Venezuela: la verità imbavagliata

Di seguito, la traduzione dell'articolo Venezuela: the silenced truth di Vicente Blanco.


Nel 1998, quando in Venezuela venne eletto un nuovo governo durante una crisi politica, i politici venivano visti come incapaci di proporre soluzioni e i partiti erano privi di credibilità. Il paese quindi si rivolse a candidati lontani dalla sfera politica, credendo che la mancanza di esperienza (in questa sfera) fosse la soluzione ad un problema che gli attori politici tradizionali non erano più in grado di risolvere. Risultato: un regime democraticamente eletto ha drammaticamente cambiato le dinamiche del paese, prendendo il controllo degli spazi pubblici passo dopo passo, fino a diventare ciò che è oggi.

Modifiche alla Costituzione hanno concesso (al regime) di poter essere rieletto illimitatamente e la nomina personale dei membri della Corte Suprema di Giustizia, del CNE (Consejo Nacional Electoral, “consiglio nazionale elettorale”, si occupa di verificare la trasparenza e la legittimità delle elezioni) e del presidente dell’Assemblea Nazionale. Tutti questi devono cantare pubblicamente lo slogan “Patria, Socialismo o Muerte” per ottenere l’approvazione del governo e restare in carica; in più anche le forze militari sono state costrette a supportare il partito per completare il gioco di potere di fronte al quale si trovano ora i Venezuelani. Non soddisfatto di aver occupato tutti gli spazi pubblici, il governo negli ultimi 15 anni è riuscito a controllare con la forza i media e ad espropriare canali, imprese, edifici ed aziende agricole, mettendo così a tacere la voce di milioni di Venezuelani.


Tuttavia c’è una ragione dietro a questa meticolosa campagna per zittire l’opinione pubblica: non permettere al mondo di conoscere la verità. E la verità è che la corruzione ha distrutto ogni aspetto del nostro paese, dato che, nonostante l’alto prezzo del petrolio ed i ricavi ottenuti ogni anno (che ammontano a 60 miliardi di dollari), non sono riusciti a migliorare il paese. Questa incapacità di portare al benessere è stata compensata con l’oppressione.

La verità che non può emergere è che l’inflazione ha raggiunto il 57% lo scorso anno e che lo stipendio minimo di 3500 Bolivares non può più comprare cibo per un mese, che ora costa 9800 Bolivares. La nostra moneta è stata svalutata di più dell'800% e il governo lo nasconde attraverso restrizioni valutarie e di cambio. Allo stesso tempo, 24.000 persone sono state uccise nel 2013 e solamente un caso su 10 viene risolto. E mentre accade tutto questo, i cosiddetti socialisti accumulano più ricchezza e benessere del più pagato CEO (amministratore delegato), secondo la rivista Forbes.

Qualche giorno fa, il Ministro dell’Istruzione ha chiaramente affermato: “Noi non stiamo portando i cittadini fuori dalla povertà affinchè non diventino parte della classe media e si uniscano all’opposizione” inviando in questo modo il chiaro messaggio che il governo ha bisogno che la popolazione sia povera per spendere meno risorse nelle briciole che fanno arrivare i voti. E’ la rivoluzione della povertà, travestita da speranza e dall’idea di una nazione migliore, una che sia lontana da quella esistente.
I Venezuelani sono stati obbligati a schierarsi, come ha detto l’ex presidente Chavez “O siete con me, o contro di me.” E questa democrazia unilaterale si è evoluta in un mostro fatto di promesse (non mantenute). Tuttavia la mancanza di cibo nei supermercati e la violenza, attribuita ad un’opposizione in realtà priva di qualsiasi mezzo per opporsi al regime, ha costretto la gente a ricorrere all’ultima risorsa rimasta: la strada. Dopo un mese di proteste, più di 1100 persone sono state arrestate, inclusi alcuni leader politici, inoltre un numero imprecisato di persone è stato torturato e 25 studenti hanno perso la vita. Man mano che la protesta cresce, il regime aumenta il livello di violenza e di repressione. Sembra che sarà lungo il percorso verso la libertà e la democrazia, ma come il leader dell’opposizione ha dichiarato dal carcere “Siamo dal lato giusto della Storia.”

Vicente Blanco

Traduzione a cura di Angela Caporale


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