Le elezioni federali in Germania che si sono svolte lo scorso
fine settimana hanno visto prevalere nettamente l’unione cristiano-democratica
guidata della Cancelliera uscente Angela Merkel con ben il 41,5% dei consensi.
Gli altri tre partiti di sinistra che sono entrati nel Bundestag (il parlamento
tedesco) ovvero i social-democratici del SPD, i verdi e gli ex comunisti della
Linke sommati hanno raccolto solamente un punto percentuale in più del partito
al governo negli ultimi 4 anni e dei loro cugini bavaresi della CSU. Su 82
milioni di cittadini tedeschi 20 hanno votato per la Merkel. Ciononostante,
anche a causa della clamorosa débacle dei liberali del FDP, Mutti (“la
mamma” così viene affettuosamente chiamata la Merkel in patria) dovrà ricercare
un alleanza con un altro partito per formare una maggioranza di governo. La
grande coalizione con l’SPD è all’orizzonte.
Quasi tutti i media nazionali e internazionali questa
settimana sono stati molto indaffarati ad osannare Angela Merkel e a
descriverla come una grande statista del nostro tempo, destinata ad essere
ricordata per la sua abilità nel traghettare con fermezza il proprio paese in
acque tranquille in tempi di tempestosa crisi economica. Inoltre tanti osservatori
si sono soffermati su quanto sia amata dal proprio popolo, grazie alla sua
calma e semplicità.
Ma quali sono i suoi reali meriti in questa vittoria? Che
Germania dobbiamo aspettarci nei prossimi anni? Come potrebbero mutare gli
equilibri all’interno della zona Euro? Ne parliamo con Piero Ignazi,
politologo, docente presso l’Università di Bologna di Politica Comparata e
Politica Estera dei Paesi Europei ed editorialista de “L’espresso” e de “La
Repubblica".
Per spiegare il
notevole successo dei cristiano-democratici della CDU, molti commentatori hanno
addotto come motivazioni il senso di stabilità e sicurezza che la Cancelliera
Angela Merkel riesce ad infondere nei tedeschi e le eccellenti performances
economiche dell’economia tedesca durante il suo ultimo mandato. Ritiene che
altri fattori siano stati rilevanti in questo appuntamento elettorale? Se sì,
quali?
Sì, io credo che ci sia stata soprattutto un assenza di
alternativa. Non credo ci siano stati particolari meriti della Merkel. I meriti
della tenuta economica della Germania sono unanimemente attribuiti al governo
rosso-verde di Schroeder e alle riforme da lui imposte. Per esse nel 2005
chiese di essere riconfermato, anticipando le elezioni di un anno e provocando
la caduta del proprio governo per avere un mandato più forte. Tuttavia non ci
riuscì per pochissimi voti. E quindi il merito in realtà non è della Merkel
che, contrariamente a tanti, considero un politico di media levatura. Un ottimo
tattico, molto attento ad eliminare possibili concorrenti, ma non certo un
politico di visione. Anzi, le sue visioni sono estremamente ridotte, limitate e
parrocchiali. Il suo risultato elettorale non è certo una vittoria storica. Ho
trovato di un'ignoranza abissale i commenti dei nostri giornali. La Cdu ha più
volte superato il 40%; quindi non è certo una vittoria storica. Detto questo,
ripeto, la spiegazione va ricercata nei demeriti degli avversari, in
particolare dei social democratici, che non hanno capitalizzato il successo di
Schroeder, che sono stati travolti dall'esperienza della grande coalizione e
che, dopo il trauma della sconfitta storica nel 2009 (quella sì storica) non
hanno trovato un alternativa.
