Le elezioni per il Parlamento Europeo
si sono appena concluse e hanno portato con sé risultati inaspettati
e clamorosi, polemiche e preoccupazioni, tanti dubbi e poche
certezze. Sono state le Europee del trionfo di Renzi, del ciclone
Marine Le Pen in Francia e, più in generale, dell’avanzata dei
partiti euroscettici. Sono state le europee in cui i cittadini
dell’UE potevano (almeno apparentemente) scegliere con il loro voto
il Presidente della Commissione Europea che succederà a José Manuel
Barroso. Analizziamo questa tornata elettorale sia nella loro
dimensione complessiva che nel contesto dei principali singoli stati
membri con Gianfranco Baldini, docente di Scienza Politica presso
l’Università di Bologna.
fonte: internazionale.it |
La dimensione del risultato
elettorale di Renzi e del suo Partito Democratico in Italia è di
portata storica. Secondo lei da dove sono confluiti i voti al PD e
cos’ha convinto gli italiani a riporre la loro fiducia nel
Presidente del Consiglio?
Come in tutte le elezioni
europee bisogna considerare che la partecipazione elettorale è più
bassa rispetto a quelle nazionali, nonostante le aspettative di
un’inversione di tendenza. Occorre partire da questa premessa.
Bisogna guardare i numeri assoluti e non le percentuali. Una breve
parentesi: anche stavolta gli exit poll italiani si sono rivelati
essere sbagliati mentre fuori dal nostro paese sono più accurati. Io
ero all’estero durante gli ultimi giorni di campagna elettorale e
ricevevo notizie che davano il PD e il MoVimento 5 Stelle molto molto
vicini. Poi sappiamo com’è andata a finire.
Ecco, perché i sondaggi in Italia
non sono mai attendibili?
Una volta tutti non ammettevano di
votare Berlusconi. In questa tornata elettorale invece probabilmente
gli elettori sono stati spinti a dichiarare di aver messo la croce
sul partito di Grillo perché sembrava il voto più coerente con il
clima d’opinione che si era creato. Allo stesso tempo questo stesso
clima d’opinione che si è creato, può aver convinto molte persone
a votare per Renzi, che aveva assoluto bisogno di questo bagno
elettorale. Inoltre penso che tanta gente di destra si sia convinta a
dare la fiducia all’ex sindaco di Firenze perché lo identificano
come l’unica persona che sta cercando di fare qualcosa in Italia,
che tenta di rimuovere tutte le incrostazioni tra le quali è
bloccato il sistema. Tuttavia le prime analisi dei flussi tuttavia
mostrano che la maggior parte del supporto è arrivato dal blocco di
centrosinistra. Infine mi sembra evidente che molti elettori di
centrodestra si siano astenuti. Per tutte queste ragioni il risultato
del PD ha assunto contorni storici.
Lei ha proprio accennato all’aria
che si respirava durante la campagna elettorale. Non l’ha trovata
totalmente priva di contenuti (e non solo europei) e dai toni
imbarazzanti e indecorosi?
Purtroppo è vero ma se lei guarda alle
europee di 5 anni fa le cose cambiano ben poco. Cinque anni fa si
parlava degli scandali di Berlusconi e della sua relazione con Noemi
Letizia. Si presumeva che la presenza dei nomi dei candidati alla
commissione europea potesse portare ad una maggiore rispondenza o
accountability, come la chiamano gli anglofoni, tra il voto dei
cittadini e le espressioni politiche della realtà europea ma non è
andata così. Comunque sì la campagna è stata certamente brutta e
basata sui temi nazionali e non europei. Ma su questo, se posso
essere un po’ disilluso, non avevo grandi aspettative.
Il PD con i suoi 31 seggi è la
singola componente più rilevante nel gruppo del Partito Socialista
Europeo e la seconda in assoluto dopo la CDU della Merkel. Quanto può
essere significativo il ruolo del principale partito di
centro-sinistra italiano e quanto può influire sulla linea politica
di Bruxelles?
Questo è un punto essenziale. Il
numero dei parlamentari dei cristiano-democratici tedeschi a
Bruxelles è superiore solo perché sono assegnati più seggi alla
Germania, quasi 100. Il risultato del PD è il migliore in assoluto
tra i partiti dei 28 paesi. Renzi gode di questo consenso molto forte
e tra meno di un mese inizierà il semestre di presidenza italiano
nel quale il presidente del consiglio cercherà di far valere le
nostre istanze ai tavoli europei. Rimane vero che la situazione
complessiva italiana è abbastanza critica in termini economici e ciò
incide sulla capacità dell’Italia di giocare un ruolo di primo
piano. Certamente all’interno del PSE il peso specifico del PD sarà
molto consistente dato anche che quasi tutti i principali partiti
della famiglia socialista-laburista, come quello tedesco o quello
francese, non si sono comportati troppo bene e sono in difficoltà.
