Elio e le Storie Tese
sono il miglior gruppo italiano attualmente (e con “attualmente”
intendo “negli ultimi 20 anni”) in circolazione. Pochi hanno
saputo interpretare le contraddizioni dell’Italia contemporanea,
del mondo giovanile, politico e musicale dei nostri tempi come loro.
Inoltre, pochi hanno saputo creare un tessuto sonoro variegato e
interessante come il loro, che prende spunto dalla musica pop di
tutto il mondo, per creare un proprio stile, riconoscibile come pochi
altri.
Con queste premesse, il
loro primo disco da 5 anni ha suscitato in me un febbrile entusiasmo,
alimentato dalla partecipazione devastante della band milanese a
Sanremo 2013, dove ha conquistato solo il secondo posto, intascandosi
però tutti i premi della critica, grazie a La Canzone Mononota,
divertissement virtuosistico da un lato e perfetta canzone pop
dall’altro. Il febbrile entusiasmo è stato anche alimentato dal
fenomenale singolo Complesso del Primo Maggio, raffinata ma
affilatissima presa in giro degli stereotipi del Concertone del Primo
Maggio (quello di Piazza San Giovanni a Roma), stereotipi peraltro
presenti al Concertone di quest’anno, a cui gli Elii hanno
partecipato.
Il 7 maggio, vivaddio, è
uscito il disco, L’Album Biango, citazione (spero di non
doverlo spiegare a troppi di voi) dei Beatles, e io ho l’ho
comprato (sì, compro i dischi, non li scarico e trovo deplorevole ma
comprensibile farlo). Il disco parte grosso, con i due pezzi
sanremesi, Dannati Forever e la già citata La Canzone
Mononota. Bene, bravi, bis. Il pezzo successivo, che si apre con
gli stessi adolescenti di Elio Samaga Hukapan Kariyama Turu a
colloquio, che si preparano a entrare in sala prove, nella nostalgica
Il Ritmo della Sala Prove. Un pezzo, come detto, nostalgico,
ma che non lascia il segno. Resto perplesso. Il pezzo successivo,
introdotto dalle esilaranti Lettere dal www, è probabilmente
il più aggressivo e divertente dell’album: è già stato
presentato nel tour 2012 della band e si intitola Enlarge (Your
Penis), rimando agli slogan di certe e-mail di spam o di certi
annunci su determinati siti (e chi vuole intendere, intenda). La
perplessità svanisce.
Il pezzo successivo,
Lampo, dalla descrizione del booklet, parte da un’ottima
premessa: l’odio verso i fotografi compulsivi di celebrità e
musicisti prima, durante e dopo i concerti, che “rompono le palle”
agli Elii (ma anche a me, e, sono certo, anche ad alcuni di voi). Il
brano, però, purtroppo, è mediocre: di certo nulla di nuovo sotto
il Sole, almeno non sotto il Sole creativo degli Elii. Sono di nuovo
perplesso. La perplessità continua sul pezzo successivo, Luigi il
Pugilista, che vuole aggiungere un personaggio surreale alla
lunga galleria degli Elii, della quale fanno parte Gimmi Ilpedofilo,
El Pube, Supergiovane, e tanti altri. La canzone, però, è
irrimediabilmente deludente (oltre che dolorosamente lunga).
Ulteriore perplessità insorge durante Una Sera con gli Amici,
facilmente dimenticabile. Inutile la parodia di Modugno in Amore
Amorissimo, che ha un po’ il problema di Lampo, ovvero
parte da una buona premessa, ma non arriva al punto. Con l’intro di
Il Tutor di Nerone l’ormai sopraggiunta noia viene meno per
un attimo, e in realtà il brano risulta piacevole, per quanto
comunque abbastanza scialbo dal punto di vista musicale.
Poi arrivano gli Area.
E uno dice: “ah.”
Perché gli Area sono gli
Area. Nonostante siano relegati a due minuti e mezzo di tempo, sono
semplicemente sfolgoranti. Il pezzo è nello stile Area più simile
al free jazz, ed è sostanzialmente un’improvvisazione delle loro.
Che bellezza.
Segue il pezzo Come gli Area,
che però non è “come gli Area”: al massimo, è “come Gioia
e Rivoluzione degli Area”. Intendiamoci, “Come gli Area” è
davvero un bel pezzo, tra i migliori del disco e all’altezza dei
migliori in assoluto degli Elii: ma gli Area sono un’altra cosa.