http://it.wikipedia.org/wiki/Piero_Ignazi |
Quindi c’è qualcosa
che non va a sinistra…
Il problema del SPD è che non ha più una strategia e soprattutto
ha un rapporto complicato con la Linke, il partito più radicale. E' un rapporto
complicato, perché in parte nella Linke ci sono degli estremisti radicali alla
Lafontaine ed è questo è il suo vero handicap. Questo ex leader ha scardinato la cancelleria della SPD, ha
rotto clamorosamente con Schroeder nel primo governo rosso-verde e poi ha fatto vari passaggi in formazioni
alternative di sinistra. Aveva quasi abbandonato la politica ma poi è rientrato
e rappresenta sempre una sorta di spina nel fianco per l'SPD e rende molto
difficili i rapporti tra quest’ultimo e la Linke. C'è una difficoltà oggettiva
da parte dei social-democratici a creare una coalizione rosso-rosso-verde. Che
tra l'altro avrebbe la maggioranza dei seggi. Se ci fossero le condizioni
politiche ci sarebbe una maggioranza alternativa dato che ci sono 5 seggi di
vantaggio.
Ha letto l'intervista
del 25 settembre di “La Repubblica” al noto sociologo Ullrich Beck? In essa
Beck sostiene che in un probabile governo di larghe intese i social-democratici
potrebbero essere decisivi nel limitare il potere decisionale della Merkel e
spingerla verso una maggiore solidarietà verso i paesi più in difficoltà della
zona Euro. Cosa ne pensa?
Sì, l’ho letta e non l'ho trovata niente di che. L' SPD
diventa inevitabilmente un elemento fondamentale come partner. Ma allo stesso
tempo come fa un partito che ha 16 punti in meno rispetto al suo alleato a
condizionare più di tanto? È molto complicato per il partito social democratico
riuscire a fare una cosa del genere. È intrappolato, anche se sta un po'
recalcitrando. Se aderisce alla proposta di fare una coalizione potrà porre
qualche condizione, ma non più di tanto. Ci fosse stato un risultato diverso,
l’SPD avrebbe potuto contrattare da una posizione più forte ma avrebbe potuto
anche formare un governo rosso-verde con i Grunen, sostenuto dall'esterno dalla
Linke. Ma la cosa non è avvenuta…
Parliamo della mancata
entrata del partito euroscettico “Alternativa per la Germania” (TBU ne ha parlato qui) nel Bundestag.
Qual è la sua opinione in merito? È un’ulteriore conferma dell’impermeabilità
del sistema politico tedesco ai sentimenti antieuropeisti?
Secondo me questo partito non avrà grandi sviluppi. Ma vorrei
cogliere un aspetto interessante che in pochissimi hanno sottolineato. C’è stato un incremento del 5% nella
partecipazione elettorale. E non è poco… Tuttavia la componente dell’elettorato
più disaffezionata, insofferente, protestataria e alienata rispetto alla
politica ha trovato uno sbocco naturale in questo partito. Esso non è però
solamente una formazione anti-euro ma anche anti-establishment, anti-governo,
anti-Bundesbank e contro i media più influenti. Questo soggetto politico credo
che abbia raccolto questi umori di insoddisfazione che cercano capri espiatori.
Nel caso specifico, l'Euro, che obbliga (nella loro personalissima narrativa)
la Germania ad avere dei rapporti più “rilassati” con i paesi dell' Europa del
sud. Tuttavia questa fetta di elettorato si dimentica di quanto fatto
dall’Europa quando la Germania era in crisi a causa dei costi della
riunificazione.
Mi aveva
particolarmente colpito come, durante una sua lezione a cui ho assistito qualche mese fa, avesse accennato ad una “forte ingerenza
della Bundesbank nella scelta del prossimo Cancelliere”. Ricordo bene? È
un’affermazione impegnativa. Potrebbe per favore spiegarci che cosa intendesse
in quell’occasione con questa espressione?
Probabilmente mi riferivo alle ambizioni e alle mire
politiche del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Dagli addetti ai
lavori viene descritto come un personaggio che sa molto bene ciò che vuole e
che probabilmente tenterà in un prossimo futuro di candidarsi al posto della
Merkel. Anche se già attualmente Weidmann fa politica nel senso stretto del termine.
