SundayUp - Tame Impala, "Currents" (2015)

Cosa vi è successo questo venerdì 17? Gatti neri? Malocchio? Libagioni di sale? Magari una bella apocalisse mattutina? Io sono fiera di annunciare che non ho ceduto alla tentazione di spaventare mia nonna aprendo ombrelli in casa o mostrandole fotografie dei cerchi nel grano. Sono stata, inoltre, tanto matura e provvista di carità cristiana da evitare di fare partire la musica rituale dell’ISIS durante la sua siesta pomeridiana, nonostante siano settimane che mi dice che sono ingrassata. Il Regno dei Cieli mi attende: speriamo che mia nonna si sbagli e che io riesca a passare dai Cancelli Celesti senza schiacciare San Pietro. Questo venerdì, infatti, si è verificato un lieto evento, tanto gioioso da scacciare la mala sorte: è finalmente uscito l’ultimo (capo)lavoro dei Tame Impala, la band australiana guidata da Kevin Parker che prende il nome da una specie di antilope africana, l’impala, appunto.

Che dire dei Tame Impala? Che sono un gruppo incredibile. Che riescono a unire in un connubio perfetto musica elettronica di ispirazione anni Ottanta e sontuose armonie psichedeliche, senza mai risultare banali o meno istintivamente orecchiabili. Che possono vantare un sound incredibile, psichedelico, originale, coinvolgente, addirittura scenografico. Il titolo dell’ultima fatica della band australiana è Currents, che in inglese significa “correnti”, inteso come “flussi, corsi d’acqua e d’aria”, non manca di ricordare anche l’aggettivo “current”, in vigore, attuale: corrente, appunto. Una sorta di memento, di omaggio allo scorrere inesorabile, spietato e necessario del tempo, che non si ferma per nessuno e che alla fine ci porterà via. (Okay, forse mi sono lasciata contagiare anch’io dall’isteria collettiva del venerdì 17. Ma solo un pochettino).


Fino a questo ultimo, splendido album, si può tranquillamente dire che le canzoni dei Tame Impala siano una sorta di equivalente musicale alla lettura serale degli ultimi capitoli di un romanzo che ci appassiona: un’esperienza individuale. Piacevole, certo, ma più musica da cuffia che da festa, non c’è che dire. Currents, tuttavia, presenta alcune caratteristiche completamente nuove: si tratta di un tipo di musica che si può ballare, un continuo flusso di energia libera, vorticosa, trascinante, perfetta per un rave in spiaggia, o per una nottata passata a guidare.

Se il precedente Lonerism (2012) descrive la beatitudine dell’assenza di confronto e di compagnia, ponendo la solitudine come una sorta di medicina per l’anima in un mondo costretto alla mondovisione e alla continua, forzata connessione, Currents parla della ricerca di contatto e dialogo. Se in Innerspeaker (2010) è centrale il tema del terrore della propria esposizione a una massa indistinta e colossale di persone invisibili, non è l’agorafobia il concetto focale di Currents, quanto, piuttosto, la complessità dei rapporti umani, stratificati, evanescenti e sfuggenti.
In Love/Paranoia i sentimenti sono un susseguirsi di martellate al cuore e al cervello:
I've heard those words beforeAre you sure it was nothingCause it made me feel like dying insideNever thought I was insecure, but it's pureDidn't notice until I was in love for realAnd if we're gonna cross the lineJust to find what shit's happeningIf only I could reach your mindOh I'd be fine, I'd be normalNow's my time, gonna do it
Se non è possibile non identificarsi e non soffrire per le struggenti parole d’amore, ad un livello più profondo, o quantomeno diverso, il testo di Love/Paranoia è strettamente psicologico e apertamente filosofico: si parla dell’umana, umanissima, esigenza di sentirsi “normali” e venire accettati per quello che si è.


Un altro, eccezionale, pezzo che espone un dilemma eterno e universale è lo splendido Cause I'm a man, uscito come singolo in anteprima:
Cause I'm a man, woman
Don't always think before I do
Cause I'm a man, woman
That's the only answer I've got for you
Cause I'm a man, woman
Not often proud of what I choose
I'm a human, woman
A greater force I answer to

Se avete voglia di raggiungere livelli olimpici di onanismo intellettuale, potete qui cogliere un riferimento secondo me chiaro all’Amante di Lady Chatterley di D.H. Lawrence (1928), nell'interpretazione di Simone De Beauvoir, che nel Secondo Sesso (1949), dedica pagine infuocate di critica accurata e meticolosa a quella che definisce “l’orgoglio fallico di D.H. Lawrence”. Uomini e donne sono separati da un abisso, binari separati, logiche opposte, incomunicabilità totale. L’unica speranza di dialogo è quella rappresentata dal contatto carnale, l’unica forza maggiore in grado di lanciare un appello a cui tutti noi rispondiamo. Se capita di “non essere sempre orgogliosi di ciò che si sceglie”, il bivio non si pone, e nemmeno la possibilità di tornare indietro: la natura umana esiste come regola, l’abisso non può essere colmato a parole. Ecco perché, sostanzialmente, siamo fregati: quando ci innamoriamo, se ci innamoriamo davvero, non siamo più in grado di accettare l’altro/a come insieme delle proprie generalità di genere, vogliamo disperatamente individuarlo. Farsi attraversare dal grande fiume della vita, fatto di distanze, incomprensioni e ansie è qualcosa di inaccettabile per chi perde la testa. Non è un caso che la canzone si intitoli Cause I’m a Man e non Cause I’m a Woman. Secondo la rappresentazione ancestrale, è la donna a perdere se stessa nell’altro, tasto dolente reso palese anche dal lessico sessuale femminile, tradizionalmente passivo: il fiore della verginità “viene colto”, la donna “viene presa”… Insomma, il solito fallico protagonismo maschile. Sai che novità.

I Tame Impala si esibiranno in Italia in tre date: il 25 Agosto a Sestri Levante, il 26 Agosto assieme a Nicholas Holbrook al Postepay Rock In Roma 2015 e il 28 Agosto al Teatro Romano di Verona

Sofia Torre

Nessun commento:

Posta un commento