Sciarpa rossa al
collo contro l'onnipresente vento del Nord, zainetto del CSKA Mosca sulle
spalle, l'alto figuro che si aggira per una Parigi primaverile potrebbe essere
facilmente scambiato per uno dei tanti turisti che affollano i Boulevard.
Invece, si tratta di un rilassato Enrico Letta che, dismesso l'abito del
Presidente del Consiglio, è ora nella ville lumière per tenere una serie
di lezioni e conferenze incentrate sull'Europa a Sciences Po, l'istituto di
studi politici, eccellenza dell'educazione francese e non solo.
Credits: Alessandro Kandiah |
È qui per raccontare l'Europa, la
“sua” Europa. Un'Europa indebolita dalla crisi economica e finanziaria (una
crisi finanziaria americana che ci siamo abituati a chiamare “crisi dell'Euro”) e dal senso
di malessere sociale che attraversa in maniera trasversale l'intero continente,
eccezion fatta per la Germania. Un'Europa preoccupata dall'immigrazione, ma
all'interno della quale sta prevalendo un approccio multilaterale alle
relazioni reciproche tra stati: Letta richiama l'esempio virtuoso del G20, una
realtà nuova ma che ha già dimostrato di poter raggiungere obiettivi
importanti, come ad esempio riguardo alla questione siriana, coinvolgendo anche
gli attori emergenti nello spettro delle relazioni internazionali.
Fonte: colombo.diplo.de |
In questo contesto, i due principali
successi dell'intero processo di integrazione, la moneta unica e l'abbattimento
delle frontiere all'interno dell'Europa, si sono trasformati nei principali
preoccupazioni degli europei, sui quali gli emergenti partiti populisti stanno
fondando il loro consenso e, presumibilmente, il loro successo alle prossime
elezioni europee un fronte “unito sulla pars destruens, ma con molte
differenze quando si tratta di passare alla construens”.
Come valutare
questa diffusione di un sentimento destruens? Letta, andando
contro-corrente, sostiene che sia una buona notizia anche per chi crede nell'Europa
perché spezza l'inerzia che ha caratterizzato l'azione dell'UE fino ad ora e
rende urgente e necessaria una profonda riflessione sul senso
dell'integrazione. Indicandoci, Letta sostiene che la nostra generazione, gli
Under 30 di oggi, non possono essere motivati da una fotografia degli anni
Ottanta di François Mitterand ed Helmut Kohl a commemorare insieme i morti di
Verdun: “Oggi dobbiamo guardare al futuro, offrire una visione, spiegare tutto
ciò che di buono l'Europa ha portato nelle nostre vite”.
In questa campagna elettorale, finalmente,
europea, continua l'ex premier, servono risposte nuove, concrete, forti alle
questioni che i populismi pongono, altrimenti il risultato non può che essere
una delegittimazione delle istituzioni europee, un Parlamento Europeo bloccato
dall'ostruzionismo (“filibustering”) e una naturale riduzione del raggio
d'azione del PE, danneggiando così la peculiarità democratica europea.
Al di là di soluzioni tecniche, come
l'istituzionalizzazione del Gruppo dei 18 Paesi dell'Euro in modo da sollevare
la Banca Centrale Europea da responsabilità politiche, il potenziamento del
mercato unico in senso competitivo transnazionale, la promozione di una
reazione europea alla crisi sociale e alla disoccupazione, l'implementazione di
pratiche di coordinamento soprattutto in ambito militare e di difesa, Letta
sostiene sia necessaria una fiducia reciproca che permetta di “giocare
all'attacco”. Richiamando la metafora calcistica della quale nessun politico
italiano può fare a meno, l'Europa ha vinto l'andata, ora, con queste elezioni,
tocca al ritorno ed è necessario giocare ogni pallone utile, senza dare nulla
per scontato. Insomma, “dobbiamo evitare di fare la fine del Paris Saint
Germain contro il Chelsea”, commenta Letta.
Al contrario,
ora è il momento di interrogarsi su che Europa immaginiamo tra dieci anni.
Ecco, credo che questa sia la domanda più importante che dobbiamo porci. Quale
prospettiva, quale visione? Qual è l'Europa il nostro sogno
europeo?
Angela Caporale
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