Perché con la Bundesbank non fa solo politica economica, fa politica, politica
vera. Ecco forse intendevo questo. Anche le sue posizioni sono espressione di
una certa virulenza politica, di un’aggressività spiegabile solo se uno vuole
entrare nelle stanze dei bottoni della politica ed uscire dalle sedi ovattate
delle Banche Centrali.
Gradualmente stiamo
scivolando nel teatro europeo e nei suoi sottili equilibri. In parole povere,
ancora Merkel significa ancora austerità?
Questo è troppo difficile da dire ora. Dipende da molti
fattori. Mi pare eccessivo fare un pronostico in questo momento.
Quindi è troppo presto
per sperare in Italia in una Germania più distesa, che, come si suole dire,
“apra i cordoni della borsa”?
Beh, noi abbiamo un debito pubblico gigantesco e non possiamo
dire niente. Le scelte della rieletta Cancelliera sono del tutto indipendenti
dalle nostre speranze. Tuttavia non penso che l’Italia debba aggrapparsi
disperatamente ad eventuali cambiamenti di rotta e ripensamenti delle linee
guida della politica economica tedesca ed europea. L’Italia, come d’altronde la
Spagna, ha le risorse per tirarsi su da sola. Semmai sono i paesi più piccoli,
quelli privi di risorse interne come Grecia e Portogallo, in un sistema dove ci
sono attori così più forti, che hanno bisogno di un sistema di solidarietà.
Paesi poveri e senza industria che sono schiacciati dalle differenze
all’interno dell’Unione Europea.
Concentriamoci ora sul
ruolo della Germania nello scenario più ampio delle relazioni internazionali. A
mio modesto avviso, il fulmineo smarcamento tedesco da qualunque tipo di
intervento in Siria ha ribadito ulteriormente, dopo la mancata partecipazione
al defenestrazione del colonnello Gheddafi, l’emancipazione dagli Stati Uniti. È
d’accordo? Stiamo assistendo all’emergere di una nuova consapevolezza del
proprio ruolo da parte della Germania? Ci dobbiamo aspettare una Merkel, che
dietro la sua aria accomodante e rassicurante, nasconde una sempre maggiore
assertività sulle grandi questioni globali?
Eh sì, la Germania è sempre più forte. È sempre più forte
economicamente ed è consapevole di tale forza. Ora, per esempio, le si
riconosce il diritto di parola sui grandi temi internazionali; cosa che, in un
passato non poi così lontano, le era preclusa. Si pensi al suo ruolo nel
dialogo con l’Iran, in cui faceva parte dei cinque stati ammessi alle
trattative, al contrario dell’Italia. Se magari insistesse vigorosamente per un seggio nel Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, diventerebbe una bel problema negarglielo. Tutto ciò però confligge
con la politica del "no problem”, che è una delle etichette della politica
estera tedesca. Si può sintetizzare così “ Non vogliamo avere problemi, non ci
mescoliamo con gli altri se non siamo proprio obbligati”. La decisione della
Germania sulla Libia segue la linea da lei tracciata, dimostrando proprio
questa nuova assertività, ovvero la libertà da ogni condizionamento e la
capacità di decidere in maniera critica e dissonante rispetto agli alleati. Ma
credo che le titubanze tedesche ad uscire definitivamente dal proprio guscio
siano un problema. Un grosso problema. Poiché un paese forte che rimane fuori
inevitabilmente squilibra il sistema. È un plenipotenziario che rimane passivo.
Come se ci fosse a bordo campo Balotelli che fino all’ultimo non sa se scendere
sul terreno di gioco o meno. Renderebbe la propria squadra incerta.
Ma anche la squadra
avversaria…
Ovviamente anche la squadra avversaria!
Valerio Vignoli
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