Per capire l'arte bisogna aprire la
mente, ma soprattutto il portafoglio. Il costo del biglietto per
entrare ad Arte Fiera infatti è di 20 euro, prezzo che indubbiamente
non aiuta ad avvicinare i classici indecisi, quelli del “ma ne
varrà veramente la pena?”. Ormai la fiera è finita da una
settimana, ma vi consiglio, per l'anno prossimo, di portarvi dietro
la CartaGiovani, perché in questo modo entrerete gratis. E perché,
al di là delle provocazioni, ne vale veramente la pena. Talmente
tanto che io i 20 euro li ho spesi tondi tondi (argh!).
Per
apprezzare tra le gallerie non è necessario essere esperti d'arte –
questo vale ovviamente per ogni mostra d'arte contemporanea – ma è
invece necessario svestirsi di tutti i pregiudizi legati al lavoro
dell'artista, della serie “vabbè ma quello lo so fare anch'io”.
Fatto ciò, potete iniziare a girovagare con qualche speranza di
trovare le opere quantomeno interessanti. Se invece non potete
soffrire la cripticità degli artisti d'oggi, nel marasma di gente,
installazioni e dipinti, troverete pane per i vostri denti: Picasso,
De Chirico, Boldini, Fattori, Schiele, ma anche fotografi come Nan
Goldin e Cartier-Bresson. E se non vi interessa nemmeno questo,
probabilmente rientrate in quella vasta categoria di persone che non
va ad ArteFiera per vedere, ma per farsi vedere. Artisti,
collezionisti, compratori e poser si aggirano inesorabili per i
corridoi delle gallerie, e non ci vuole molto a riconoscerli: si
pavoneggiano armati di iPhone, pronti a scattarsi una selfie quando
meno te lo aspetti.
La bellezza dell'arte contemporanea sta
nello stupore di chi osserva. Una delle Gallerie nelle quali si
stringevano più persone era quella degli TTOZOI (Pino Rossi &
Stefano Forgione), “Muffe su tela”. Il nome deriva dal termine
“spermatozoidi”; si tratta di due artisti di Avellino che nei
loro lavori si uniscono alla tela per dar vita ad un'opera d'arte.
Volendo inserirli all'interno di un movimento, li si potrebbe
definire Informali: con pochi elementi realizzano il gesto pittorico.
TTOZOI non utilizzano semplicemente prodotti naturali, bensì è la
natura vera e propria ad entrare a far parte della loro arte,
diventando così protagonista attiva dell'opera: partono ricoprendo
la tela con ingredienti, come l'acqua, colorati con pigmenti
naturali, per poi riporla all'interno di una teca di plexiglass per
due settimane. In questo lasso di tempo si forma la muffa, che viene
fissata con svariati strati di resine trasparenti. Rossi e Forgione
sono i primi al mondo ad aver tentato una tecnica simile.
Concettualmente sul versante opposto si situa la Galleria Forni di
Bologna, i cui artisti sono veri maestri del dipinto iperrealista.
Andrea Baruffi, Paolo Quaresima, Doriano Scazzosi, Tommaso Ottieri,
sono solo alcuni degli artisti ancora legati al mondo dell'arte
figurativa: paesaggi maestosi e nature morte sono i principali
soggetti da ammirare. La Galleria Contini invece ospita il maestro
Fernando Botero con le sue donne “cicciottelle” e Julio Larraz,
artista cubano attivo dagli anni '70. Ilaria Margutti invece,
rappresentata dalla Galleria Art Forum, inserisce la tecnica del
ricamo nei suoi dipinti: pendono fili rossi dalle spalle di una donna
con gli occhi chiusi, dai capelli mossi e fluenti (Come occhi si
apriranno, 2014). Sempre per la stessa Galleria, Peter Demetz
realizza sculture in legno inserite all'interno di cornici lignee,
che osservate da lontano danno l'impressione di essere dei dipinti,
ma da vicino invece si rivelano essere delle strutture
tridimensionali. Non si può non sorridere di fronte alle opere di
Blue and Joy, progetto fondato da Fabio La Fauci e Daniele Sigalot
nel 2005. La loro arte è comunicazione pura, giganteschi fogli di
alluminio su cui vengono scritte delle lettere destinate a “Success”
e “Art”, nella speranza che i due, prima o poi, le leggano.
C'è poi la fotografia. L'ormai celebre
serie Los Intocables di Erik Ravelo era presente con alcune
delle fotografie realizzate per Fabrica, che vogliono denunciare le
violazioni dei diritti infantili. Pedofili, trafficanti di organi,
soldati, turisti sessuali e tanti altri soggetti, con il viso voltato
verso il muro, portano sulle spalle dei bambini crocefissi. Di
tutt'altro genere la fotografia di Maurizio Galimberti. “Mi piace
pensare di essere un musicista, mi piace pensare che le Polaroid sono
delle note musicali che io suono nello spazio”, è la citazione del
fotografo riportata sul muro di cartongesso all'interno di una
Galleria. Egli ha fatto della Polaroid il suo mezzo espressivo e
attraverso mosaici di questo stesso strumento ha messo a punto degli
originali e meravigliosi ritratti e paesaggi.
Questi sono solo alcuni dei tantissimi
artisti che hanno riempito i padiglioni della fiera di Bologna la
scorsa settimana. I loro lavori si possono ovviamente ammirare
recandosi presso le gallerie, oppure nei vari eventi in cui sono
proposti. Il consiglio è quello di tornare ad Arte Fiera l'anno
prossimo, con la CartaGiovani in tasca e un panino in borsa, a meno
che voi non vogliate pagare un calice di spumante 10 euro. Forse non
nutrirete il vostro stomaco, ma la vostra mente sì.
Roberta Cristofori
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