SundayUp: Nemesi, Philip Roth (2011)

Questo romanzo, una delle ultime opere del sempre apprezzabile Philip Roth, smuove un interrogativo di portata cosmica, lasciandolo forse irrisolto. Esiste un’entità che governa con benevolenza il mondo, oppure solo “un essere […] che riunisce in un’unica entità divina non tre persone, […] ma due: uno stronzo depravato e un genio del male” (p. 172)? Oppure, su un altro livello: l’universo in generale e la vita in particolare hanno un loro senso intrinseco, oppure procedono per un susseguirsi di casualità? Interrogativi ampi, amplissimi forse, ma credo che tutti, almeno una volta nella vita, ce li siamo posti.


Philip Roth Nemesi
Eugene “Bucky” Cantor, ventitreenne con la vista troppo debole per il servizio militare, nella caldissima estate del 1944 si ritrova a combattere la propria personale guerra contro una  devastante epidemia di poliomielite che colpisce i bambini di Newark, New Jersey. Bucky lavora come animatore nel campo estivo di una scuola nel quartiere ebraico della città, ed è costretto suo
malgrado a interrogarsi sull’effettiva giustizia del mondo. Come può esistere una malattia checolpisce i bambini, i “suoi” bambini, rendendoli storpi per sempre o, nel peggiore dei casi, uccidendoli? Tutto questo mentre i suoi due migliori amici sono in guerra sul Pacifico, e lui invece è a casa, a rendersi utile in un altro modo, ma non nel modo che lui vorrebbe. Il Dio che l’ha fatto allevare con amore dai due benevoli nonni (dopo che la madre è morta di parto e che il padre, un ladruncolo della domenica, l’ha abbandonato) è lo stesso Dio che, con spietata lucidità, falcia via le giovani vite dei suoi ragazzi con un male incurabile: ecco la drammatica verità con cui Bucky Cantor dovrà scontrarsi, con esiti sorprendenti, nel corso della narrazione. 
Resisterà la sua coscienza salda? Resisterà il suo incrollabile e ricambiato amore per Marcia, la sua promessa sposa? Resisterà la sua fiducia nella vita? Non resta che immergersi nello stile asciutto, essenziale ed equilibratissimo di Roth, alla ricerca, fra le righe e fra il non-detto, di risposte, o almeno di altre domande, che aiutino a far luce sull’angoscia del protagonista.

Alessio Venier

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