Nonostante fosse lo sfavorito, il ballottaggio di domenica 16 novembre ha visto trionfare Klaus Johannis alle elezioni presidenziali rumene. Ma quali sono le ragioni di questo risultato inaspettato e le conseguenze della vittoria del centro-destra sulla politica rumena?
Johannis, laureato in fisica ed esponente della minoranza tedesca, ha iniziato la sua carriera politica nel 2000 quando è stato eletto sindaco di Sibiu (capoluogo della regione in cui maggioranza magiara e tedesca sono numerose). Ben quattro mandati da sindaco in cui si è fatto conoscere come colui che “mette in ordine i conti” della città. Durante questo periodo Sibiu è perfino riuscita a diventare Capitale Europea della Cultura (2007). Nel 2014 viene eletto alla presidenza del Partito Nazionale Liberale (PNL) e designato come candidato alla presidenza della Repubblica. Protagonista di qualche scandalo di minor portata collegabile prevalentemente all’incompatibilità tra cariche, Johannis è riuscito sempre a mantenere un’aurea di correttezza ed efficienza (retaggio forse delle sue origini tedesche?). Ed è proprio quest’immagine che ha portato Johannis alla vittoria: viene visto come l’oppositore della corruzione che potrà dare una svolta al Paese, a differenza del candidato socialista Ponta, simbolo (nonostante la sua giovane età, 42 anni) del vecchio sistema corrotto.
Al ballottaggio ha partecipato il 64% degli aventi diritto. Al primo turno Ponta, attuale premier socialdemocratico, era in vantaggio su Johannis di ben 10 punti percentuali (40% rispetto al 30%), al ballottaggio invece il candidato vincente ha conquistato il 54,5% dei consensi. La chiave di questa svolta? Il voto all’estero. Si stima che i romeni all’estero siano circa 3 milioni. Se nel primo turno c’erano stati parecchi disguidi con lunghissime code e addirittura lanci di lacrimogeni a Torino e Parigi (le malelingue dicono “favoriti” da Ponta, poiché tradizionalmente la comunità romena all’estero vota per i conservatori), nel secondo turno il numero di votanti all’estero è raddoppiato. Tuttavia la differenza non è tanto data dal numero di voti (360 mila, numero certamente esiguo), bensì dalla catena di solidarietà verso i propri connazionali all’estero che ha portato migliaia di rumeni in patria ad andare a votare per difendere il loro diritto al voto. L’11% di affluenza in più rispetto al primo turno è stato decisivo per la vittoria di Johannis. La logica sembra quindi questa: la difficoltà nel votare all’estero è stata interpretata come simbolo di un sistema fallimentare, di conseguenza l'aumento della partecipazione al voto è stato percepito come protesta e solidarietà verso i propri connazionali all’estero. Il risultato? Un voto per il candidato conservatore come messaggio all’establishment. La vittoria non è tanto da attribuire a Johannis come candidato del centro-destra, bensì come outsider che può riportare una sorta di “purezza” nel sistema politico rumeno.
Il mandato di Johannis non sembra iniziare però nel più facile dei modi. Ponta ha dichiarato di non volersi dimettere da Premier perché convinto che il dialogo con il nuovo Presidente e una linea di continuità porterà maggiore stabilità. Questo potrebbe essere vero, ma potrebbe anche creare uno scenario altamente instabile se questa “convivenza” tra Presidente e premier fosse infruttuosa. La mossa di Ponta è politicamente molto scaltra, egli ammette la sconfitta e dichiara di aver capito il messaggio del popolo e la necessità di rinnovamento. Starà quindi a Johannis decidere se collaborare o no.
Il nuovo Presidente ha già dichiarato quali saranno i primi passi del proprio operato: indipendenza della giustizia, aprire un dialogo sul voto elettronico e per corrispondenza in modo da assicurare il diritto di voto all’estero in futuro, economia liberale, potenziamento dell’istruzione, modernizzazione dell’agricoltura. La vittoria del centro-destra porterà invece sicuramente benefici alla Romania a livello europeo. Johannis è apertamente appoggiato da Angela Merkel e questo potrebbe favorirne la posizione all’interno dei vertici UE. La Merkel aveva inviato una lettera di sostegno a Johannis in cui dichiarava che riconosceva nel candidato del PNL virtù apprezzate in Europa, competenze amministrative e un forte spirito europeista.
Essendo un outsider è difficile prevedere se Johannis sarà all’altezza dei suoi compiti. Si può auspicare che riesca a traslare le sue capacità di buon amministrare nella politica nazionale. Ha le carte in regola per dare alla Romania ciò che ha bisogno. Un sistema scevro da corruzione e con una buona amministrazione che possa farle fare quel salto di qualità che in questi ventiquattro anni di democrazia ancora non si è compiuto nella sua totalità. Nonostante l’ingresso nell’Unione Europea risalga al 2007, la Commissione europea ha sempre fatto presente la necessità di progressi nel settore sociale e nella lotta alla corruzione. Questo mandato per dirsi di successo dovrebbe compiere questi ulteriori passi e magari dare la possibilità alla Romania di essere considerata uno stato con le caratteristiche per far parte dell’area Euro.
Sabrina Mansutti
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