Nel 2010 la Grecia fu la miccia che accese la devastante crisi economica che colpì il continente europeo, divenendo anche la prima cavia a sperimentare le dolorose politiche di austerità imposte dalla Troika con l’appoggio della Germania merkeliana. Ora, a distanza di 5 anni, sempre il paese ellenico potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel cambiamento radicale che moltissimi cittadini greci ed europei si attendono, una sfida reale lanciata all’Europa della tecnocrazia e del risanamento dei conti.
Domenica i greci saranno chiamato a scegliere alle urne chi guiderà il governo della nazione, e lo spauracchio che agita i sogni di molti greci, ma soprattutto dell’Unione Europea si chiama Alexis Tsipras. Lui e Syriza sono considerati i favoriti per la vittoria finale, secondo gli ultimi sondaggi che li posizionano al primo posto con il 37% delle preferenze, quasi 5 punti di vantaggio rispetto al partito di centro-destra Nea Demokratia. Tsipras, in caso di vittoria, potrebbe anche ottenere la maggioranza assoluta dei seggi al parlamento greco, cosa che gli spianerebbe la strada per attuare in assoluta libertà e senza vincoli con altre formazioni politiche, di attuare le riforme radicali che lui ha in mente.
Prima fra tutte, la rinegoziazione del debito pubblico greco, aprendo un braccio di ferro con Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e BCE. Porre fine al commissariamento che la Grecia ha dovuto subire in questi anni, pagando costi esorbitanti, smantellando il tessuto economico e industriale, e gettando migliaia di persone in terribili condizioni di indigenza, è l’obbiettivo massimo del leader politico del momento. Si tratterebbe di un cambiamento radicale che metterebbe in discussione le gerarchie del potere in Europa, e potrebbe creare una sorta di effetto domino anche negli altri paesi del sud Europa scossi dalla recessione, e nelle nazioni dove soffia forte il vento della protesta contro Bruxelles.
Sono già partiti cori di allarmismo contro un’eventuale vittoria di Tsipras, a cominciare dal premier uscente Samaras, il quale ha evocato lo spettro di una trasformazione della Grecia in una nuova Corea del Nord, con tanto di culto della personalità dei riguardi di questa nuova “divinità comunista”. Il presidente della Commissione Europea Juncker poi ha subito esclamato che, chiunque sarà al governo lunedì prossimo, dovrà rispettare gli impegni assunti. Quasi che con Tsipras si prospetti automaticamente il crollo dell’Eurozona. In realtà Syriza non sembra avere come obbiettivo l’uscita dall’Euro, anzi, la moneta unica non sembra vista all’origine di tutti i mali, e il partito ha improntato una linea di difesa dell’Unione Europea come istituzione capace di garantire i valori della democrazia in Europa. Piuttosto, quelle che dovrebbero essere cambiate sono le politiche scellerate di rigidità economica che in questo momento stanno dominando sul continente, dove sull’altare del risanamento dei conti pubblici sono stati sacrificati concetti come uguaglianza e la protezione del Welfare State. Tsipras sembra essere un europeista convinto, ma vorrebbe trasformare l’Europa in un posto dove uguaglianza e dignità delle persone siano messe al primo posto.
In questi tempi poi di euroscetticismo diffuso, la Grecia, insieme alla Spagna del fenomeno “Podemos”, rappresenta un eccezione: mentre in molti stati l’onda della protesta viene cavalcata da movimenti di destra nazionalisti e xenofobi, nel paese ellenico invece la sfiducia nelle istituzioni e nella classe dirigente viene incanalata nel voto ad un partito di sinistra. E proprio qua si crea un’altra sorprendente particolarità: molte persone del tradizionale bacino elettorale della destra sono intenzionate a votare Syriza domenica. Una scelta non dovuta solamente al fatto che Alba Dorata, il partito di estrema destra, sia stato falcidiato da inchieste giudiziarie che hanno portato all’incarcerazione di molti dei suoi dirigenti per associazione a delinquere, ma anche alla motivazione che molti elettori conservatori non hanno fiducia in Nea Demokratia, accusato di proteggere una classe dirigente e pochi oligarchi responsabili di aver condotto il paese nel baratro. Per loro votare a sinistra è diventato un "obbligo morale", la sola speranza di effettuare cambiamenti reali in Grecia. Una classe media ridotta in povertà che si ritrova a votare chi un tempo era considerato un avversario politico.
Sono gli stessi dirigenti di Syriza ad ammettere anche questo cambiamento nella geografia elettorale, e a dover prendere anche le distanze da clamorosi endorsement, come quello lanciato dalla leader del Fronte National Marine Le Pen, la quale si augura per il bene dell’Europa che arrivi una vittoria di Tsipras. Smarcamento dovuto al fatto che l’appoggio della Le Pen potrebbe dare nuova linfa ai detrattori che agitano lo spettro della catastrofe in caso di un governo di sinistra. La Grecia, da paese marginale nello scacchiere europeo, ormai è diventata l’ago della bilancia di cosa sarà o non sarà il futuro dell’UE. Il programma che propone Tsipras è notevolmente ambizioso e anche difficile in una sua ipotetica realizzazione, ma una sua vittoria potrebbe realmente cambiare gli scenari europei, con conseguenze difficili da prevedere. Molti ricordano anche come l’Europa permise la cancellazione di buona parte del debito pubblico alla Germania nel secondo dopoguerra, quindi si chiedono perché la stessa cosa non possa essere attuata con la Grecia. Se Tsipras vincerà, ci sono buone probabilità che una nuova partita prenderà avvio. Lui stesso giovedì, durante la chiusura della campagna elettorale, ha dichiarato: “ Oggi questi sono slogan, da lunedì saranno leggi dello Stato”. Anche gli elettori lo penseranno davvero?
