ottobre Charlie Hebdo non l’aveva mai letto e prima
dell’altro ieri non sapeva neanche che esistesse, o addirittura
l’aveva criticato per le sue vignette sul cristianesimo (già,
perché ne avevano per tutti, non si dedicavano certo a sbeffeggiare
l’Islam in esclusiva).
Questo evento ha fatto
esplodere dibattiti su questioni diverse: principalmente, la
libertà d’espressione e l’integrazione. Entrambi,
però, sono in realtà dibattiti sterili: gli assassini erano
estremisti religiosi, non soggetti con cui dialogare. È la classica
partita a scacchi col piccione: puoi fare tutte le strategie e
le mosse raffinate che vuoi, ma lui continuerà a ribaltare i pezzi e
cagare sulla scacchiera. Allo stesso modo, è inutile parlare di
libertà di espressione quando ci si rapporta a persone che si
ritengono in dovere di sparare a della gente che fa i disegnetti (e
quei disegnetti hanno “urtato la loro sensibilità”), e
soprattutto è inutile parlare di integrazione perché delle persone
di questa o quella fede o ideologia hanno sparato a della gente nel
centro di Parigi: sono persone che non vogliono integrarsi, vogliono
solo avere ragione. Non sono loro gli interlocutori per le questioni
di integrazione.
È interessante, invece,
che più di qualcuno dica che, in fondo, quelli di Charlie Hebdo “se
la sono cercata”. È interessante anche che qualcuno dica che
le vignette di Charlie Hebdo fossero effettivamente offensive e poi
taccia quando Roberto Fiore, Matteo Salvini o Marine Le Pen lanciano
le loro invettive anti-europeiste e razziste addosso a tutti noi,
soprattutto considerato che Charlie Hebdo è un giornaletto satirico,
mentre i tre simpaticoni succitati si candidano a governare dei Paesi
democratici. Se c’è libertà di espressione c’è per tutti, e io
non mi sogno neanche di andare a dire a Fiore, Salvini o Le Pen che
devono tacere o che “se la stanno cercando”.
Il punto è che la
libertà di espressione ci consente (ci dovrebbe consentire, avrebbe
dovuto) di “andarcela a cercare” senza temere che entrino dei
tizi incappucciati e ci falcino a raffiche di kalashnikov: ma il
piccione, tac, fa cadere i pezzi sulla scacchiera.
Quando, nel 2011, un
altro fondamentalista religioso, Anders Breivik, ha falciato
quaranta ragazzi in Norvegia, il premier norvegese, Jens Stoltenberg,
ora anche segretario generale della NATO, ha affermato che avrebbe
reagito con “più democrazia, più apertura e più diritti”. Ed è
quello che dovremmo sperare tutti che venga fatto adesso, senza
cedere alle vergognose provocazioni dei tre signori succitati.
Equiparare tutto l’Islam agli assassini di Parigi equivale a
equiparare il cristianesimo ad Anders Breivik: è sbagliato e
stupido.
Io non sono
Charlie Hebdo (anche se attualmente la mia immagine profilo sostiene
il contrario), perché al loro posto probabilmente avrei avuto paura,
e adesso ne avrei ancora di più: è per questo che tutto mercoledì
ho avuto un groppo in gola, è per questo che ancora oggi sono
incazzato come una bestia per le reazioni idiote (in particolare dei
miei connazionali): perchè delle persone sono morte per quello in
cui credevano, anche se quello in cui credevano era fare disegnetti
in cui mandavano affanculo il mondo intero.
Rire,
bordel de Dieu
Peins
un Mahomet glorieux, tu meurs.
Dessine un Mahomet rigolo, tu meurs.
Gribouille un Mahomet ignoble, tu meurs.
Réalise un film de merde sur Mahomet, tu meurs.
Tu résistes à la terreur religieuse, tu meurs.
Tu lèches le cul aux intégristes, tu meurs.
Pends un obscurantiste pour un abruti, tu meurs.
Essaie de débattre avec un obscurantiste, tu meurs.
Il n’y a rien à négocier avec les fascistes.
La liberté de nous marrer sans aucune retenue, la loi nous la donnait déjà, la violence systématique des extrémistes nous la donne aussi.
Merci, bande de cons.
Dessine un Mahomet rigolo, tu meurs.
Gribouille un Mahomet ignoble, tu meurs.
Réalise un film de merde sur Mahomet, tu meurs.
Tu résistes à la terreur religieuse, tu meurs.
Tu lèches le cul aux intégristes, tu meurs.
Pends un obscurantiste pour un abruti, tu meurs.
Essaie de débattre avec un obscurantiste, tu meurs.
Il n’y a rien à négocier avec les fascistes.
La liberté de nous marrer sans aucune retenue, la loi nous la donnait déjà, la violence systématique des extrémistes nous la donne aussi.
Merci, bande de cons.
Charb,
15 ottobre 2012
[qui la traduzione]
Guglielmo De Monte
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