Ci sono quelle canzoni che fanno la storia e quando ti
capita di risentirle un giorno alla radio, per caso, mentre stai guidando,
domandi a chi è in macchina con te: “Ma ti ricordi il video di questa
canzone?”. L'indimenticabile Christopher Walken che se la balla a casa,
prendendo il volo sul ritmo di Weapon of Choice di Fatboy Slim, oppure
la coreografia di quei soggetti venuti fuori direttamente dai magici – e
trashissimi – anni '90, con le loro tute colorate, in un altro video di Fat Boy
Slim, Praise you? Stephen Malkmus senza testa che canta Shady Lane?
Gli Weezer catapultati nel mondo di Happy Days in Buddy Holly, quei tre
ragazzacci dei Beastie Boys in versione poliziesca per Sabotage? Per non
parlare della ginnasta che esegue delicati virtuosismi sulle note elettriche di
Electrobank dei Chemical Brothers, o di Björk che ci intima a fare silenzio mentre It's oh
so quiet? Credo di aver reso l'idea. Apparentemente non hanno nulla in
comune, ma invece sì. Il regista di tutti questi video è Spike Jonze.
Che Jonze se ne intendesse di buona musica già lo sapevamo,
ma con la colonna sonora del suo ultimo film, Her, ha dato il meglio di
sé. A curarla infatti sono stati gli Arcade Fire, con i quali il regista aveva
già collaborato per la realizzazione del videoclip di The Suburbs. È
musica per le orecchie degli spettatori anche la voce della donna di cui si
innamora il protagonista Theodore (Joaquine Phoenix), prestata dalla splendida
Scarlett Johansson. Per questa volta però dovrete accontentarvi della sua voce,
già, perché non la vedrete per tutto l'arco del film. Il motivo? La donna di
cui si innamora Theodore è un sistema operativo OS1 dal nome Samantha. In molti
avevano già provato ad affrontare questa tematica, ma nessuno fin'ora era
riuscito a portarsi a casa un premio Oscar alla sceneggiatura. Jonze è infatti
riuscito a tracciare e raccontare quasi interamente tutti gli aspetti che
possono caratterizzare un tipo di rapporto del genere, senza scadere nel
banale, eppure lasciando impressa la sensazione che il rapporto tra queste due
“persone” (passatemi il termine), non abbia nulla da invidiare ad un rapporto
normale.
Joaquin Phoenix in Her |
Theodore svolge un lavoro molto particolare: si occupa di
scrivere lettere per gli altri. In una giornata come tante altre viene colpito
dalla réclame accattivante di un nuovo sistema operativo e decide di acquistare
uno per il suo computer. È così che nasce Samantha, basata sul DNA di tutte le
persone che l'hanno progettata, in grado di crescere e svilupparsi minuto per
minuto, imparando dalle proprie azioni. Esattamente come per tutti noi esseri
umani. Samantha ha però una “mente” universale e in quanto tale anche in grado
di provare emozioni, che la portano a scoprire l'amore, attraverso la relazione
con Theodore. Lui ha da poco rotto con la sua ex moglie, e sta cercando il
coraggio per firmare le carte per il divorzio. Da tempo non riesce più ad avere
una relazione con nessun'altra donna, si trova spesso a camminare per le strade
della sua città, come un flâneur
che osserva, perdendosi, la realtà circostante, e con essa i soggetti umani, ai
quali si ispira per scrivere le sue lettere. Samantha arriva come un fulmine a
ciel sereno, in una vita vuota, il cui unico tocco di colore (non in senso
metaforico) è dato dai maglioncini e dalle camicie di colore rosso che imperano
nell'armadio di Theo. Tra i due nasce e cresce una relazione ben più profonda
di quello che si sarebbero mai potuti aspettare: si capiscono, si aiutano, si
divertono, fanno l'amore, parlano. Assieme. È una relazione che ha i suoi alti
e bassi, come quelle di chiunque altro: c'è la gelosia, l'assenza – a chi non
manca il proprio partner nelle relazioni a distanza? – , il dubbio e
l'abbandono. In particolare il tema dell'assenza corporea di Samantha è quello
che pervade l'intera pellicola. Samantha c'è, Theo sente la sua voce, ma
d'altro canto fisicamente non c'è. Possono parlarsi ma non possono toccarsi.
Allora forse è vero ciò che dice Barthes:
All'assente,
io faccio continuamente il discorso della sua assenza; situazione che è tutto
sommato strana; l'altro è assente come referente e presente come allocutore. Da
tale singolare distorsione, nasce una sorta di presente insostenibile; mi trovo
incastrato fra due tempi: il tempo della referenza e il tempo dell'allocuzione:
tu te ne sei andato (della qual cosa soffro), tu sei qui (giacché mi rivolgo a
te). Io so allora che cos'è il presente, questo tempo difficile: un pezzo di
angoscia pura.
[Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso]
Spike Jonze |
Theodore
e Samantha vivono l'angoscia dell'assenza, compensata però dalla gioia del
racconto quotidiano. Comprendere che l'altro non è un possesso, l'altro non è
dominio tuo, ma piuttosto un'incredibile risorsa momentanea della quale puoi
gioire oggi, così come tante altre persone assieme a te, senza avere la
certezza di un domani. Vivere l'altro nel suo essere altro da te, senza volerlo
cambiare, solo per il puro desiderio di condividere. “Happiness real only when
shared”, per usare le parole tanto inflazionate quanto vere di Cristopher
McCandless.
Nel
complesso il film e le tematiche sono portate avanti con grande maestria da
Spike Jonze. Questo è solo il quarto film per lui, ma assieme a Essere John
Malkovich e Il ladro di orchidee vanno a costituire una tripletta
imperdibile nel panorama del cinema contemporaneo. Potrà forse risultare in
alcuni punti un po' oscuro, ad esempio rimane irrisolto il dubbio su come i due
possano avere rapporti sessuali, Jonze infatti oscura lo schermo durante il
loro primo rapporto, e ci lascia ascoltare i loro gemiti. Non è nemmeno chiaro
perché, sul finale, tutti gli OS dovranno andarsene. Ma probabilmente non è
determinante ai fini della comprensione del film. Certo, lascia l'amaro in
bocca vedere quelle masse di persone grigie che camminano per strada senza
guardarsi e senza parlare tra loro, ma comunicando solo con il proprio OS.
Lascia intravedere uno spiraglio sul futuro abbastanza inquetante, poiché forse
molto vicino a noi.
Roberta Cristofori
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