Il 17 luglio 2014 l’aereo di linea
malese MH17 partito da Amsterdam direzione Kuala Lumpur viene
abbattuto da un missile terra-aria operato dai separatisti filo russi
mentre sorvolava lo spazio aereo ucraino. Nell’incidente hanno
perso la vita 298 persone e l’Olanda ha registrato il maggior
numero di vittime insieme alla Gran Bretagna, il Belgio, la Francia e
la Germania.
Questo tragico evento riporta alla
mente quanto accadde il primo settembre di 31 anni fa, quando il
Boeing 747 della Korean Airlines, che da New York volava verso Seul,
venne abbattuto da un missile sovietico sopra il mar del Giappone,
era il 1983 e il mondo bipolare era tornato in una fase di
inasprimento delle relazioni tra le due superpotenze in particolare
della percezione che una aveva dell’altra. Se è vero che la Guerra
Fredda è stata più di tutto una guerra di parole, idee condivise e
percezioni allora è emblematico ricordare come Reagan reagì
all’incidente aereo denunciando “un massacro barbaro, una
brutalità disumana, un crimine contro l’umanità”.
Oggi il mondo bipolare ha lasciato
spazio all’emergere di nuovi attori globali e l’Unione Europea,
che si è imposta nella governance mondiale a piccoli passi, è più
che mai la vera artefice e responsabile delle difficili relazioni con
la vicina Russia. Manca però una posizione univoca dei
28 paesi membri nei confronti di quanto accaduto il 17 luglio. Si
possono sollevare questioni sul fatto che l’Europa non abbia ancora
una voce unica in merito alla sua politica estera, ricordando ancora
una volta quanto gli stati membri siano restii a trasferire sovranità
alle istituzioni europee in merito a temi tanto delicati, ma è
indubbio che i rapporti filo russi di molti paesi subiranno un
inevitabile cambiamento di rotta.
Nella impossibilità, dunque, di
analizzare le relazioni bilaterali tra Unione Europea e Russia è
bene guardare ai rapporti tra l’Olanda, il paese che maggiormente
ha sofferto per il tragico evento di luglio e la Russia, e quello
dell’Italia che, forte della sua presidenza del semestre europeo,
sta presentando i suoi candidati alla presidenza della PESC anche
sotto la lente delle scomode relazioni con la Russia.
Entrambi questi paesi per molto tempo
hanno strizzato l’occhio a Putin per poter ricavare benefici
economici dal commercio di risorse naturali. L’Olanda è uno dei
paesi membri che più di altri investe in Russia. Nelle raffinerie di
Rotterdam, infatti, quasi il 40% del greggio proviene dalla Russia.
L’importanza di mantenere buoni
rapporti con Putin ha portato anche a chiudere un occhio sull’arresto
dell’equipaggio olandese della nave di Greenpeace, Artic Sunrise,
che si trovava nel Mar di Barents lo scorso settembre e sulle
insofferenze espresse da Putin, in visita ad Amsterdam lo stesso
mese, nei confronti dei diritti omosessuali e della liberalizzazione
delle droghe leggere.
E’ ancora presto per dire se
l’Olanda, così legata da interessi economici alla Russia, sia
pronta per una risposta ferma nei confronti di quanto accaduto lo
scorso 17 luglio, certamente la sua posizione non sarà facile perché
da una parte la sua economia dipende fortemente dalle importazioni di
gas russo, ma allo stesso tempo le relazioni tra i due paesi si
basano su ricatti e passi falsi. Basti pensare al progetto Sakhalin 2
di estrazione e distribuzione energetica, che prevedeva una joint
venture della Royal Dutch Shell, la giapponese Mitsui e la compagnia
russa Gazprom passata poi quasi totalmente nella mani della Gazprom
in seguito ad un’ambigua manovra di accuse di barbarie ecologiche
nei confronti della Royal Dutch Shell da parte della Gazprom. Anche
allora l’Olanda ha chinato il capo alla Russia pur di garantirsi
una, seppur minoritaria, partecipazione al progetto.
Non solo ad Amsterdam si riscontrano
comportamenti dicotomici nei confronti di un paese che tiene sotto
scacco gli approvvigionamenti energetici europei, mostrando
apertamente una politica opposta ai valori etici e alle pratiche
economiche europee.
In Italia si sta discutendo delle
nomine per la presidenza della Pesc, una poltrona influente e di
prestigio anche se, come già sottolineato, priva di una vera forza
decisionale (parliamo dell’Alto rappresentante per gli affari
esteri). Sul nome della Mogherini, fortemente
voluto dal premier Renzi, è stato messo il veto da parte della
Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia che non accettano le posizioni
filo russe della ministra degli esteri italiana e chiedono, anzi, un
inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia. Ancora una
volta, quindi, ci troviamo davanti ad un paese, l’Italia, che in
modo quasi schizofrenico porta avanti una politica accomodante nei
confronti della Russia di Putin per garantirsi un posto nella
realizzazione del gasdotto South Stream. Questo progetto è
fortemente avversato da Bruxelles che sta cercando di bypassare la
Russia sfruttando, invece, il gas dell’Asia centrale grazie a nuove
relazioni con l’Azerbaijan e il Turkmenistan; ma il South Stream,
di fatto, fa gola tanto alla Russia quanto all’Italia per via della
partecipazione dell’Eni e della Saipem al progetto.
Quello che ci si aspetta dall’Unione
Europea non è certamente una reazione reaganiana all’incidente
aereo e a chi ha veramente la responsabilità di quanto accaduto, ma
una posizione più assertiva da qui in avanti nei confronti della
Russia.
L’Unione
Europea, in quanto attore globale, deve unirsi intorno ad una simile
tragedia e ripensare anche la sua politica energetica per non
dipendere più dai ricatti delle compagnie di estrazione russe. Per
fare ciò è necessario un rafforzamento dell’identità europea,
dei valori comuni tanto diversi da quelli dell’ex gigante
sovietico, e questo è possibile attraverso un riconoscimento della
propria identità di unione di paesi democratici ed attenti ai valori
iscritti nel Trattato della Costituzione europea. L’Unione Europea
forte di questa sua coscienza di rispetto dello Stato di diritto,
della democrazia, dei diritti dell’uomo non può tollerare le
costanti trasgressioni di quei valori da parte della Russia. In
questo senso l’Europa può dare una risposta diversa a quella data
dagli Stati Uniti nel lontano 1983 ad un tragico evento dimostrando,
a dispetto di quanto ancora si è portati a pensare, che è possibile
assumere una posizione comune.
Gaia Taffoni
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