L'accordo sul nucleare iraniano: un trionfo per la diplomazia

Sono tanti i fattori che concorrono per arrivare ad un accordo così complesso e significativo come quello raggiunto a Losanna sul nucleare iraniano. L’intesa, storica, sancita il 2 Aprile, dopo anni di negoziazioni, è un risultato eccezionale dovuto all’interazione tra attori diversi del piano internazionale, alla presenza di congiunture geopolitiche e ad un gruppo di leader che hanno deciso di mettere al primo posto delle loro agende l’impegno per il perseguimento di una pace duratura invece che il persistere di uno stato di attrito e diffidenza.


Questo particolare accordo dei paesi 5+1 (Stati Uniti, Cina, Francia, Germania, Gran Bretagna e Russia) guidati dall’Alto rappresentante della Politica Estera Europea con l’Iran è, come gli accordi di qualsiasi natura, frutto di un compromesso e, per questa ragione, ispira le più disparate interpretazioni ed critiche. In realtà a Losanna si è arrivati ad un’intesa ma il testo ufficiale deve essere ancora definito nei dettagli e nella forma. Infatti i mesi che ci separano da qui a giugno apriranno la delicata fase della verifica dell’intesa raggiunta e dell’implementazione del “framework” negoziale. Solo allora potremo veramente intraprendere un’analisi più realistica dei vincitori e dei vinti.

L’intesa di Losanna è racchiusa in un documento di sette paragrafi. Nel dettaglio è previsto che l’Iran diminuirà di due terzi il numero delle centrifughe installate, che per 15 anni l’arricchimento dell’uranio non potrà superare il 3,67% e che le scorte di uranio saranno ridotte a soli 300kg. Il quinto paragrafo, quello meno tecnico, è di fondamentale importanza poiché collega la questione nucleare a quella economica delle sanzioni. L’Iran permetterà il monitoraggio dell’agenzia dell’ONU Aiea presso gli impianti di arricchimento dell’uranio e, solo se i criteri sopra elencati saranno rispettati, le sanzioni di Stati Uniti, ONU ed Unione Europea verranno man mano eliminate. In sintesi, grazie al sistematico monitoraggio dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), l’Iran non potrà costruire un ordigno atomico e dovrà limitare il numero di infrastrutture per l’arricchimento dell’uranio. In cambio il paese mediorientale verrà reinserito nel mercato internazionale tramite la graduale eliminazione delle barriere imposte dalle sanzioni.

Questo è il compromesso che la Mogherini ha definito un “win-win game”, ovvero un negoziato nel quale entrambe le parti guadagnano qualcosa. In effetti, ad una immediata analisi post accordo, sembra proprio che sia le potenze occidentali, l’Unione Europea e l’Iran abbiano vinto ai tavoli di Losanna lo scorso 2 Aprile.

Con questo primo step Stati Uniti e Iran hanno intrapreso il processo di raffreddamento delle ostilità, che hanno caratterizzato le loro relazioni dalla rivoluzione islamica guidata dall’Imam Khomeini del 1978 e proseguite con la crisi degli ostaggi americani a Teheran del 1979. L’Iran ha rappresentato (e rappresenterà ancora) il paese pivot dell’area mediorientale, guidato da una leadership sciita ostile alle monarchie del Golfo e ad Israele e perciò un pericolo costante per gli interessi statunitensi nella regione. Ora, con il progressivo cambiamento degli equilibri in Medio Oriente, un miglioramento dei rapporti tra Teheran e Washington non può che essere visto di buon occhio.

Losanna è stato un successo anche per il ruolo di mediatore giocato dall’Unione Europea nella figura dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera Europea. Un processo negoziale che si basava anche sui rapporti personali instaurati dall’allora presidentessa Catherine Ashton con gli esponenti iraniani. Come in tutti i negoziati ben riusciti, il ruolo di mediatore svolto da una figura terza, che si prende l’incarico di risolvere punto per punto i nodi dei vari round negoziali con strumenti tipicamente diplomatici, è essenziale. La UE rappresentava qui non solo un “primus inter pares” con i paesi 5+1 ma, in quanto “istituzione sovranazionale”, poteva utilizzare mezzi di soft power come sanzioni economiche o limiti arbitrari di tempo sugli accordi da raggiungere per portare avanti i negoziati. Questo, forse, ha rassicurato la diplomazia iraniana.
La progressiva eliminazione delle sanzioni economiche e commerciali deve essere vista come un successo poiché permetterà all’economia Iraniana di svilupparsi e rientrare a pieno titolo nel mercato mondiale e questo, auspicabilmente, potrebbe portare ad un processo di liberalizzazione interna del paese. D’altro canto, però, Losanna mostra come le sanzioni in quanto strumento di politica internazionale abbiano qualche effetto in quella che viene definita “condizionalità negativa”. Infatti solo l’annuncio di un potenziale rientro dell’Iran nel mercato energetico mondiale ha fatto scendere il prezzo del petrolio. Per queste ragioni la Russia, il +1 dei paesi negoziatori, può interpretare l’accordo di Losanna in modo positivo in quanto l’Iran non rappresenterà una minaccia nucleare ai suoi confini, ma d’altra parte dovrebbe essere preoccupata dalla capacità delle sanzioni statunitensi ed europee di influenzare la politica estera degli stati che ne sono vittima.
Infine la grande vittoria, come è stato riferito dai vari leader occidentali negli scorsi giorni, è quella della pace. La diplomazia ha vinto sulle minacce di bombardare gli impianti di arricchimento iraniani e il rafforzamento delle sanzioni economiche. Due strategie sposate dalle monarchie del Golfo e da Israele per eliminare del tutto l’ipotesi di un potente Iran sciita con forza atomica, ma queste opzioni non avrebbero fatto altro che irrigidire la posizione dell’Iran e portare veramente verso la creazione della bomba.

L’accordo di Losanna, a distanza di pochi giorni dalla sua firma, sembra essere veramente un win-win game, una speranza per le relazioni tra i paesi occidentali e l’Iran di Rohani, per il ruolo della diplomazia come strumento di relazioni tra stati e per la pace mondiale che, in un contesto sempre più sconcertante, sembra aver fatto capolino il 2 Aprile 2015 a Losanna.

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