Il cavaliere è sempre più anziano, stanco, intrappolato
nelle sue numerose vicende processuali e nella sua personalissima e infinita
disputa con la magistratura. Inoltre ha perso parte del suo fascino e della sua
abilità di sedurre elettori. Sebbene le ultime elezioni siano state sconvolte
dal ciclone del M5S, è innegabile che Berlusconi e la sua compagine abbiano
registrato un notevole e preoccupante calo di consensi. Il PdL, la sua
creatura, stenta a camminare con le proprie gambe. Quando non si identifica
in Berlusconi e non si fa trainare al
successo dal suo carisma, crolla e palesa la sua incapacità di mobilitare il
proprio elettorato come nelle ultime amministrative. Le debolezze di questo
partito sono emerse anche durante l’assenza del magico collante berlusconiano in cui, come un
branco di pecore senza il loro pastore, i vari esponenti del PdL hanno
cominciato a brancolare nel buio, progettando l’istituzione di ipotetiche primarie
per la scelta del nuovo leader e disperdendosi come personaggi in cerca
d’autore.
La Lega Nord è al minimo storico nei consensi e sull'orlo di
un’implosione causata dagli scandali che hanno coinvolto in prima persona il
suo padre padrone Umberto Bossi (e famiglia) e dei tragicomici alterchi di
quest’ultimo con Roberto Maroni. Mario Monti, con la compartecipazione
interessata dell’UDC di Casini e di Gianfranco Fini, ha ottenuto un così magro
risultato elettorale che gli ha impedito di esercitare un qualsiasi potenziale
di ricatto ed essere l’ago della bilancia per la formazione del governo, come
si era prefissato di divenire. Fini non è riuscito nemmeno ad entrarci in
parlamento, Monti è recordman degli assenteisti e desaparecido e nei gironi
scorsi sono venuti alla luce alcuni malumori con l’alleato Casini.
Il quadro per il centrodestra è tutt’altro che
incoraggiante. L’inevitabile anno zero rappresentato dall'uscita di scena del
Caimano si avvicina pericolosamente e inesorabilmente (in realtà sembrava che
fosse già giunto ma i colpi di scena sono ordinaria amministrazione in quel di
Arcore). Quale sarà l’avvenire per il centrodestra post-berlusconiano? Nel
centrodestra appena se lo sono domandati hanno iniziato ad accapigliarsi e ora
preferiscono andare avanti ciecamente, fino a scontrarsi con un muro. Io vi
propongo tre scenari.
Scenario 1: “La
destra Europea”
Il PdL collassa e lascia campo libero ad una nuovo soggetto
che si ispira ai valori del Partito Popolare Europeo, magari anche con qualche
spinta occulta da Bruxelles. Ma quali valori? I partiti in fondo non sono altro
che specchio della società in cui viviamo. Tanto quanto prevale nell’UE
l’affermazione degli interessi dei singoli stati membri e, dunque una
concezione intergovernativa (e non sovranazionale) del progetto d’integrazione
europeo, tanto persiste la monolitica prevalenza delle singole società
nazionali e delle loro sfere pubbliche a discapito della nascita di una comune
società europea. Il PPE si configura come un artefatto politico per governare
le istituzioni europee ed è, nei fatti, un’accozzaglia di partiti che devono le
loro caratteristiche e posizioni alle rispettive storie e sistemi politici. In
conclusione, per tali ragioni, sarebbe difficile trapiantare questo “modello”
nel nostro paese, proprio a causa dell’inconsistenza del modello medesimo. In
fondo, più o meno esplicitamente, era ciò che pensava di fare Mario Monti con
l’endorsement della Merkel, esausta della bizzarra “peculiarità” del Cavaliere.
Scenario 2: “Il
ritorno della DC”
Il PdL si scioglie e si trasforma in un partito simile alla
vecchia Democrazia Cristiana in una sorta di remake di “Ritorno al Futuro”.
Quest’operazione nostalgica è abbastanza impraticabile per due ragioni:
l’indebolimento dell’associazionismo cattolico frutto di una progressiva
laicizzazione della nostra società e dalla logiche del bipolarismo. Certo
l’influenza della Chiesa Cattolica è ancora rilevante ma non penso che
l’elemento religioso costituisca più un fattore politicamente mobilitante ed
unificante in questo paese. Inoltre un passaggio al semi-presidenzialismo
indebolirebbe ulteriormente le opportunità di prosperare per un partito
centrista. Negli ultimi vent’anni gli insuccessi dell’UDC di Casini e di tutti
gli altri temerari testimoniano le difficoltà per una formazione cattolica di
raccogliere una fetta considerevolmente ampia di elettori in Italia.
Scenario 3: “Un nuovo Berlusconi”
Marina Berlusconi? Alfio Marchini? Flavio Briatore? Sono
alcuni dei nomi circolati per la successione (perché proprio di questo si
tratterebbe) alla guida del centro-destra. Un po’ quello che è successo poco
tempo fa in Venezuela, con il passaggio di consegne tra Chavez e il suo vice
Maduro. Forse il paragone con un regime autoritario latinoamericano è un po’
azzardato (non è assolutamente mia intenzione insinuare che Silvio sia un
dittatore e che l’Italia sia una dittatura), ma di abdicazione sempre si
parlerebbe. È l’ipotesi più realistica ma presenta due problematiche. La prima
riguarda l’appeal mediatico ed elettorale del successore. In un primo tempo
potrebbe sfruttare l’onda lunga dell’incoronazione da parte del Cavaliere ma in
seguito dovrà emanciparsi e dimostrare di possedere le stesse qualità
istrioniche e seduttive del suo predecessore o, altrimenti, non riuscirà a
convincere il popolo di Silvio. A questo punto, in caso di sconfitta alle urne,
si potrebbe presentare la seconda problematica, ovvero la diffidenza del gruppo
dirigente del PdL nei confronti dell’erede designato. Molti deputati e senatori
vivono nell'adulazione e hanno sviluppato una fedeltà assoluta ed incrollabile
verso il Cavaliere. È assai improbabile che possano nutrire la stessa devozione
per il suo successore, e alle prime difficoltà, alzeranno la voce mettendo in
discussione la legittimità del nuovo leader.
Insomma la situazione è abbastanza critica e il futuro
nebuloso. Meglio non pensarci, giusto? “Meno male che Silvio c’è!”. Eh sì, meno
male. Finché c’è…
Valerio Vignoli
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