La storia è nota: ieri Berlusconi si è svegliato, ha fatto colazione con latte umano, ha letto i suoi (nel senso più stretto del termine) giornali, ha giocato con Dudù, si è travestito da Mao Tse Tung e ha fatto il tanto atteso videomessaggio. Dopo lo ha trasmesso a reti unificate, come, ne siamo certi, accadrebbe in qualsiasi altra democrazia moderna.
Siccome trovo la telenovela sull’ineleggibilità estremamente noiosa, non dedicherò molto tempo al contenuto (una definizione molto generosa) ma cercherò di concentrarmi soprattutto sulla forma. È tutto così scontato e risaputo che mi sembra superfluo indignarsi anche stavolta: a parte la Santanchè, la Biancofiore, Brunetta e quelli dell’esercito di Silvio che pensavano che la Cassazione avesse annullato la condanna per evasione fiscale, lo sono praticamente già tutti, anche i suoi stessi elettori anche se non lo ammetteranno mai.
Non ha detto nulla di nuovo: un po’ di attacchi alla Magistratura, qualcosa contro la sinistra, spot elettorali, totale assenza di argomenti politici, richiami mistico-religiosi.. il classico discorso berlusconiano, niente di più. Non ha fatto cadere il Governo, e a mio avviso era assolutamente prevedibile. Ha troppo fiuto politico per cadere in questo tranello, sa bene che lui e il suo (anche in questo bisogna dare all’aggettivo possessivo l’interpretazione più letterale) partito in questo momento non potrebbero mai migliorare i risultati di quest’inverno, meglio allora attizzare i fedelissimi, cercare di mostrarsi come il grande benefattore che rimane fianco a fianco dei propri aguzzini per amore del paese e aspettare pazientemente che l’ostinato cammino della sinistra lungo la via dell’autolesionismo porti i suoi frutti.
Ma veniamo allo storico punto di forza del cavaliere: la forma, la confezione, che gli ha garantito di vendere per anni un prodotto scadente ma estremamente affascinante per i più superficiali. I segni del declino sono evidenti. Berlusconi è apparso stanco, lento, invecchiato e depresso. Non ricordo altre sue performance così spente. Dopo la sfiducia del 2011 era scomparso dalle scene per qualche mese, si diceva per nascondere un umore e una forma pessimi, forse sarebbe stato meglio se si fosse un po’ defilato anche stavolta. Invece non ha saputo resistere all’idea di riproporre Forza Italia. Cambia niente, sia chiaro. Si tratta solo di un tuffo nel passato. Anche l’ambientazione è tornata quella del 1994, lo studio di casa, con foto di famiglia in bella mostra e la luce un po’ troppo soffusa, quasi come se non si volessero evidenziare i particolari. Tutto così retrò, così anni 90’.
Un uomo notoriamente energico, ottimista ed empatico ha lasciato spazio alla controfigura stanca e triste di se stesso. Non è più quello di vent’anni fa, perciò ha provato a ricreare quel contesto. Il risultato è stato un malinconico flop. Come le reunion delle rock band che ritornano a suonare dopo anni ma sono tutti vecchi grassi e alcolizzati. Come i sequel a distanza di anni di film epocali, che risultano una schifezza perché fuori dal contesto che aveva permesso ai loro antenati il successo (mi viene in mente la pellicola scialba che doveva essere il continuo di Wall Street, film-manifesto yuppies di fine anni 80’). O come il ritorno di Kakà al Milan.
La storia politica di B non finisce qui, continuerà a fare politica anche se dichiarato ineleggibile, continuerà a guidare il suo partito, forse abdicherà a favore della figlia Marina per fare un po’ di restyling ma di certo non scomparirà nel breve periodo, a meno di esiti particolarmente negativi degli altri processi in corso. La sua epopea non può considerarsi finita ma ormai è evidente che si trovi in fase calante. Sta per passare per questo paese una sbornia lunga e pesante, e si sa che ci vuole un po’ di tempo a riprendersi da queste cose. Se acquisissimo tutti quanti la consapevolezza che quello a cui abbiamo assistito in questo ventennio non rappresentava la realtà delle cose ma era distorto da questa ubriacatura sarebbe tutto più facile, ma se continueremo a vivere nei ricordi di un passato che non c’è più come il vecchio leader, uscire da questo stato comatoso potrebbe rivelarsi impossibile.
