Il 22 febbraio 2014 è entrato in carica il
governo di Matteo Renzi. Poco più di due settimane dopo, in una
delle prime conferenze stampa, il presidente del Consiglio promise di
fare un sacco di cose. Sono passati circa sei mesi e di cose
portate a casa con certezza ce ne sono ancora piuttosto poche.
Le province sono state definitivamente
“riformate”, mentre sono state approvate alcune norme sul lavoro,
sul fisco e sulla pubblica amministrazione. La maggior parte delle cose promesse
dal leader toscano è in fieri, molte altre invece hanno fatto
perdere le loro tracce. Vediamo a che punto sono le principali riforme annunciate dal governo in questi mesi.
L'ITALICUM. Il primo grande
impegno preso da Renzi è stato quello della riforma della legge
elettorale.
Il 29 gennaio, ancor prima di diventare
Capo del Governo, Renzi si incontrò con il leader di Forza Italia
Silvio Berlusconi per discutere della legge elettorale e per trovare
un punto d’incontro sui temi economici, politici e sociali che
avrebbe affrontato durante la presidenza del Consiglio.
Vedendo la difficoltà incontrata dal
sistema elettorale attuale, il Porcellum, alle ultime elezioni, il
segretario del Partito Democratico ha focalizzato l’attenzione
nell’ideare un nuovo sistema di voto, che secondo il suo punto di
vista è premessa necessaria a garantire una stabilità governativa e
di conseguenza un’azione decisa nel campo delle riforme che non
possono essere più garantite proprio a causa del sistema elettorale
attuale. Renzi dichiarò che tutto si sarebbe
risolto entro e non oltre il 25 maggio.
Il nuovo sistema elettorale, approvato
dalla Camera e in discussione al Senato, è stato preso dal modello
spagnolo ma poi modificato per far fronte alle esigenze dei partiti
italiani. È un sistema proporzionale calcolato
su base nazionale e non provinciale, come quello spagnolo,
utilizzando la regola dei “più alti resti”, andando a favorire
così i partiti più piccoli che con un calcolo su base provinciale
sarebbero stati molto penalizzati.
Renzi ha modificato anche le soglie di
sbarramento rispetto a quelle presenti nel Porcellum. Il 4.5% per i partiti di una
coalizione, l’8% per i partiti non coalizzati e il 12% per le
coalizioni. Al momento, l’Italicum vive una fase
di sostanziale stallo.
IL DECRETO "SBLOCCA-ITALIA".
Entro
fine agosto il governo dovrebbe approvare il cosiddetto “decreto
sblocca-Italia”, una legge che contiene parecchie norme che
riguardano i cantieri pubblici e in generale il settore edilizio. Tra
le cose più importanti, ci sono una serie di norme per accelerare i
lavori di alcuni grandi cantieri (alcuni dei quali saranno
commissariati) e norme per limitare i poteri che hanno le
soprintendenze ai beni artistici e culturali di bloccare i lavori
pubblici e privati.
Il Ministro Giuliano Poletti |
IL JOBS ACT E LA RIFORMA DEL LAVORO È il cardine della riforma economica tanto decantata e
pubblicizzata dal Presidente del Consiglio. Il 12 marzo arriva il Decreto Poletti
che ha portato variazione in tema di apprendistato e contratti a
termini.
È stata aumentata da 12 a 36 mesi la
durata dei contratti a tempo determinato senza clausola, cioè quelli
per cui non è obbligatorio specificare il motivo dell’assunzione. I contratti a tempo determinato
potranno essere rinnovati fino a un massimo di otto volte, senza
obbligo di pausa tra l’uno e l’altro. Il Jobs Act, per il momento, non ha
portato quella ventata di cambiamento auspicata e pubblicizzata da
Renzi, ma ha semplicemente regolamentato e stabilizzato una
situazione importante ma non fondamentale e centrale nel
miglioramento delle condizioni dei lavoratori precari.
La partenza vera e propria della
Riforma del Lavoro sembra essere slittata a non prima di giugno 2015.
IL DECRETO IRPEF E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. Il Decreto Irpef è datato 24 aprile, e la
novità maggiore è rappresentata dal cosiddetto Bonus Irpef,
consistente in 640 euro in più in busta paga da maggio a dicembre
dell’anno corrente. Sono i tanto criticati 80 euro mensili
promessi e dati dal governo a quella fascia di lavoratori con un
reddito compreso tra gli 8 e i 24 mila euro annui.
Il Bonus Irpef ha le coperture
economiche sufficienti fino a dicembre 2014, mentre dovrebbe
diventare strutturale a partire dall’anno prossimo.
Un altro punto su cui l’esecutivo
renziano ha posto molte attenzioni è la riforma, o meglio, la
risoluzione dei debiti che la Pubblica Amministrazione ha nei
confronti delle imprese. I debiti ammontano a 68 miliardi di
euro, e il governo ha stanziato l’importante somma di 57 miliardi,
dai quali però solo 26 sono arrivati nelle casse dei creditori (le
aziende insomma). È stato fatto un sforzo considerevole
ma non ancora sufficiente per andare a migliorare una situazione
paradossale, la quale non vede il cittadino debitore bensì creditore
nei confronti dello Stato.
