Quella di
Nicolas Sarkozy è stata una carriera politica, o più semplicemente, una vita
intera costellata di dichiarazioni forti, scandali in rapida successione, mogli
nuove e vecchie, prese di posizioni nette e contrastanti. Una propensione
naturale a presentarsi come una sorta di superuomo prestato alla politica, un
uomo forte, deciso e autorevole, che ad ogni frase non poteva fare altro che
scatenare un mare di polemiche. O lo ami o lo odi, “Sarkò” è fatto così. Il
gesto teatrale e la propensione a presentarsi ogni volta come un baluardo della
nazione lo hanno nettamente smarcato da qualsiasi altro presidente francese.
Sarkozy era
pronto ad un rientro in grande stile, stava progettando la scalata per
riprendersi l’Eliseo, voleva riapparire sulla scena politica in pompa magna per
preparare il ritorno alla presidenza e riprendere in mano una missione nei
confronti della Francia che lui non considerava conclusa dopo il primo mandato.
La possibile candidatura di Sarkozy era vista come una mossa ad effetto, e in
tal senso disperata, per ricompattare un partito, l’UMP, che tra gli scandali
giudiziari, le dimissioni del segretario Copè, e le sberle elettorali prese dal
Front National, aveva bisogno di proteggersi sotto l’ombra protettiva dell’ex
inquilino dell’Eliseo. Sarkò si sarebbe dovuto presentare come l’unico nella
destra moderata ancora in grado di scaldare gli animi di quell’elettorato
moderato spaventato non tanto dal partito socialista di Francois Hollande (per
quel che ne resta poi, al momento non dovrebbe esserci nessun timore), ma dal
trionfo elettorale alle ultime europee di Marine Le Pen.
L’affermarsi della
formazione di estrema destra come primo partito francese è stato un terremoto
elettorale che ha rifilato un gancio terribile tanto ai socialisti - sempre più
agonizzanti - quanto ai neogollisti, incapaci di incanalare i timori di parte
della popolazione e dell’elettorato di destra riguardo immigrazione ed
integrazione europea. Sarkozy, come conferma il pubblicitario e suo grande
amico Séguéla, doveva riempire un vuoto lasciato sia a destra che a sinistra,
lanciando, o meglio, il rilanciando l’unico politico moderno presente nella
repubblica. Magari ritrovandosi come sfidante
quel Manuel Valls, primo ministro che tanto fa storcere il naso alla
gauche, quanto ha molti simpatizzanti nel centro destra.
Ma, come è stato
accennato, gli scandali, i sospetti, le indagini e le polemiche fanno parte
della carriera politica dell’ex delfino di Jacques Chirac. Dopo l’accusa di
finanziamento illecito da parte di una vecchia ereditiera (affaire Bettencourt)
e dell’amico/nemico Gheddafi, a cui va aggiunta quella di essere stato
coinvolto, negli anni ’90, in un giro di tangenti in cambio di armi con
l’intelligence pachistano; ora Sarkò è stato colpito dall’accusa di corruzione
e traffico di influenze, nel tentativo, secondo i magistrati, di favorire un
giudice che si stava occupando di indagini riguardanti l’ex presidente. La
questione interessante non sta tanto nello stato di fermo che Sarkozy ha dovuto
affrontare negli uffici di custodia cautelare di Nanterre - primo caso in
assoluto per un ex capo dello stato - quanto nei toni che Sarkozy ha usato in
una sorta di arringa difensiva davanti alle telecamere della tv francese:
“accanimento giudiziario nei miei confronti”, “giustizia ad orologeria”,
“vendetta dei magistrati”. Dichiarazioni forti, che colgono di sorpresa stampa
francese ed internazionale, nonostante si fosse abituati a battute di un certo
effetto (i giovani protagonisti delle rivolte nelle banlieu definiti “feccia”).
Di solito l’indagine e il capo di accusa bastavano a decretare la fine politica
di qualsiasi politico francese: da Strauss-Kahn che, dopo lo scandalo dello
stupro (poi rivelatosi fasullo), veniva evitato ai grandi ricevimenti mondani
come un appestato, all’ex primo ministro di Hollande Cahuzac, sospettato di
evasione fiscale. Ovviamente, ad ogni italiano che si rispetti dovrebbe saltare
all’occhio un paragone con qualche nostra vecchia conoscenza. Questa volta l’accostamento
è fondato, visto che lo stesso Sarkò citò come “modello” lo stile comunicativo
di Berlusconi. Ha imparato abbastanza bene la lezione a quanto pare.
La questione che
adesso si pone comunque è una: i francesi come risponderanno dopo questa
arringa anti-magistratura? Snobberanno l’appello dell’ex presidente o, quasi a
sorpresa visti i precedenti, laveranno le menti e saranno pronti a dargli una
nuova chance? Siamo sicuri poi che l’UMP, vista le penuria di altri papabili
candidati alla presidenza e di personalità autorevoli, non rinnoverà la fiducia
al ritorno del suo leader? In molti sostengono che Sarkozy uscirà più
rafforzato e più forte da questa indagine, che la necessità dell’uomo forte in
grado di dare sicurezza e stabilità contro rischi di derive di varia natura sia
quasi indispensabile. La situazione politica nella Francia di oggi, con i
partiti repubblicani sempre più schiacciati dal Front National, potrebbero
favorire una rampa di lancio importante a Sarkozy, indagini o non indagini.
Forse i francesi resteranno i fedeli alle loro tradizioni e al motto del “chi
sbaglia paga”, ma la performance televisiva di Sarkò certo non li lascerà
indifferenti in vista delle candidature presidenziali.
Citerò anche io
la frase del politologo transalpino Thomas Guénolé, che tanto è piaciuta a
qualche quotidiano del nostro paese: “Prendete un chilo di “È un complotto
giudiziario per abbattermi”, aggiungete 500 grammi di “Comunque non ci sono
elementi contro di me”, spolverate il tutto con “Uscirò più forte da questa
prova” e poi il tocco finale: “Tutto questo non avviene per caso”.
Mattia Temporin
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