The Bottonomics - Draghi e il rischio sovrano

Da oggi, Tubenomics cambia nome e diventa The Bottonomics. È entrato un nuovo commentatore economico, Andrea Armani che, dopo l’esordio di sabato scorso su The Bottom Up, inizierà presto ad essere colonna portante di questa rubrica. Il formato non cambierà: Bottonomics manterrà la sintesi e l’agilità di Tubenomics. Naturalmente, non mancherà l’immaginetta buffa, perchè sennò poi dite che noi che parliamo di economia siamo noiosi. L’unica modifica sta nel formato del titolo: la nostra social media manager mi ha redarguito perchè un numero come titolo, visti gli algoritmi di Google, non può funzionare. The Bottonomics si arrende davanti a cotanta stregoneria e torna nella normalità, almeno per quanto riguarda i titoli.  Sì sì, ora attacco con il pezzo, tranquilli. Voi intanto continuate a seguirci.

Mario Draghi BCE
Draghi in modalità Luke Skywalker alla ricerca della pietra filosofale


Draghi e il rischio sovrano

Mi hanno detto di eliminare i numeri dal titolo e quello che è venuto fuori è qualcosa che sembra più un fantasy che un articolo di commento economico (quasi quasi cambio il titolo in “Draghi e la pietra filosofale”, così mi becco le visualizzazioni degli harrypotteriani). Vabbè, a parte ciò, c’è una notizia di qualche settimana fa che, magari non vi cambierà la vita, però dà l’idea di come la situazione post-crisi possa aprire nuovi scenari, anche a livello di impostazione teorica. In pratica, il Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (ESRB, European Systemic Risk Board), dal 2009, watchdog del sistema finanziario europeo e presieduto dal Super Mario nazionale, ha messo in discussione il paradigma per cui i titoli di debito sovrano sono privi di rischio. Ora, io lo so che voi qualche dubbio ve lo eravate già posto dopo il bombardamento mediatico su spread e crisi varie del debito. Eh però appena inizi un corso di finanza, una delle prime ipotesi è quella della presenza di un qualche strumento finanziario risk-free, cioè privo di rischio (una mezza specie di pietra filosofale, appunto). La cosa interessante è che come benchmark per il rendimento di questo titolo risk-free, in genere, si usa un titolo di debito sovrano. Bene, ma non benissimo.

Occhio, non voglio dire che Draghi con un report stia cambiando tutta la teoria finanziaria, però “non ci sono più le sicurezze di una volta”. In realtà, qui il problema più che teorico sarà tutto regolamentare e contabile. Allora, dal 1974 c’è una cosa chiamata Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria, che ha lo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria. Dal 1988 al 2010, il Comitato di Basilea ha emanato tre standard (Basilea I-II-III), che fungono da linee guida in materia di requisiti patrimoniali delle banche. L’Unione Europea ha recepito nel 2013 con un regolamento (e successivi atti delegati/approfondimenti sull’applicazione della normativa da parte dell’Autorità Bancaria Europea) i dettami di Basilea II e III (Capital Requirements Regulation – di seguito, CRR[1]). Senza andare nel dettaglio, dico solo che nel sistema normativo attuale c’è un canale preferenziale per il trattamento delle esposizioni al debito sovrano, per cui sono richiesti requisiti di capitale praticamente nulli. Come fa notare il report dell’ESRB, ciò ha fatto sì che gli enti creditizi dell’area euro riempissero i loro portafogli proprio di questi titoli di stato. Naturalmente, il report dimostra empiricamente quello che più o meno tutti iniziavamo a sospettare, ovvero che il rischio sovrano esiste e lotta insieme a noi. In pratica, la probabilità di default (ovvero che la controparte risulti inadempiente) non è trascurabile per i titoli di debito sovrano (do you remember Mr Varoufakis?). Bene, con questo report Mario Draghi e il suo board intendono aprire una discussione sull’introduzione di requisiti patrimoniali più stringenti per quanto riguarda il debito pubblico. PGR (per grazia ricevuta, NdR), il report rimane solo un avvertimento e rimanda alla fine della crisi del debito ogni modifica alla normativa vigente. Infatti, pensare di implementare oggi le proposte dell’ESRB rischierebbe se non altro di vanificare l’effetto del quantitative easing.

Detto in soldoni, se tu immetti liquidità nel mercato e nel frattempo una  norma richiede agli enti creditizi di tenersela come riserva, allora stai tranquillo che l’economia reale non riceverà troppi benefici da questa manovra. Che poi, a sfidare il quantitative easing dal primo ottobre prossimo ci penserà una cosa chiamata Liquidity Coverage Ratio, che – sempre nell’ambito della CRR - richiede alle banche di mantenere un certo livello di attività liquide per far fronte ai periodi di stress. Come riportato da Bloomberg, secondo l’Autorità Bancaria Europea alle banche mancherebbero una ventina di miliardi per raggiungere i requisiti di liquidità in vigore dall’ottobre prossimo. Ma questa è un’altra storia.

@RobertoTubaldi

[1] Per le assicurazioni c’è una normativa simile chiamata Solvency II.

Nessun commento:

Posta un commento