Questo pone il Partito Democratico in una situazione totalmente
anomala. Bisognerebbe tornare indietro alla performance del PCI
nell’84, su cui aveva pesato la morte di Berlinguer, per aver un
termine di paragone. Ma era tutta un'altra storia e tutt’un altro
partito. Riassumendo la posizione del PD può essere rilevante ma
Renzi è stato intelligente nell’analizzare l’esito delle Europee
in maniera ottimista ma cauta, visto che la credibilità italiana in
Europa non è molto alta.
Fonte: lemonde.fr |
Passando alla Francia, il risultato
a mio avviso più clamoroso di tutti. Marine Le Pen sfonda
imponendosi come primo partito. Il Partito Socialista di Hollande non
va oltre un misero 14%. Male anche l’UMP. Il sistema politico e
partitico transalpino è sull’orlo del collasso?
Effettivamente lei ha ragione nel
definirlo un risultato clamoroso. Prima di tutto però è necessario
ricordare che la tradizionale dinamica delle elezioni di secondo
ordine, come le Europee, favorisce i piccoli partiti come il Front
National francese o l’UKIP inglese. Se unisci questo elemento con
la crisi attuale è facile prevedere il successo di queste
formazioni. Ciò è effettivamente avvenuto. Inoltre il sistema
politico francese sconta una peculiarità ulteriore. Marine Le Pen ha
fatto una lunga campagna contro quello che lei chiama l’UMPS,
ovvero l’establishment e il cartello delle due forze politiche
principali (UMP e PS), affermando che l’unica vera forza popolare è
il Front National.
Un po’ come quando Grillo
soprannominava il Partito Democratico il “PD meno la L”…
Esattamente. Questo tipo di retorica ha
un impatto molto forte sull’opinione pubblica. Inoltre sicuramente
la leadership del presidente e la credibilità del Partito socialista
è ai minimi termini nonostante poche settimane fa, in seguito alla
batosta nelle amministrative, lo stesso Hollande abbia sostituito
l’ex primo ministro Ayrault con Manuel Valls, che è guardato un
po’ come il Renzi francese. Resta comunque da capire se gli
elettori rimarranno con il Front National quando si recheranno alle
urne per le elezioni generali. Marine Le Pen si è dimostrata però
capace di avere successo su un certo tipo di elettorato: quello che
si sente più spaventato dalle dinamiche della globalizzazione e
della europeizzazione e spesso ha una situazione lavorativa precaria.
Vorrei ribadire comunque che la struttura del sistema politico
francese, che incentiva la cooperazione tra i partiti di maggioranza,
e il sostanziale consenso europeista tra PS e UMP hanno aiutato la
retorica anti-establishment di un leader populista come la Le Pen.
Lei ha menzionato l’UKIP di Nigel
Farage. Quanto può pesare la sua affermazione sull’impegno
britannico all’interno dell’UE? Il rischio che il Regno Unito
lasci l’Unione è concreto?
Fonte: euronews.com |
La decisione di queste settimane su chi
portare a capo della commissione europea pare essere strettamente
legata alla posizione britannica. La Gran Bretagna non ha mai
avvallato né Schulz né Juncker e nemmeno gli altri candidati perché
eccessivamente associati alla difesa dello status quo europeo che a
Cameron non va più bene. La minaccia e la sfida di Farage è tale
per cui i conservatori si sentono di dover dare risposte più decise
su questo tema dato che tra undici mesi si torna alle urne. Il punto
centrale è questo: l’uscita della Gran Bretagna non è
impossibile. È tecnicamente difficile, penso non avverrà ma non è
impossibile. È del tutto imprevedibile inoltre come possa avvenire
poiché non ci sono precedenti sostanzialmente. In Inghilterra però
esistono spinte molto forti affinché ci sia il distacco. La stessa
classe imprenditoriale britannica è divisa. Le trattative tra
l’Unione Europea e la Gran Bretagna per modificare la membership
inglese andrebbero però inserite nel più ampio quadro degli accordi
di libero scambio tra il vecchio continente e gli Stati Uniti.
L’amministrazione Obama reputa inconcepibile un’eventuale
fuoriuscita della Gran Bretagna dalla UE.
Onestamente ho trovato poco sensati
i tentativi di delineare dei trend che hanno percorso tutta l’Europa
visto che tutte le elezioni si sono giocate soprattutto su dinamiche
e argomentazioni squisitamente nazionali. È d’accordo o si sente
di individuarne uno oltre alla già sviscerata avanzata dei partiti
euroscettici?