Domenica i greci saranno chiamato a scegliere alle urne chi guiderà il governo della nazione, e lo spauracchio che agita i sogni di molti greci, ma soprattutto dell’Unione Europea si chiama Alexis Tsipras. Lui e Syriza sono considerati i favoriti per la vittoria finale, secondo gli ultimi sondaggi che li posizionano al primo posto con il 37% delle preferenze, quasi 5 punti di vantaggio rispetto al partito di centro-destra Nea Demokratia. Tsipras, in caso di vittoria, potrebbe anche ottenere la maggioranza assoluta dei seggi al parlamento greco, cosa che gli spianerebbe la strada per attuare in assoluta libertà e senza vincoli con altre formazioni politiche, di attuare le riforme radicali che lui ha in mente.
Prima fra tutte, la rinegoziazione del debito pubblico greco, aprendo un braccio di ferro con Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e BCE. Porre fine al commissariamento che la Grecia ha dovuto subire in questi anni, pagando costi esorbitanti, smantellando il tessuto economico e industriale, e gettando migliaia di persone in terribili condizioni di indigenza, è l’obbiettivo massimo del leader politico del momento. Si tratterebbe di un cambiamento radicale che metterebbe in discussione le gerarchie del potere in Europa, e potrebbe creare una sorta di effetto domino anche negli altri paesi del sud Europa scossi dalla recessione, e nelle nazioni dove soffia forte il vento della protesta contro Bruxelles.
Sono già partiti cori di allarmismo contro un’eventuale vittoria di Tsipras, a cominciare dal premier uscente Samaras, il quale ha evocato lo spettro di una trasformazione della Grecia in una nuova Corea del Nord, con tanto di culto della personalità dei riguardi di questa nuova “divinità comunista”. Il presidente della Commissione Europea Juncker poi ha subito esclamato che, chiunque sarà al governo lunedì prossimo, dovrà rispettare gli impegni assunti. Quasi che con Tsipras si prospetti automaticamente il crollo dell’Eurozona. In realtà Syriza non sembra avere come obbiettivo l’uscita dall’Euro, anzi, la moneta unica non sembra vista all’origine di tutti i mali, e il partito ha improntato una linea di difesa dell’Unione Europea come istituzione capace di garantire i valori della democrazia in Europa. Piuttosto, quelle che dovrebbero essere cambiate sono le politiche scellerate di rigidità economica che in questo momento stanno dominando sul continente, dove sull’altare del risanamento dei conti pubblici sono stati sacrificati concetti come uguaglianza e la protezione del Welfare State. Tsipras sembra essere un europeista convinto, ma vorrebbe trasformare l’Europa in un posto dove uguaglianza e dignità delle persone siano messe al primo posto.
In questi tempi poi di euroscetticismo diffuso, la Grecia, insieme alla Spagna del fenomeno “Podemos”, rappresenta un eccezione: mentre in molti stati l’onda della protesta viene cavalcata da movimenti di destra nazionalisti e xenofobi, nel paese ellenico invece la sfiducia nelle istituzioni e nella classe dirigente viene incanalata nel voto ad un partito di sinistra. E proprio qua si crea un’altra sorprendente particolarità: molte persone del tradizionale bacino elettorale della destra sono intenzionate a votare Syriza domenica. Una scelta non dovuta solamente al fatto che Alba Dorata, il partito di estrema destra, sia stato falcidiato da inchieste giudiziarie che hanno portato all’incarcerazione di molti dei suoi dirigenti per associazione a delinquere, ma anche alla motivazione che molti elettori conservatori non hanno fiducia in Nea Demokratia, accusato di proteggere una classe dirigente e pochi oligarchi responsabili di aver condotto il paese nel baratro. Per loro votare a sinistra è diventato un "obbligo morale", la sola speranza di effettuare cambiamenti reali in Grecia. Una classe media ridotta in povertà che si ritrova a votare chi un tempo era considerato un avversario politico.
Sono gli stessi dirigenti di Syriza ad ammettere anche questo cambiamento nella geografia elettorale, e a dover prendere anche le distanze da clamorosi endorsement, come quello lanciato dalla leader del Fronte National Marine Le Pen, la quale si augura per il bene dell’Europa che arrivi una vittoria di Tsipras. Smarcamento dovuto al fatto che l’appoggio della Le Pen potrebbe dare nuova linfa ai detrattori che agitano lo spettro della catastrofe in caso di un governo di sinistra. La Grecia, da paese marginale nello scacchiere europeo, ormai è diventata l’ago della bilancia di cosa sarà o non sarà il futuro dell’UE. Il programma che propone Tsipras è notevolmente ambizioso e anche difficile in una sua ipotetica realizzazione, ma una sua vittoria potrebbe realmente cambiare gli scenari europei, con conseguenze difficili da prevedere. Molti ricordano anche come l’Europa permise la cancellazione di buona parte del debito pubblico alla Germania nel secondo dopoguerra, quindi si chiedono perché la stessa cosa non possa essere attuata con la Grecia. Se Tsipras vincerà, ci sono buone probabilità che una nuova partita prenderà avvio. Lui stesso giovedì, durante la chiusura della campagna elettorale, ha dichiarato: “ Oggi questi sono slogan, da lunedì saranno leggi dello Stato”. Anche gli elettori lo penseranno davvero?
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