C'era
una volta un regista, che era anche scrittore, che era anche attore,
che era anche critico, che era anche uomo, che si chiamava Pier Paolo
Pasolini. Nel dicembre del 1973 egli si trovava a Bologna per
intervenire durante la conferenza Erotismo
eversione merce,
organizzata dalla Mostra Internazionale del Cinema Libero di Porretta
Terme e dalla Commissione Cinema del Comune. Durante questa
conferenza Pasolini fece una confessione vera e propria, quella che
sarebbe poi stata riscritta e raccolta sotto il titolo di Tetis,
premessa necessaria all'Abiura
dalla "Trilogia della vita".
La Trilogia raccoglie tre grandi opere realizzate dal regista - Il
Decameron, I
racconti di Canterbury,
Il fiore delle Mille e
una notte -
realizzate tra il 1971 e il '74, nelle quali egli, primo tra tutti in
Italia, diede una chiara visibilità a quello che ai tempi veniva
considerato osceno: "il sesso addirittura nel dettaglio".
Durante la conferenza egli spiegò che la sua scelta fu prima di tutto sociale. Dopo le lunghe lotte iniziate nel 1950 e portate avanti fino i primi '60, ebbe inizio un periodo di "profonda crisi culturale", che portò a teorizzare la fine della cultura stessa; questa crisi si ridusse allo scontro tra due sottoculture: la borghesia e la sottocultura della contestazione. Solo in quest'ultima Pasolini vedeva preservata la realtà del corpo, ed in questa realtà "l'uomo viveva la propria cultura". Dall'altro lato vi erano i borghesi, i quali hanno portato il corpo ad una logica derealizzazione, riducendo il sesso a rito consumistico. Il popolo era invece ancora in possesso di quella realtà fisica e culturale, il cui simbolo non poteva che essere il corpo nudo stesso, il sesso. "Castità e violenza sessuale erano viste con naturalezza. I tabù creavano ostacoli, non dissociazioni". La Trilogia - ma in generale tutto il cinema di Pasolini - racchiudeva una confessione, una sfida, una provocazione verso il pubblico borghese e verso i critici, i quali, attraverso la censura, ed eliminando quindi il sesso dai suoi film, non facevano altro che svuotarli di contenuto, rendendoli vuoti ed incomprensibili: il sesso era necessario. Per quale motivo allora Pasolini decise di abiurare alla Trilogia? Egli scrive:
Durante la conferenza egli spiegò che la sua scelta fu prima di tutto sociale. Dopo le lunghe lotte iniziate nel 1950 e portate avanti fino i primi '60, ebbe inizio un periodo di "profonda crisi culturale", che portò a teorizzare la fine della cultura stessa; questa crisi si ridusse allo scontro tra due sottoculture: la borghesia e la sottocultura della contestazione. Solo in quest'ultima Pasolini vedeva preservata la realtà del corpo, ed in questa realtà "l'uomo viveva la propria cultura". Dall'altro lato vi erano i borghesi, i quali hanno portato il corpo ad una logica derealizzazione, riducendo il sesso a rito consumistico. Il popolo era invece ancora in possesso di quella realtà fisica e culturale, il cui simbolo non poteva che essere il corpo nudo stesso, il sesso. "Castità e violenza sessuale erano viste con naturalezza. I tabù creavano ostacoli, non dissociazioni". La Trilogia - ma in generale tutto il cinema di Pasolini - racchiudeva una confessione, una sfida, una provocazione verso il pubblico borghese e verso i critici, i quali, attraverso la censura, ed eliminando quindi il sesso dai suoi film, non facevano altro che svuotarli di contenuto, rendendoli vuoti ed incomprensibili: il sesso era necessario. Per quale motivo allora Pasolini decise di abiurare alla Trilogia? Egli scrive:
"Io abiuro alla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso infatti negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso. Tale sincerità e necessità hanno diverse giustificazioni storiche e ideologiche".
Prima
tra tutte la lotta per la liberalizzazione sessuale (nonostante le
sue riserve in merito), poi il desiderio di raccontare l'ultimo
"baluardo della realtà", ed infine una mera fascinazione
personale del regista. Cosa è cambiato dopo
l'uscita nelle sale? Questa lotta è stata superata dalla tolleranza
del potere consumistico che ha violato la realtà dei corpi
innocenti. Ciò che era gioia nelle fantasie sessuali, si è
trasformato in delusione. Quello che stava nascendo come nuovo potere
permissivo prometteva però solo una falsa liberalizzazione:
l'imposizione della sessualità come modello, trasforma la libertà
sessuale in obbligo,
e non
concessione.
I giovani non si sono guadagnati la loro libertà, piuttosto essa gli
è stata concessa, e questa concessione diviene obbligo di adoperarla
al fine di non apparire "incapaci", "diversi".
"L'ansia conformistica di essere sessualmente liberi, trasforma i giovani in miseri erotomani nevrotici, eternamente insoddisfatti (appunto perché la loro libertà sessuale è ricevuta, non conquistata) e perciò infelici. Così l'ultimo luogo in cui abitava la realtà, cioè il corpo, ossia il corpo popolare, è anch'esso scomparso".