SPENDING REVIEW. Renzi ha
dichiarato che, per i prossimi tre anni, una delle principali fonti
di risparmio sarà costituita dalla revisione della spesa. Nelle
previsioni del Premier, la spending review avrebbe dovuto fruttare
intorno ai 7 miliardi di euro, mentre il commissario alla revisione,
Carlo Cottarelli, ha preparato un piano di risparmio previsto che si
ferma intorno ai 3 miliardi. Questo accade perché a Cottarelli è stato
impedito di proporre tagli a sanità e pensioni, che da sole
rappresentano il 40% della spesa pubblica. Renzi ha posto l’asticella dei 16
miliardi di risparmi per il 2015, ma non è ancora chiaro come
saranno ottenute queste risorse.
LE NUOVE PROVINCE. Giovedì 3
aprile la Camera ha
convertito in legge il cosiddetto “Disegno di legge Delrio”
sulla riforma delle province, approvato dal Senato con qualche
difficoltà lo scorso 26 marzo.
La legge non
prevede una vera e propria “abolizione” delle province, ma
piuttosto una loro riformulazione, con alcune grosse differenze
rispetto ad oggi.
Secondo
la legge approvata dal Parlamento, i nuovi enti che
sostituiranno le province a partire dall’1 gennaio 2015 sono enti
di secondo livello, per i quali non ci saranno più elezioni
dirette né per i presidenti né per le assemblee provinciali.
Le province
saranno sostituite da assemblee formate dai sindaci dei Comuni della
provincia e da un presidente. Ci sarà anche un terzo organo, il
consiglio provinciale, formato dal presidente della provincia e da un
gruppo di 10-16 membri eletti tra gli amministratori dei comuni della
provincia.
Il numero dei
membri è stabilito in base al numero degli abitanti della provincia.
Il presidente
della provincia sarà eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni
della provincia e resterà in carica quattro anni, a meno che nel
frattempo non cessi la sua carica di sindaco (in quel caso è
prevista la decadenza automatica da presidente, e nuove elezioni).
Il consiglio
provinciale sarà eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni
della provincia e resterà in carica due anni; anche in questo caso è
prevista la decadenza dalla carica nel caso in cui il membro del
consiglio cessi dalla sua carica di amministratore.
I nuovi enti
continueranno a occuparsi di edilizia scolastica, tutela e
valorizzazione dell’ambiente, trasporti, strade provinciali.
Un’altra funzione sarà il “controllo dei fenomeni discriminatori
in ambito occupazionale” e la “promozione delle pari opportunità
sul territorio provinciale”. Tutte le altre competenze passeranno
ai Comuni. Non percepirà
nessun compenso sia il presidente della provincia che i membri del
consiglio provinciale e dell’assemblea dei sindaci. Nel
complesso, si stima che questo processo produrrà un risparmio di
centinaia di milioni di euro.
LE CITTA' METROPOLITANE Dall’1 gennaio 2015 dieci amministrazioni provinciali italiane saranno sostituite da dieci cosiddette “città metropolitane”: sono Torino, Roma, Milano, Bari, Genova, Venezia, Firenze, Bologna, Napoli e Reggio Calabria.
Anche in questo
caso ci saranno tre organi: il sindaco metropolitano, il consiglio
metropolitano e la conferenza metropolitana, tutti svolti a titolo
gratuito. Il sindaco sarà quello del Comune capoluogo, il consiglio
sarà formato da 14-24 membri (sempre in base alla popolazione) e
durerà cinque anni, e la conferenza metropolitana sarà formata dai
sindaci del territorio della provincia.
Tra le funzioni
degli organi delle città metropolitane ci saranno l’organizzazione
dei servizi pubblici, la mobilità e la viabilità, la pianificazione
territoriale generale, la coordinazione dello sviluppo economico e
sociale. Di fatto le città metropolitane avranno le funzioni
fondamentali delle vecchie Province.
I primi sei mesi di Matteo Renzi al
governo sono ormai trascorsi e di risultati concreti se ne sono
visti pochi. L’errore più grande del Premier
toscano è stato quello di promettere tanto e in poco tempo, quando
invece avrebbe dovuto mantenere un profilo più basso a causa della
poca stabilità governativa che il segretario del Partito Democratico
ha nell’esecutivo delle grandi intese.
La Riforma del Senato e quella delle
province, nonostante le molte critiche, hanno le potenzialità per
inaugurare un nuovo cammino democratico nel Paese, andando ad abolire
il bicameralismo perfetto, vero e proprio marchio di fabbrica
dell’Italia post-fascista. Negli ultimi giorni altri passi in
avanti sono stati fatti, soprattutto riguardo ai temi della scuole e
della pubblica amministrazione, lasciando presagire che le manovre
più importanti siano in divenire.
Giacomo Bianchi
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