Le minacce del PDL sulla tenuta del
governo, i fischi a Zanonato all'assemblea di Confcommercio e ora il possibile
rinvio ad ottobre. Chiaramente si sta parlando del famigerato aumento dell'Iva
ordinaria al 22%, che di certo porrà un freno ai consumi nel breve periodo e
colpirà il piccolo commercio, che con la drastica riduzione delle vendite non è
più soggetto passivo d'imposta. Inoltre, anche sul
versante Iva si registra un
imponente tasso di evasione, che l'incremento non farebbe che incentivare. Su
questo tema si è espresso il presidente della Corte dei Conti, Luigi
Giampaolino, che ha diffuso i dati relativi al 2011, da cui emerge un'evasione
dell'imposta sul valore aggiunto di 46 miliardi di euro. Una cifra questa su
cui pesa, in parte, il malcostume nostrano della riluttanza verso lo scontrino
fiscale, ma anche e sopratutto la grande evasione, che mette in piedi sistemi a
"scatole vuote", allo scopo di bypassare il pagamento della tassa.
Cosa ne pensano gli economisti. Tornando all'aumento, a dirla
tutta, gli economisti non sono concordi nel giudicare gli effetti di lungo
periodo dello scatto dell'Iva: per alcuni avrebbe effetti progressivi, mentre
per altri regressivi.
Per esempio, secondo Daveri l'iva al 21% colpirebbe di più i ricchi, in quanto i
ceti meno abbienti, secondo i dati ISTAT, avrebbero una propensione al consumo
più
sviluppata verso i beni per cui l'accisa è
al 4 e al 10%. D'altra parte, altri studi mostrano che ad incidere di più siano i beni con l'iva
al 21% e, come suggerisce Pacifico, tale imposta ha effetti progressivi per
quanto riguarda il consumo, ma fortemente regressivi per quanto riguarda il
reddito.
Al di là
delle questioni di metodo, pare chiaro che se si deve fermare l'aumento di
questa tassa non bisogna farlo attraverso l'incremento di altre imposte (come
le accise sulla benzina), ma forse occorrerebbe iniziare a pensare ad un taglio
della spesa pubblica improduttiva (naturalmente non scuola e sanità). Anche se, come si è detto in queste pagine
riguardo all'Imu, non sono certo queste le misure da prendere per far ripartire
davvero il paese.
Ma le dispute dottrinali rilevano poco di fronte
all'immobilismo del governo più
democristiano della Seconda Repubblica e dei problemi sociali che, vivaddio,
tardano ad esplodere violentemente, mantenendo fin troppo aplomb.
I primi 50 giorni del governo Letta sono stati e continuano ad
essere un vivacchiare. Ogni giorno cambia l'urgenza e si sprecano gli aut aut,
ma alla fine rimane la redazione di quell'accozzaglia gattopardesca di
interventi del decreto del Fare (viene da chiedersi "fare,
maddechè?"). E intanto B. le prova tutte per sfuggire dalla stretta della
magistratura, il PD continua ad avere le sue crisi di identità, il
pentastellati si prodigano nella caccia alle strege - nuovo sport nazionale - e
ora, udite udite, pare abbiano litigato Lista Civica e UDC. Ah sì, in tutto
questo c'è anche spazio per lo scandaluccio ministeriale della Idem.
Roberto Tubaldi
@RobertoTubaldi
Roberto Tubaldi
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