I
giovani del popolo vivono il proprio corpo alla stregua di quelli
della borghesia: merce. Negli anni quei corpi hanno generato nel
regista un odio, erano divenuti immondizia. La liberalizzazione ha
reso i giovani infelici, presuntuosi, aggressivi, addirittura
soggetti ad un vero e proprio "mutamento antropologico". La
presa di coscienza del regista sarà poi l'humus necessario per la
realizzazione di opere come Salò
o le 120 giornate di Sodoma.
Quella di Pasolini è la premessa necessaria per capire come oggi siamo arrivati alle scelte stilistiche di film come Nymphomaniac di Lars von Trier. Nel corso del film egli cita espressamente le tre opere letterarie dalle quali sono stati tratti i lavori della Trilogia della vita, come a voler offrire una chiave di lettura al film stesso. "Una scelta estetica è sempre una scelta sociale", diceva Pasolini durante la conferenza del '73. La scelta di von Trier non è semplicemente fine a se stessa, data dal desiderio maniacale di ostentazione dell'atto sessuale e dei genitali, attraverso l'escamotage del racconto di una ninfomane (che per altro si dichiara "fiera" di essere tale). Già quarant'anni prima di von Trier c'erano - fra gli altri - due grandissimi scrittori italiani che affrontavano questa tematica per spiegare la società del tempo: uno è sempre Pasolini con Petrolio, l'opera ultima e incompiuta, oscena ed onnicomprensiva di ogni aspetto della sessualità, l'altra è l'Elsa Morante di Aracoeli.
In Petrolio c'è tutto: lo sdoppiamento della sessualità, da un lato angelica, rappresentata da Carlo di Polis, e dall'altro la sessualità diabolica di Carlo di Tetis. I due sono in realtà uno stesso personaggio sdoppiato, due facce della stessa medaglia che spesso nell'arco del romanzo si scambiano i ruoli. Vi ricorda forse qualcosa? Seligman, vergine e puro, in opposizione a Joe, diabolica e disturbata. C'è qualcos'altro: non è forse vero che nel finale del film i ruoli si scambiano? Seligman tenta di violentarla, mentre lei ormai ha scelto l'astinenza (in Petrolio addirittura portata all'estremo come castrazione). In chiave più intimista lo stesso tema fu affrontato da Elsa Morante nell'ultimo romanzo realizzato prima di morire, Aracoeli. La Morante e Pasolini da amici e grandi intellettuali quali erano riuscirono entrambi, attraverso la metafora sessuale, a dare una rappresentazione di quella che era la crisi dei costumi degli anni Settanta. Pasolini racconta un uomo (che poi si trasforma in donna nel corso del romanzo), Elsa Morante racconta la storia di un ragazzo omosessuale alla ricerca dei luoghi in cui ha vissuto la madre defunta, per ricostruire il proprio passato, la propria storia. Fino alla scoperta del disturbo della madre, che nell'ultimo periodo della sua vita la costrinse a prostituirsi per poter sedare le proprie pulsioni.
Quella di Pasolini è la premessa necessaria per capire come oggi siamo arrivati alle scelte stilistiche di film come Nymphomaniac di Lars von Trier. Nel corso del film egli cita espressamente le tre opere letterarie dalle quali sono stati tratti i lavori della Trilogia della vita, come a voler offrire una chiave di lettura al film stesso. "Una scelta estetica è sempre una scelta sociale", diceva Pasolini durante la conferenza del '73. La scelta di von Trier non è semplicemente fine a se stessa, data dal desiderio maniacale di ostentazione dell'atto sessuale e dei genitali, attraverso l'escamotage del racconto di una ninfomane (che per altro si dichiara "fiera" di essere tale). Già quarant'anni prima di von Trier c'erano - fra gli altri - due grandissimi scrittori italiani che affrontavano questa tematica per spiegare la società del tempo: uno è sempre Pasolini con Petrolio, l'opera ultima e incompiuta, oscena ed onnicomprensiva di ogni aspetto della sessualità, l'altra è l'Elsa Morante di Aracoeli.
In Petrolio c'è tutto: lo sdoppiamento della sessualità, da un lato angelica, rappresentata da Carlo di Polis, e dall'altro la sessualità diabolica di Carlo di Tetis. I due sono in realtà uno stesso personaggio sdoppiato, due facce della stessa medaglia che spesso nell'arco del romanzo si scambiano i ruoli. Vi ricorda forse qualcosa? Seligman, vergine e puro, in opposizione a Joe, diabolica e disturbata. C'è qualcos'altro: non è forse vero che nel finale del film i ruoli si scambiano? Seligman tenta di violentarla, mentre lei ormai ha scelto l'astinenza (in Petrolio addirittura portata all'estremo come castrazione). In chiave più intimista lo stesso tema fu affrontato da Elsa Morante nell'ultimo romanzo realizzato prima di morire, Aracoeli. La Morante e Pasolini da amici e grandi intellettuali quali erano riuscirono entrambi, attraverso la metafora sessuale, a dare una rappresentazione di quella che era la crisi dei costumi degli anni Settanta. Pasolini racconta un uomo (che poi si trasforma in donna nel corso del romanzo), Elsa Morante racconta la storia di un ragazzo omosessuale alla ricerca dei luoghi in cui ha vissuto la madre defunta, per ricostruire il proprio passato, la propria storia. Fino alla scoperta del disturbo della madre, che nell'ultimo periodo della sua vita la costrinse a prostituirsi per poter sedare le proprie pulsioni.
Informazioni fondamentali per la lettura ... cioè la visione del film. Grazie
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