Gli allevatori del Porcellum


Parliamo un po' di quel marasma politico che è la (non) riforma della legge elettorale. Come è ben noto la consulta una decina di giorni fa ha sanzionato la legge Calderoli (ribattezzata appropriatamente “porcellum”) come incostituzionale sia sotto il punto di vista del premio di maggioranza che sotto quello dell'assenza delle preferenze. Dunque se ci si recasse alle urne domani si voterebbe con un proporzionale puro.
Ormai da moltissimi mesi le forze politiche promettono il superamento di questa pessima e rivoltante legge elettorale, che riesce nella missione impossibile di limitare la rappresentatività dell'elettorato e, al contempo, garantire l''instabilità governativa. Tuttavia le promesse sono rimaste promesse. Il tempo passa e, vuoi per gli interessi e i veti incrociati all’interno della strana maggioranza che ormai siede in parlamento a partire dal governo Monti, vuoi per lo scarso apporto delle opposizioni, vuoi perché non è considerato un tema sensibile per gli italiani, non si vede nemmeno l'ombra di un accordo. Ciò nonostante la totalità o quasi delle forze politiche del paese si riempa la bocca di condanne nei confronti dell'attuale legge elettorale e sbandieri la riforma o l'abolizione della stessa come uno dei punti fondamentali della propria agenda. Addirittura il governo Letta ha scomodato insigni ed emeriti esperti, i cosiddetti “saggi”, per elaborare un adeguato testo di legge ma la bozza che ne è uscita è stata accantonata, messa in soffitta. Meglio proseguire con le promesse, gli slogan e i buoni propositi che non arrivano mai a compimento.
Per parlare però di questa vergognosa (che ogni giorno diventa sempre più vergognosa) pagina di un'Italia repubblicana, vittima dell'immobilismo e delle scempiaggini di una classe politica statica e scellerata, farò uso di un'intervista apparsa sul sito de “L'Espresso” all'illustre costituzionalista Stefano Rodotà il 6 dicembre scorso. Mi limito a commentare alcune dichiarazioni rilasciate dal professore e ad utilizzarle come mezzo per esprimere la mia opinione di politologo in erba e il mio punto di vista su ciò che è successo, ciò che sta succedendo e ciò che (mi auguro) succederà.

“La corte non ha fatto nessun intervento manipolativo”
“La colpa è della politica che per anni non ha trovato un punto di equilibrio”

Non posso che trovarmi d'accordo con queste frasi. La corte costituzionale, sebbene dopo un'attesa di otto lunghissimi anni, si è espressa sulle questioni a lei sottoposte. Sinceramente più che un'invasione di campo della magistratura nella sfera della politica, la sentenza della corte mi è sembrata un invito ai deputati e ai senatori a trovare un compromesso (magari al rialzo e non, come sempre, al ribasso) per approvare una legge elettorale. Tra l'altro l’approvazione è una procedura semplicissima e non richiede particolari passaggi o intese allargate. Richiede solamente un accordo. Inoltre, esulando un attimo dal terreno tecnico-legislativo, trovo preoccupante la lettura di alcune personalità di spicco del pronunciamento della consulta come un tentativo del potere giudiziario di scavalcare la propria sfera di competenza e di irrompere nella “politica”. Nonostante mi sembri evidente che parte della magistratura possegga orientamenti politici, si rischia di avvallare e sposare la narrativa berlusconiana della “dittatura della magistratura” e si dimostra, come purtroppo troppo spesso accade in Italia, poco rispetto e fiducia verso le istituzioni.



A venti anni di distanza (dal referendum sul superamento del proporzionale) sarebbe assolutamente possibile che si scegliesse la via del proporzionale”

Ora inizio a mostrare qualche forma di scetticismo. Intanto c'è l’esito di un referendum che ha appunto decretato la volontà degli italiani di non votare con il sistema proporzionale. Inoltre penso che il proporzionale sarebbe una sciagura per il nostro paese. Non è tanto un problema del sistema in sé, che è quello che tenta di assicurare il maggior tasso di rappresentatività possibile, ma è un problema dell'inconciliabilità con il nostro scenario partitico corrente. Uno scenario composto da soggetti politici fluidi, deboli, instabili, degli “ectoplasmi” come li ha definiti recentemente Angelo Panebianco (sì, è uno dei celeberrimi saggi) in un editoriale. Come si può pensare che degli attori di questo tipo, in totale e apparentemente irrimediabile crisi d'identità, possano costruttivamente gestire un parlamento eventualmente iper-frammentato dal proporzionale?

Ma è il solito vincolo della stabilità, che viene sostenuto dicendo da quelle che a me sembrano plateali stupidaggini, cioè che nei paesi maggioritari e moderni il giorno stesso delle elezioni si sa chi governerà. Quanti giorni ci stanno mettendo in Germania per fare la coalizioni di governo? E in Inghilterra?”

