“Il popolo ci aspetta,
il nostro movimento sarà domani la leva del grande sconvolgimento
democratico e popolare, che segnerà il nostro accesso al potere:
ecco la nuova Europa delle nazioni e dei popoli”.
Sabato 29 novembre, a
Lione, Marine Le Pen è stata rieletta, con il 100% delle
preferenze, leader del Front National, considerato dagli ultimi
sondaggi il primo partito francese.
La Le Pen sa di avere
davanti a sé un’occasione più unica che rara, una possibilità di
“vendicarsi” della sconfitta subita dal padre, Jean-Marie, ben
dodici anni fa ad opera di Chirac.
La leader nazionalista
francese è conscia che nei prossimi tre anni, data in cui si
terranno le elezioni presidenziali francesi, non dovrà e non potrà
commettere alcun errore, a partire da eventuali scandali interni al
partito, alla scelta di alleanze europee e alle battaglie che sta
portando avanti.
Per prima cosa, partiamo
dalle elezioni europee dello scorso maggio. Qui, il Front National,
ottenne, a sorpresa, il 25% dei consensi divenendo il primo partito
francese, segno di un’insoddisfazione e sofferenza insito nel
popolo transalpino non più fiducioso dell’attuale Presidente
socialista Hollande.
I risultati delle europee
hanno aperto porte e desideri in casa Le Pen, ancor di più dopo le
ultime vicende che hanno travolto Nicolas Sarkozy, unico vero
oppositore, a destra, del partito nazionalista. Se l’ex Presidente della
Repubblica non dovesse presentarsi al ballottaggio, Le Pen avrebbe
vita apparentemente facile contro il “secondo” di Unione per il
Movimento Popolare, Alain Juppè, attuale sindaco di Bordeaux.
Una volta vinto il
ballottaggio a destra, la Le Pen si troverebbe all’ultimo stadio
della battaglia politica, ovvero la sfida diretta contro il
Presidente uscente Hollande. I sondaggi, sempre da guardare con
cautela e circospezione, danno il socialista solo al 46%, a fronte
del 54% del Front National.
Bene. E questo cosa
significa?
In un primo momento forse
niente, ma se poi si pensa un attimo alle battaglie che Marine Le Pen
sta portando avanti sia in Francia che in Europa, qualcuno potrebbe
anche spaventarsi.
Il programma politico
nazionalista è molto chiaro. Innanzitutto vuole
un’uscita progressiva dall’Euro,
accompagnata dal ritorno al protezionismo,
al pari di tanti movimenti populisti
in giro per l’Europa, come la Lega Nord in Italia. Uscire dall’Euro,
significa di conseguenza dire no anche all’Unione europea e al
processo di globalizzazione di cui Bruxelles e Strasburgo si sono
fatti garanti.
Sul piano interno i punti
sono altrettanto chiari, ma non per questo giusti o condivisibili
(come quelli di politica estera d’altronde). Partiamo
dall’immigrazione: deve essere fermata all’istante, si ha il
bisogno di modificare il codice della nazionalità e fare in modo che
andare in Francia non sia più attraente, proprio come sta facendo
David Cameron in Gran Bretagna.
Far divenire meno
attraente la Francia è un concetto molto particolare, difficile da
capire e impossibile da applicare. Senza saper né leggere né
scrivere, la vedo un po’ come: “togliamo la Tour Eiffel da
Parigi” o “via il mare da Nizza, o Nizza dal mare”.
Forse
dal suo punto di vista significa garantire il posto di lavoro solo ai
cittadini francesi, senza lasciare nulla agli altri, per evitare il
tanto usurpato e abusato “razzismo al contrario” di salviniana
memoria, e soprattutto dimenticando da dove sono arrivate, sia in
termini umani che materiali, le principali risorse che hanno fatto
della Francia una delle più Grandi Nazioni di sempre. Poi si passa ad una serie
di misure come l’introduzione di contributi
pubblici per integrare gli stipendi più bassi,
avendo come obiettivo quello di attirare una parte del ceto medio
ormai “impoverito”, costituito soprattutto dai precari,
che anche Oltralpe stanno aumentando sempre più. È il nuovo
bacino di espansione del partito. Questo è un punto molto
importante. Fondamentale perché è vero che va ad aiutare una
parte della popolazione in difficoltà, ma è anche vero che si
tratta di una sorta di scambio di favori che molto spesso si fa in
tempi elettorali. Ricordano tanto gli 80
euro di Renzi di cui Salvini parla ogni volta che va in televisione
definendoli come l’unico motivo per cui gli italiani hanno votato
il Partito Democratico alle precedenti europee.
Fonte: giornalettismo.com |
Tornando alla situazione
francese, mi preme riprendere una dichiarazione rilasciata dalla Le
Pen riguardo le intenzioni future: “il
recente rimpasto in seno al governo Valls è stato l’ultima
cartuccia di Hollande prima della dissoluzione. A metà mandato
l’unica opzione di Hollande sarebbe lo
scioglimento dell’Assemblea Nazionale.
Sono rispettosa delle istituzioni, non contesto la legittimità del
presidente, ma non ha più la fiducia del popolo e deve trarne le
conseguenze”.
Facciamo
un po’ di chiarezza.
In
Francia, il potere esecutivo, e cioè quell’organo che delinea le
linee guida di politica estera e interna, è rafforzato a scapito del
potere legislativo. L'elezione
del Presidente della Repubblica avviene con voto popolare distinto ed
autonomo rispetto a quello del parlamento, mentre il potere esecutivo
è condiviso con il Primo Ministro che però può essere scelto e
revocato dal Capo di Stato. Il
primo ministro ed il Governo possono essere sfiduciati dal parlamento
e revocati dal presidente, quest'ultimo non sfiduciabile. Il Presidente, ha il potere di sciogliere l’Assemblea
Nazionale, il ramo più importante del Parlamento francese. È il
cosiddetto semipresidenzialismo.
Nel caso in cui Hollande decidesse di esercitare quest'ultima prerogativa, la
leader del Front National, sottintendendo una ipotetica vittoria alle elezioni, prevede di prendere la
guida del governo, e
cioè avere la maggioranza in seno all’Assemblea Nazionale in
coabitazione con il presidente della Repubblica che dovrebbe decidere se sottomettersi o dimettersi, dato che non avrebbe più la maggioranza
necessaria per stabilire le linee guida della politica di stampo
socialista. E secondo la Le Pen, Hollande sceglierebbe la seconda
soluzione perché non sopporterebbe che la politica condotta dal
Governo sia radicalmente diversa dalla sua.
Speriamo però, che
Hollande non arrivi mai a dover fare questa scelta.
Nessun commento:
Posta un commento