Come un giocatore di poker. Le mani passano e lui non osa.
Sembra passivo, rinunciatario, assente, tra le nuvole. Al tavolo tutti si
chiedono qual'è il suo piano, cosa gli passa per la testa. Le carte si
mescolano e rimescolano. Assi, donne, jack, coppie, tris, scale. Impassibile.
Sembra impassibile, spettatore non pagante nella partita. La notte avanza, le
palpebre vacillano, la concentrazione crolla. Ancora niente. Ancora un'altra
mano. Quella giusta, quella che conta di più di tutte le altre messe insieme.
Ed eccolo lì, l'outsider che, resuscita, emerge e va “all in”. Sguardi
attoniti. Si prende l'intero malloppo e se ne va.
Nessuno, ma proprio nessuno, era riuscito a carpire la
strategia di logoramento che da mesi il presidente del consiglio Enrico Letta
porta avanti.
Fonte: direttanews.it |
Quindi lasciamo andare le mani. Concessioni sui ministeri e sulle altre poltrone al PdL? Benissimo. Il caso Shalabayeva? Il governo e i suoi ministri, Alfano compreso, hanno fatto tutto il possibile. Nessun errore. La condanna di Berlusconi? “La legge va rispettata”. L'IMU? Discutiamone. Perché no? Si trovi un compromesso. Le minacce di far saltare il banco di falchi e pitonesse? Lasciate che parlino. Si va avanti. Renzi che scalpita? Una cena, quattro chiacchere e si sistema tutto. Nonostante il grilletto fosse sempre puntato sulla sua tempia e su quella del suo governo mostrava la tranquillità e l'imperturbabilità di un monaco Zen. Ecco sì. Un monaco Zen, i capelli radi, gli occhi piccoli, quasi orientaleggianti.
Mesi e mesi ad ingoiare i bocconi amari del Cavaliere, a
bere la cicuta, a sopportare la scomoda, improbabile, precaria ed innaturale
alleanza, attendendo il momento più propizio. Ancora una mano, Enrico, ancora
una mano. La politica, la politica italiana, è fatta di pazienza, tanta
pazienza. Lo sai bene, Enrico, hai avuto dei buoni maestri in questo senso. Il
successo si costruisce con la sagacia. Le piazze, ed i loro umori, si scaldano
in fretta e si raffreddano ancora più velocemente. Il palazzo resta. Resta
sempre. E il palazzo, come il banco, vince, vince sempre.
Fonte: polisblog.it |
È il tuo momento, Enrico. La mano è quella giusta. La balena
ha abboccato. Il Caimano, preso dalla sua bramosia, dalle sue smanie di
protagonismo, dal suo ego smisurato e dalla sua (sempre meno) lucida follia, ha
deciso di farla finita. Striglia i suoi. “Così non va, dimissioni generali!”
Non lo sa che il suo branco non è più compatto, tutto dalla sua parte. Non
suppone che nel frattempo, con perizia e dissimulazione, tu sei entrato dentro
la sua pelle e hai insinuato piccole crepe nel suo esercito. Non immagina
neanche lontanamente che ti sei lentamente conquistato il rispetto e la stima
dei suoi comandanti. Non sono più così assoggettati adesso. Che sia per senso
di responsabilità, per amor proprio o per tornaconto personale ora si vogliono
ribellare. Come operai che vanno in sciopero a danno del loro datore di lavoro.
Il cavaliere è distrutto dal tradimento, disarcionato dal suo destriero. Il suo
partito è diviso, lacerato. I suoi uomini rivendicano la loro autonomia decisionale
e dissentono. Le mani nei capelli per Silvio a coprire la delusione. Le rughe
che si increspano e si attorcigliano sul suo viso. La marcia indietro
necessaria che suona come una resa, come una batosta. Il governo Letta può
andare avanti, può proseguire la legislatura, ancora una volta. Sempre più
forte perché sempre uscito più o meno illeso dagli agguati che i suoi
numerosi nemici (fato compreso) hanno
provato a tendergli. Le larghe intese ormai sono antiproiettile, come
d'altronde il presidente del consiglio Letta. Sparare serve solo a sprecare
munizioni. A farsi del male da soli.
Era la mano giusta, Enrico. Lo sapevi, l'hai aspettata,
l'hai sfruttata. Sei andato “all in” e hai vinto la partita. Come un esperto e
navigato giocatore di poker, come un paziente monaco zen, come un oscuro
burattinaio, come il campione Garry Kasparov, come i bravi statisti
democristiani.
Valerio Vignoli
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