La #VoltaBuona della #ruspa: comunicazione politica 2.0

Da piccola per star fuori casa quanto più tempo possibile mi iscrivevo a qualunque tipo di associazione/circolo/centro. Intorno ai 15 anni mi ritrovai in mezzo ad alcuni amici “rossi” che mi portarono nella sede dell’allora Sinistra Giovanile, i “pulcini” dell’ex partito dei DS. I “grandi” non ci facevano partecipare in maniera attiva, non c’era quel passaggio del testimone che dovrebbe essere ovvio e utile per quell’entità sovrastante che era il PARTITO. Noi eravamo li perché così prevedeva lo statuto, la consuetudine e le belle parole.

Però ho imparato alcune cose. Non mi facevano partecipare attivamente, ma potevo sempre osservare e ascoltare. E osservai i movimenti e ascoltai stralci di conversazioni sulle strategie da utilizzare per raggiungere risultati elettorali che, almeno da dove vengo io, non si sarebbero mai raggiunti.
Col senno di poi non lo rifarei più. Forse. Però quel poco tempo speso dentro salette con le sedie di legno, che odoravano di fumo e con la carta da parati marrone plastificata, mi hanno dato ispirazione per questo post. Mi ha colpito il modo in cui è cambiata la comunicazione, cercando di adeguarsi ai processi sociali, e il modo in cui non è cambiata la ratio sottesa alla comunicazione, perdendo i “valori” antichi e non riuscendo ad adeguarsi ai processi sociali. Come dire che cambio il colore del vestito ma continuo ad indossare lo stesso intimo, che ormai non lavo neanche più, una cosa un po’… sporca.
Per conto dell’Università degli studi di Torino, dipartimento CPS, con un gruppo di colleghi abbiamo cercato di analizzare la comunicazione politica sui social (i sound bite sono sempre esistiti, risparmiatemi occhi al cielo e commenti contrari) di due tra le personalità politiche più in voga del momento, il sentiment negativo/positivo lo affido a voi, i due giovani (non giovanili) Mattei: Renzi e Salvini.

matteo renzi e salvini


Prendendo in considerazione appena due settimane (1-15 maggio) abbiamo voluto vedere in che modo utilizzano Facebook e Twitter, per dire cosa e in che modo. Partendo da alcune ipotesi (“secondo me Salvini si scaglia sugli immigrati”, “a mio parere Renzi utilizza i social per autopromuoversi”), raccogliendo i dati (utilizzando tool appositi), analizzandoli con tecniche quali-quantitative e confrontando poi profili e piattaforme, abbiamo cercato di dare forma alle risposte che da quei dati provenivano.

Le ipotesi si sono rivelate giuste: con una serie di incroci abbiamo visto che Salvini effettivamente adopera i social per attaccare, ma non tanto gli immigrati, quanto la politica. La comunicazione della Lega, partito personale (fattore avallato anche dai nostri dati, dal momento che il segretario del Carroccio utilizza un approccio che si è etichettato come “autopromozione”), sta cambiando. Gli slogan “Roma Ladrona” o “il nord prima” non esistono più. Non sono più funzionali e Salvini lo sa. Lo sa e inverte la rotta, andando a pescare non poche percentuali di “sondaggicamente” probabili votanti nel meridione. Trova un altro spauracchio, per fomentare gli animi: Rom, immigrati e, soprattutto, la politica. In questo non si allontana molto dai predecessori, il populismo è nel DNA del “partito del Po”; non è neanche così difficile farlo, quando ci si siede all’opposizione criticando tutto e tutti e rifilando soluzioni last minute, che riguardano soprattutto l’uso della ruspa. Ma lo sa fare. I numeri (162,000 Follower twitter e 899.468 Like Facebook) parlano, la presenza catodica/virtuale tiene, il consenso sale, i giornalisti lo citano, gli altri partiti lo prendono in considerazione. E, si sa, se sei preso in considerazione, anche se non hai i numeri formali in parlamento, hai vinto.

Altra è invece la comunicazione di Renzi. Più pacata, scevra di brutte parole e immagini che rimandano al Dadaismo del suo omonimo. Di certo il Presidente del Consiglio non può permettersi di “sfanculare” tutto e tutti (anche se negli hashtag #Staisereno mi pare chiaro l’obiettivo) ma di sicuro sa come creare engagement, con quattro slogan ben studiati, con l’aria tra lo scout navigato e il professorino alla lavagna che spiega le riforme scolastiche che i professori non vogliono. Ma anche lui ha un approccio teso all’autopromozione (che il PD stia diventando più personalistico del passato?) e utilizza in maniera programmatica la spinta che la sua carica gli permette per “vendersi” quanto meglio possibile. E anche qui i numeri ci sono (1,87 mln Follower e 800.524 Like).

La teoria politica ha forse smesso di cercare di etichettare e catalogare i multiformi partiti che si susseguono. Sono ormai oltre i cartel party, i partiti pigliatutto, i professionali-elettorali. Ma tutti hanno caratteri comuni, tutti puntano sulla figura del proprio front-man. Un partito non vince più solamente per i programmi, per le proposte, vince anche (e soprattutto?) per la capacità comunicativa del proprio candidato di punta.
Esistono ancora movimenti e strategie da utilizzare per raggiungere risultati elettorali (come dice Weber: “il fine è attribuire ai propri capi una posizione di potenza” o per dirla con le parole di Downs: “cercare di ottenere il controllo dell’apparato governativo”) e magari per certi versi somigliano a quelli che osservavo quand’ero piccola nelle sezioni di partiti dimenticate da tutti, tranne che dalla DC (oggi potete chiamarla come volete, è uguale).
Ma di sicuro oggi si hanno strumenti con potenzialità non ancora scoperte dai politici nostrani, che utilizzano i social come fossero canali alternativi ai media broadcast, non afferrandone la natura intrinsecamente differente. I social non sono canali per veicolare informazioni, sono luoghi di de-mediatizzazione, con regole proprie che non possono essere traslate dagli altri media, proprio per la loro natura ibrida tra media e spazio.
I primi accenni vi sono già, ma quando si capirà davvero come amalgamare il vecchio e nuovo, riaprendo quelle stanze con le sedie di legno, che odoravano di fumo e con la carta da parati marrone plastificata e integrandolo con un utilizzo dei social che trascenda il modo “televisivo” di comunicare, magari avremo un politico che, almeno, la comunicazione la saprà fare.

Grazia Leanza



Utopia


Utopia è un blog collettivo a partecipazione aperta. Attualmente conta cinque rubriche fisse e uno spazio libero diviso in sezioni ed etichette riguardanti i più svariati temi.

Nessun commento:

Posta un commento