Sembra che
il mondo dei social network non vada mai in vacanza, ma piuttosto
tramuti la sua natura in un calderone che ribolle costantemente
producendo nuove idee, ma soprattutto scopiazzamenti. Così su
Facebook sono recentemente comparsi gli hashtag in stile Twitter (la
cui utilità resta oscura ai miei occhi), mentre su Instagram ora è
possibile anche pubblicare dei brevi video dei gatti, dei tramonti e
delle colazioni, mancanza non esattamente dolorosa dato che, proprio
per i video, esisteva già Vine e via dicendo. Tant’è che anziché
avvicinare, essere social tende a separare: lo studente universitario
sotto esami, per esempio, di fronte alla decima foto di mare, sole,
amore non riesce più a trattenere il proprio disagio (e lo esprime
su twitter, trovando solidarietà.)
Per non
parlare degli amici-non-amici su Facebook, quelli che è scortese
rifiutare, ma dei quali, francamente, non ti interessa sapere passo
dopo passo tutto quello che fanno durante la giornata, con chi lo
fanno, dove: nascondere dalla Home è un palliativo, non certo la
soluzione definitiva. Che poi sono gli stessi amici-non-amici che
incontri al bar ed inizi ad osservare mentre nella tua testa scorri
una margherita mentale che sostituisce il tradizionale “m’ama?
Non m’ama?” con un più pragmatico “E’ lui o non è lui?
Eppure dalle foto…” oppure con un drammatico “Saluto o non
saluto?”. Il risultato? Ci si ignora oppure ci si fissa come due
baccalà senza che nessuno accenni un ciao perché entrambi troppo
impegnati a risolvere i dilemmi interiori di cui sopra con fare
amletico (e forse perché entrambi troppo impegnati ad immedesimarsi
nel baccalà).
Tuttavia, da
New York, giungono buone notizie per tutti coloro che “sì, siamo
amici, ma non COSI’ tanto” e che sognano un downgrade della
propria vita online. Si chiama “Hell is Other People”, cita la
piéce teatrale di Sartre “A porte chiuse” ed è a tutti gli
effetti un anti-social network. L’applicazione permette, sfruttando
FourSquare (sì, quel socialnewtwork che ti consente di dichiarare
dove sei ogni volta che ne senti il bisogno.), di localizzare i
propri “amici” nelle vicinanze, ciascuno di loro è
contrassegnato da un puntino arancio su una mappa di Google:
un’occhiata alle vie segnate e il gioco è fatto. È possibile
evitare gli “amici” e godere della propria ricercata quiete,
altrimenti detta misantropia.
Sul sito
del social network è possibile osservare alcune mappe esempio di
altri utenti, Hell is Other People non si limita soltanto a indicarti
i luoghi da evitare, ma consiglia strade alternative caratterizzate
dal “Green point: optimally distanced safe zones”: insomma, l’app
ti pone in una botte di ferro. L’ideatore, Scott Garner, studente
ad un master in telecomunicazioni, lo descrive come “un
progetto in parte di satira, in parte una nota di disprezzo ai social
media, e poi è anche un’esplorazione delle mie angosce sociali.”
Una provocazione generata, almeno in parte, dall’importanza che smartphone, tablet e pc hanno assunto nella vita quotidiana ed assomiglia quasi ad un gioco scaturito dalla molteplicità di stimoli che la rete sembra produrre giornalmente, tuttavia viene spontaneo chiedersi: che senso ha costruire relazioni, o forse dovrei dire stabilire connessioni, se poi si preferisce evitare le persone?
Sono sicura,
però, che leggendo questo articolo avete pensato, almeno per un
instante, “oh guarda! Che idea utile!”: se Hell is Other People
diventerà un eremo 2.0 dove coltivare la propria distaccata
solitudine, lo scopriremo solo con il tempo. Intanto è lecito
sognare di poter incontrare per strada soltanto amici veri e
sconosciuti (magari carini, simpatici, interessanti… ok, mi sto
facendo prendere la mano.) proprio come ha fatto Scott Garner per le
vie di New York.
Angela Caporale
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