Siccome trovo la telenovela sull’ineleggibilità estremamente noiosa, non dedicherò molto tempo al contenuto (una definizione molto generosa) ma cercherò di concentrarmi soprattutto sulla forma. È tutto così scontato e risaputo che mi sembra superfluo indignarsi anche stavolta: a parte la Santanchè, la Biancofiore, Brunetta e quelli dell’esercito di Silvio che pensavano che la Cassazione avesse annullato la condanna per evasione fiscale, lo sono praticamente già tutti, anche i suoi stessi elettori anche se non lo ammetteranno mai.
Non ha detto nulla di nuovo: un po’ di attacchi alla Magistratura, qualcosa contro la sinistra, spot elettorali, totale assenza di argomenti politici, richiami mistico-religiosi.. il classico discorso berlusconiano, niente di più. Non ha fatto cadere il Governo, e a mio avviso era assolutamente prevedibile. Ha troppo fiuto politico per cadere in questo tranello, sa bene che lui e il suo (anche in questo bisogna dare all’aggettivo possessivo l’interpretazione più letterale) partito in questo momento non potrebbero mai migliorare i risultati di quest’inverno, meglio allora attizzare i fedelissimi, cercare di mostrarsi come il grande benefattore che rimane fianco a fianco dei propri aguzzini per amore del paese e aspettare pazientemente che l’ostinato cammino della sinistra lungo la via dell’autolesionismo porti i suoi frutti.
Ma veniamo allo storico punto di forza del cavaliere: la forma, la confezione, che gli ha garantito di vendere per anni un prodotto scadente ma estremamente affascinante per i più superficiali. I segni del declino sono evidenti. Berlusconi è apparso stanco, lento, invecchiato e depresso. Non ricordo altre sue performance così spente. Dopo la sfiducia del 2011 era scomparso dalle scene per qualche mese, si diceva per nascondere un umore e una forma pessimi, forse sarebbe stato meglio se si fosse un po’ defilato anche stavolta. Invece non ha saputo resistere all’idea di riproporre Forza Italia. Cambia niente, sia chiaro. Si tratta solo di un tuffo nel passato. Anche l’ambientazione è tornata quella del 1994, lo studio di casa, con foto di famiglia in bella mostra e la luce un po’ troppo soffusa, quasi come se non si volessero evidenziare i particolari. Tutto così retrò, così anni 90’.
Un uomo notoriamente energico, ottimista ed empatico ha lasciato spazio alla controfigura stanca e triste di se stesso. Non è più quello di vent’anni fa, perciò ha provato a ricreare quel contesto. Il risultato è stato un malinconico flop. Come le reunion delle rock band che ritornano a suonare dopo anni ma sono tutti vecchi grassi e alcolizzati. Come i sequel a distanza di anni di film epocali, che risultano una schifezza perché fuori dal contesto che aveva permesso ai loro antenati il successo (mi viene in mente la pellicola scialba che doveva essere il continuo di Wall Street, film-manifesto yuppies di fine anni 80’). O come il ritorno di Kakà al Milan.
La storia politica di B non finisce qui, continuerà a fare politica anche se dichiarato ineleggibile, continuerà a guidare il suo partito, forse abdicherà a favore della figlia Marina per fare un po’ di restyling ma di certo non scomparirà nel breve periodo, a meno di esiti particolarmente negativi degli altri processi in corso. La sua epopea non può considerarsi finita ma ormai è evidente che si trovi in fase calante. Sta per passare per questo paese una sbornia lunga e pesante, e si sa che ci vuole un po’ di tempo a riprendersi da queste cose. Se acquisissimo tutti quanti la consapevolezza che quello a cui abbiamo assistito in questo ventennio non rappresentava la realtà delle cose ma era distorto da questa ubriacatura sarebbe tutto più facile, ma se continueremo a vivere nei ricordi di un passato che non c’è più come il vecchio leader, uscire da questo stato comatoso potrebbe rivelarsi impossibile.
Fabrizio Mezzanotte
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