Qua c' è molta carne al fuoco per un politologo. Rodotà scivola nelle sabbie mobili della scienza politica e in parte ne rimane impantanato.
Andiamo con ordine.
Opinione personalissima: la stabilità è un valore. È un valore in quanto permette la progettualità e la lungimiranza. La possibilità di guardare avanti, di avere un determinato orizzonte temporale a disposizione, in politica, ma, in generale, nel mondo contemporaneo, è un fattore cruciale per il successo. Capisco che la stabilità governativa sia estranea al nostro DNA politico più o meno dalla nostra concezione come repubblica e che vent'anni di Silvio Berlusconi abbiano anche spazzato via il concetto (e la speranza) di “progettualità” da me appena menzionato, ma forse non è troppo tardi per fare qualche passo in avanti in questo senso. Sarebbe giunta l’ora.
Passiamo ai paesi presi come metro di paragone nella dichiarazione. La Germania ha una lunga storia di coalizione e il termine “compromesso” è un tratto distintivo della loro cultura politica. Tuttavia le coalizioni, durano, quasi sempre, fino alla fine del mandato governativo, perché stipulate attraverso un patto chiaro (come quello appena siglato dalla Merkel e da Steinbruck). Un accordo fatto di punti che si basano sulle politiche da adottare o da non adottare e che viene rispettato proprio in nome della stabilità governativa. Anche le grandi coalizioni tra SPD e CDU cercano di stipulare accordi di alto profilo. Inoltre mi sembra che i due partiti principali tedeschi godano di una ben maggior salute e abbiano una solidità e una consistenza ben diversa dalle nostre agonizzanti forze politiche. Infine il sistema elettorale tedesco conferisce la possibilità agli elettori di scegliere la persona che si intende votare. Riguardo alla Gran Bretagna, i tempi di formazione della coalizione sono stati molto brevi e, nonostante l'evoluzione del sistema in senso multipartitico, credo che il “coalition government” rimarrà un'eccezione e non la regola. Inoltre i cittadini britannici e la maggioranza dell’establishment politico guardano ancora alla formula del governo di coalizione con scetticismo e diffidenza.

Il parlamento è illegittimo? “Questo non si può dire”

Qualcuno dopo il pronunciamento della consulta ha sostenuto la tesi dell'illegittimità del parlamento. Io la trovo una forzatura logica priva di fondamento ed (ab)usata strumentalmente dalle forze politiche che sono intenzionate, altrettanto strumentalmente ed egoisticamente, ad andare alle urne in tempi brevissimi, ovvero Forza Italia e il MoVimento 5 stelle. Tuttavia come hanno ben detto Gramellini e altri, se si porta questa forzatura logica, questo mero esercizio retorico, al suo limite, al suo estremo, si scopre che la stessa corte costituzionale è illegittima, perché in parte nominata dal parlamento illegittimo e, dunque, la sentenza stessa è illegittima. Si scopre anche che coloro che siedono in parlamento e appartengono a questi partiti percepiscono uno stipendio e occupano un posto di lavoro illegittimamente. Ma appunto, come ho affermato in precedenza è una forzatura logica. Pericolosa oltretutto. Chi glielo va a spiegare a Van Rompuy, Barroso, Merkel e compagnia bella che abbiamo un governo incostituzionale e che dobbiamo tornare per giunta a votare e rischiare di averne un altro ( eletto con il proporzionale eccezionalmente riportato in auge) precario e senza maggioranza?


In conclusione vorrei sollevare due punti. Il primo è un auspicio che sa sempre di più di utopia. Molti politologi italiani da tempo sottolineano la necessità di implementare un sistema maggioritario a doppio turno di collegio. Per parlarci chiaro, il sistema “alla francese”. Mi sembra che i risultati aldilà delle Alpi, da all'incirca cinquant'anni a questa parte siano stati più che discreti sia in termini di governabilità (e nella quarta repubblica era davvero un problema) che in termini di rappresentanza. Credo fermamente che i nostri governanti e le forze di opposizione dovrebbero mettere da parte gli interessi parrocchiali e partigiani e indirizzarsi su quella strada.

Il secondo punto è una riflessione. Una riflessione sulla centralità di votare attraverso un soddisfacente sistema elettorale. Comprendo chi, in tempi di devastante crisi economica, afferma “con la riforma della legge elettorale non si mangia”. La legge elettorale è una procedura. Une mera procedura. Ma la democrazia, quella liberale-socialdemocratica in cui ci troviamo, è anche fatta di procedure. Le procedure, quelle efficaci, che funzionano, sono un ingrediente indispensabile per una buona democrazia rappresentativa. Se ci si dimentica di enfatizzare l'importanza delle procedure e ci si concentra esclusivamente sui risultati, si giustificano i fini sui mezzi. Ciò è, a mio modesto parere, oltremodo nocivo e rischioso.

Valerio Vignoli

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