Teoricamente le performance dei partiti
al governo, secondo il modello delle elezioni di secondo ordine,
seguono una curva ad U: soddisfacenti se le Europee si svolgono nel
primo anno dopo l’insediamento, peggiorari se si avvicina alla metà
del mandato e in recupero nel finale. Per Renzi, per esempio, ha
influito quello che viene definito “effetto luna di miele”. Anche
in Germania il governo di centrodestra della Merkel fresco di nomina
ha incontrato il favore dei cittadini. Il modello trova un riscontro
pure in Francia in cui i Socialisti sono andati molto male. Più che
concentrarmi però su destra e sinistra o governo e opposizione, mi
soffermerei sulla tenuta alla marea euroscettica. Si configura la
presenza di un gruppo formato dai principali tre partiti europei
(PSE, PPE e Liberali) che occuperà il 70% dei seggi nel Parlamento
Europeo e che potrebbe, in teoria, andare avanti come se non fosse
successo niente nel senso di continuità. Ma sarebbe un atto di
assoluta miopia politica poiché qualcosa è successo.
Peraltro pare che il blocco degli
euroscettici sarà diviso in due nel Parlamento Europeo. Non è che
in fine dei conti la loro forza sarà abbastanza modesta e saranno
esclusi dai processi decisionali?
Rettifico: forse le formazioni saranno
addirittura tre con l’aggiunta di un gruppo misto. Alla estrema
destra, se vogliamo utilizzare le categorie tradizionali, si
costituirà un nuovo gruppo misto di non iscritti composto dall’unico
rappresentante dei nazionalisti tedeschi del NPD, da quelli di Alba
Dorata Greca e pochi altri. Affianco a loro si siederanno gli
eurodeputati del Front National insieme al PVV dell’olandese
Wilders e alla Lega Nord. Poi, alla loro ipotetica sinistra, si
troverà il gruppo formato probabilmente, tanto per capirci, dal UK
Indipendence Party e magari il Movimento 5 Stelle (e sarà
interessantissimo osservare cosa succederà su questo fronte). Infine
ci sarà un gruppo che mette insieme i Conservatori britannici, gli
euroscettici polacchi e pare che anche i tedeschi di Alternativa Per
La Germania si vogliano unire. Quindi al momento se ne contano
appunto tre, con svariate sfumature xenofobe e critiche nei confronti
delle istituzioni dell’UE, più un non gruppo. Inoltre si
costituirà un gruppo di sinistra radicale in cui comunque emergono
proposte fortemente radicali di riforma della costruzione europea. La
coesione tra queste molteplici entità potrebbe non essere affatto
semplice. Anche la capacità di elaborazione di questi partiti è
tutta da verificare. Passare dalla protesta alla proposta è
complicato soprattutto in un contesto in cui su molti temi esistono
preferenze nazionali consistenti e ciascuno di questi partiti (tolto
forse il M5S) è anche espressione di sentimenti nazionalisti.
Il prof. Baldini (fonte: amarevignola.wordpress.com) |
Una delle novità di queste elezioni
era la possibilità per gli elettori di votare direttamente il
presidente della commissione europea attraverso la maggioranza nel
parlamento ma ora vengono tirati in ballo nomi esterni come quello di
Cristine Lagarde. Non le sembra un cattivo segnale ai cittadini
dell’Unione Europea che lamentano la distanza dalle istituzioni
comunitarie?
Sì e no. Sì perché quella di
Bruxelles è una palese marcia indietro. Ciò è avvenuto benché
tutti sapessero che nessun partito avrebbe ottenuto la maggioranza
assoluta e che quindi sarebbe stato necessario un accordo sul
Presidente della Commissione Europea tra i principali eurogruppi. Per
di più, come ho già detto, quei nomi non piacevano ad un paese
influente come la Gran Bretagna.
No perché in politica le persone si
giudicano sulla base delle loro azioni. Se questo individuo, chiunque
esso sia, fosse in grado di avere un’agenda minimamente credibile
che restituisce slancio all’economia europea potrebbe rivelarsi una
scelta positiva, ciò nonostante il suo nome non fosse nella rosa dei
candidati.
In conclusione: che UE ci dobbiamo
aspettare nei prossimi 5 anni? Quanto è verosimile che si riprenda
la strada interrotta dell’integrazione politica? Le misure di
austerità fiscale rimarranno la linea guida a Bruxelles?
Queste sono le domande più difficili.
Risposte certe non ne posso dare, ma posso formulare alcune
speculazioni. Il nodo centrale è questo: come trovare un compromesso
tra chi vorrebbe un avanzamento dell’integrazione politica per fare
in modo che l’unione monetaria si posi su basi più forti e chi,
d’altra parte, vuole restituire potere agli stati nazionali? L’idea
che ci debba essere un rilassamento dei criteri di austerità è
abbastanza consolidata ma allo stesso tempo, secondo il mio punto di
vista, non si dovrebbe rinunciare a mantenere un certo rigore di un
certo bilancio. Certamente i costi sociali di queste politiche di
austerity vanno ridotti. Si deve chiudere un occhio se i criteri
fiscali non sono ottimali o se le spese per gli investimenti, che
sono cruciali per rilanciare le economie dei paesi mediterranei, sono
un po’ eccessive. Ma la chiave, lo ripeto, è nel trovare una
convergenza tra le due tendenze evidenziate in precedenza. Come la si
troverà è ancora molto incerto.
Valerio Vignoli
@ValerioVignoli
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