Gli Area sperimentano, gli Area esplorano, come Elio stesso dice
nella canzone. Gli Elii, in Come gli Area, no. Peccato,
un’occasione sprecata per un gruppo che ha di sicuro le capacità
per suonare come gli Area.
Dopo un’introduzione
dell’amico degli Area Eugenio Finardi, A Piazza San Giovanni,
ecco il capolavoro assoluto del disco: Complesso del Primo Maggio,
che contiene probabilmente il verso definitivo di Elio e le Storie
Tese, se non addirittura della musica pop italiana:
“Certo ne avrei
senz’altro tutta un’altra opinione
se fossi un balcanico, se fossi un balcone
ma siccome non sono croato né un balcone balcano
io non capisco perché tutti quanti continuano insistentemente a suonare questa musica di merda”.
se fossi un balcanico, se fossi un balcone
ma siccome non sono croato né un balcone balcano
io non capisco perché tutti quanti continuano insistentemente a suonare questa musica di merda”.
Nulla da aggiungere al
riguardo.
La canzone prende
allegramente (un’allegria tipica di Elio e le Storie Tese) in giro
gli stereotipi del Concertone del Primo Maggio: il gruppo che fa
musica di ispirazione balcanica, il gruppo del meridione, il gruppo
folk che “valorizza il territorio”, ma soprattutto l’”invettiva
ai danni del capitalismo”. Una meraviglia.
Come ben sapete, molti
(tutti?) dischi di Elio e le Storie Tese si concludono con una ghost
track: questo non fa eccezione, quindi chi vuole riservarsi la
sorpresa salti le prossime due/tre righe.
Dopo qualche minuto di
silenzio, Neri Marcorè spiega agli Elii come, secondo lui, La
Canzone Mononota sarebbe venuta meglio. Segue una versione di 6/7
minuti della Canzone con solo voce e grancassa in 4/4,
ovviamente esilarante. Il disco finisce dopo una versione strumentale
di Come gli Area.
L’Album Biango
ha lo stesso difetto del suo antenato Beatlesiano (The Beatles,
conosciuto ai più come “White Album”), oltre che patire
altrettanto il confronto con il predecessore. Il disco, infatti, è
una raccolta di canzoni piuttosto variegate tra loro, senza un filo
conduttore preciso, dalla qualità altalenante. Alcune davvero
fantastiche, altre meno, altre sulla cui inclusione nel disco ci si
potrebbe interrogare a lungo. In realtà, questo è stato un po’ il
difetto di tutti i dischi degli Elii della fase post-Feiez (quella
iniziata con Criccraccriccrecr), escluso l’immenso
capolavoro Studentessi, vero e proprio Sgt. Pepper’s
degli Elii, che è appunto il predecessore del Biango.
Il
giudizio resta positivo, non lo si può certo definire un brutto
disco, specie se comparato al resto del panorama musicale italiano
(rendiamoci conto che Emma Marrone è in testa alle classifiche da
settimane), ma da Elio e le Storie Tese mi aspetto decisamente
qualcosa di più di questo. Pochi giorni dopo l’uscita dell’album,
Fabio Zuffanti, musicista e scrittore prog, ha commentato con delle parole
quanto mai adatte il lavoro degli Elii sulla sua pagina facebook:
“Quello
che non capisco è: avete come mito Zappa? Avete visto Zappa cosa ha
fatto nella sua carriera? Pezzi demenziali, opere, suites, sinfonie,
jazz, contemporanea, cabaret, improvvisazione e mille altre cose.
Come mai un gruppo della caratura di EELST, con la tecnica e
l'inventiva che si ritrovano, non osano MAI fare un pezzo
strumentale, un qualcosa di non sempre e solo demenziale, di più
ampio respiro (un concept album, una suite) o con maggiore
sperimentazione? Anche loro alla fine incatenati all'italiota refrain
"se nasci in mutande muori in mutante, guai a mettere un
calzino!"? Ai posteri l'ardua sentenza.”
Ora,
se è vero che in Studentessi
l’aria che Zuffanti suggerisce agli Elii di respirare si poteva
sentire, in un qualche modo, Biango
da questo punto di vista è stato un passo indietro.
Conoscendo
Elio e le Storie Tese, però, non si può mai sapere cosa riserva il
futuro.
Gugliemo De Monte
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